Tasse partita Iva, quanto si paga?

Nadia Pascale

8 Marzo 2024 - 10:09

condividi

Stai decidendo se aprire una partita Iva? In questo caso conoscere la tassazione applicata può aiutarti a ponderare la scelta. Ecco quante tasse paga una partita Iva.

Tasse partita Iva, quanto si paga?

Quante tasse paga un titolare di partita Iva? Conviene questa scelta? Chiunque voglia intraprendere una nuova attività si pone queste domande e quindi una disamina sulle tasse appare quanto mai opportuna.

In Italia essere professionisti o imprenditori non è sempre facile, ma fortunatamente è possibile scegliere tra diversi sistemi di tassazione, sebbene vi siano dei limiti.

Per capire quante tasse pagano le partite Iva è necessario prima vedere quali sono i regimi di tassazione e in un secondo momento vedere, in base alla scelta, quali e quante tasse devono essere pagate.
Ci sono 3 regimi che oggi è ancora possibile scegliere: il regime ordinario, il regime forfettario e, infine, il regime semplificato (molto simile all’ordinario).

Vediamo quindi quali e quante tasse paga una partita Iva.

Tasse partita Iva con il regime forfettario

La disamina prende il via per maggiore chiarezza dal regime forfettario perché prevede il minor numero di adempimenti e di conseguenza analizziamo con gradualità gli adempimenti. Segue il regime ordinario e, infine, il regime semplificato.

Il regime forfettario è stato introdotto per la prima volta con la legge di stabilità del 2015, non è questa la sede per esaminare le differenze e novità che si sono manifestate nel tempo, quindi vediamo in sintesi la disciplina attuale.

Il regime forfettario è un regime speciale, di conseguenza non possono aderire tutti. La prima preclusione riguarda le spese sostenute per il personale (dipendente e lavoro accessorio) che, per poter accedere e permanere nel forfettario, non devono essere superiori a 20.000 euro. Un’altra condizione è non aver percepito oltre 30.000 euro di redditi da lavoro dipendente o da pensione. Tale soglia non si applica ai lavoratori licenziati o che si sono dimessi, che quindi hanno libero accesso al regime agevolato.

Un ulteriore limite è rappresentato dalla somma di ricavi e compensi che non può essere superiore a 85.000 euro l’anno. Al superamento di tale soglia nell’anno successivo si entra automaticamente nel regime ordinario. Nel caso in cui sia superata la seconda soglia, fissata in 100.000 euro, si entra immediatamente, anche in corso d’anno, nel regime ordinario e quindi devono essere posti in essere tutti gli adempimenti di questo.

Il regime forfettario è un sistema di tassazione agevolato in cui si versa un’unica imposta denominata “sostitutiva” in quanto sostituisce Irpef, addizionali comunali e regionali, Iva.
L’imposta sostitutiva si applica alla base imponibile, calcolata sommando gli importi percepiti e risultanti dalla fatturazione elettronica, applicando il coefficiente di reddività e sottraendo i contributi previdenziali.

L’aliquota applicata è al 5% per le startup di nuova costituzione e per i primi 5 anni e 15% negli altri casi.
Le spese non possono essere dedotte con il metodo analitico.
Chi sceglie il regime forfettario non pone in essere gli adempimenti Iva: coloro che applicano il regime forfetario non addebitano l’Iva in fattura ai propri clienti e non detraggono l’Iva sugli acquisti. Non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione annuale e le comunicazioni periodiche. Si ricorda che dal 1° gennaio 2024 tutti i contribuenti che hanno a aderito al regime forfettario devono predisporre la fatturazione elettronica.

Tasse partita Iva per chi sceglie il regime ordinario

Ora che abbiamo esaminato gli adempimenti e la tassazione relativamente semplice per i contribuenti che hanno preferito il forfettario, vediamo le tasse che pagano le partite Iva ordinarie. Qui le cose diventano più complicate soprattutto dal punto di vista degli adempimenti che, naturalmente, hanno un costo che qui è difficile quantificare.
Chi ha una partita Iva ordinaria deve pagare:

Tasse partita Iva: Iva

L’Iva (imposta sul valore aggiunto) deve essere applicata in fattura con un’aliquota compresa tra il 4% e il 22%, dipende dalla tipologia di prodotto o di servizio fornito. La stessa deve però essere addebitata al consumatore finale.
Un esempio pratico può aiutare: un negoziante acquista 1.000 euro di merce all’ingrosso a cui si applica un’aliquota del 22%, di conseguenza deve pagare 1.220 euro al fornitore. Di questi 220 euro corrispondono a un credito Iva maturato.

Vende in blocco la merce a un netto di 1.500 euro, deve applicare l’Iva al 22% quindi riscuote 1.830 euro, 330 euro sono Iva, deve versare all’Erario la differenza tra 330 euro e 220 euro, quindi 110 euro.
Naturalmente non dimentichiamo gli adempimenti come la tenuta dei registri Iva, i versamenti con liquidazioni periodiche (Lipe) e la dichiarazione annuale Iva.

Partita Iva: chi paga l’Irpef?

Passiamo all’Irpef, Imposta sul reddito delle persone fisiche. L’Irpef è dovuta da lavoratori autonomi e professionisti, non è dovuta da coloro che hanno deciso di esercitare l’attività sotto altre forme giuridiche, cioè: società di persone e società di capitali (vedremo a breve cosa versano queste).
L’Irpef è una tassa progressiva e guardando le aliquote ci si rende subito conto che sono più elevate rispetto al forfettario. Per il 2024 le aliquote sono:

  • 0-28.000 euro: 23%;
  • 20.000,01 a 50.000 euro 35%;
  • da 50.000,01: 43%.

A tali aliquote devono essere aggiunte le addizionali regionali e comunali. Ricordiamo che lo scaglione successivo si applica per la parte di reddito eccedente rispetto allo scaglione precedente. Chi ha una base imponibile di 29.000 euro, versa l’aliquota al 35% su 1.000.

Nel regime ordinario, rispetto al forfettario, cambia la determinazione della base imponibile, in questo caso le spese relative all’attività devono essere dedotta con il metodo analitico e non forfettario, quindi si tratta di una base imponibile che può essere definita reale.

Tasse partita Iva: Ires

Per le società e i trust l’Irpef è sostituita dall’Ires (Imposta sui redditi delle società), la determinazione della base imponibile è simile, ma in questo caso si applica un’aliquota proporzionale e non progressiva al 24%.

Tasse partita Iva: Irap

Le partite Iva in regime ordinario versano l’Irap. In questo caso occorre prestare attenzione perché la legge di bilancio per il 2022 ha previsto l’esenzione dal versamento dell’Irap per le persone fisiche ( lavoratori autonomi e professionisti). Di conseguenza versano l’Imposta regionale sulle attività produttive:

  • s.p.a. (società per azioni),
  • s.r.l. (società a responsabilità limitata),
  • s.a.p.a.: (società in accomandita per azioni),
  • s.n.c.: (società in nome collettivo),
  • s.a.s.: (società in accomandita semplice).

L’aliquota è al 3,9%, ma ogni Regione può decidere di aumentarla o ridurla fino a un massimo di 0,92 punti percentuali anche in base al tipo di attività svolta dall’impresa. Ricordiamo che le entrate Irap finanziano il Sistema Sanitario Nazionale.

Tassazione regime semplificato

Resta, infine, in via residuale il regime semplificato. Questo prevede le stesse tasse del regime ordinario, si applica ad attività di minori dimensioni, vedremo a breve i limiti, ma applicando il regime di cassa e non di competenza. Cosa vuol dire? Il reddito determinato per cassa prevede che costi e ricavi siano contabilizzati in base alla data di effettivo esborso o incasso.

Possono aderire tutte le imprese individuali e le società di persone se i loro ricavi nell’arco di un anno solare non superano i seguenti limiti:

  • 500.000 € per le prestazioni di servizi,
  • 800.000 € per tutte le altre attività.

Per le persone fisiche non vi sono limiti.

Iscriviti a Money.it