Permessi per allattamento, 4 errori da evitare in busta paga

Paolo Ballanti

22 Novembre 2023 - 08:02

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I permessi per allattamento sono economicamente coperti dall’Inps con anticipo delle somme in busta paga per conto dell’Istituto. Ecco 4 errori da evitare in sede di elaborazione del cedolino

Permessi per allattamento, 4 errori da evitare in busta paga

Nel corso del primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre, ai sensi dell’articolo 39 del Decreto legislativo 26 marzo 2001 numero 151, ha diritto a periodi di riposo giornalieri retribuiti, i cosiddetti «permessi per allattamento», con la possibilità di uscire dal luogo di lavoro.

Le ore di assenza a questo titolo sono economicamente a carico dell’Inps, con il datore di lavoro che, di norma, anticipa in busta paga gli importi per conto dell’Istituto.

I permessi per allattamento vengono accordati per la seguente durata:

  • 2 riposi di 1 ora ciascuno (2 ore complessive) giornaliere, a fronte di un orario di lavoro (sempre giornaliero) pari o superiore a 6 ore;
  • 1 riposo corrispondente ad un’ora se l’orario di lavoro giornaliero è inferiore a 6 ore.

In caso di parto gemellare, peraltro, a prescindere dal numero dei figli nati, i periodi di riposo sono raddoppiati.

Tuttavia, se il datore di lavoro ha istituito in azienda o nelle immediate vicinanze un asilo nido o un’altra struttura idonea, i periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno.

Fatta questa utile premessa analizziamo in dettaglio 4 errori da evitare in sede di trattamento dei permessi in busta paga.

Non effettuare alcuna trattenuta sulla tredicesima

Nel corso delle assenze per allattamento, al pari di quanto avviene, ad esempio, per malattie e congedi di maternità / paternità, matura il diritto alla tredicesima.

La quota relativa alla mensilità aggiuntiva è a carico dell’Inps che la considera nel calcolo dell’indennità economica.

Dal momento che per i permessi allattamento non ricorre alcun obbligo, in capo all’azienda, di integrare l’indennità Inps (a differenza di quanto avviene per le malattie, soltanto per citare un esempio) in sede di liquidazione della tredicesima mensilità, l’azienda deve:

  • Stabilire la quota di mensilità aggiuntiva a carico dell’Inps per le assenze per allattamento;
  • Trattenere le quote a carico dell’Istituto dall’ammontare complessivo della tredicesima erogata in cedolino.

Da notare che il calcolo della tredicesima conto Inps coinvolge necessariamente tutte le assenze legate ai permessi per allattamento cadenti nel periodo di maturazione della mensilità aggiuntiva, di norma dal 1° gennaio al 31 dicembre.

Ipotizziamo che la lavoratrice Irene abbia diritto, in base a quanto previsto dal Ccnl applicato, ad una tredicesima pari a 2.050,00 euro lordi.

A questo punto l’azienda deve ricalcolare il valore della tredicesima a carico dell’Inps per i periodi di assenza legati ai permessi allattamento. La somma in parola dev’essere scomputata dall’ammontare lordo della tredicesima che, successivamente, sarà soggetta a:

  • Trattenute per contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore;
  • Trattenute fiscali a titolo di Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef).

Attenzione anche alla liquidazione della quattordicesima

In ragione di quanto appena citato, un errore sarebbe quello di effettuare la trattenuta sulla sola tredicesima, omettendo di considerare gli importi a carico dell’Inps per la quattordicesima mensilità, anch’essa spettante al lavoratore in virtù delle disposizioni del Ccnl applicato.

Rispetto alla tredicesima cambia tuttavia il periodo di maturazione della mensilità aggiuntiva che, di norma, inizia il 1° luglio e termina il 30 giugno dell’anno successivo. Pertanto, essendo diverso l’arco temporale di riferimento, le somme a carico dell’Inps da trattenere sulla quattordicesima sono suscettibili di essere diverse rispetto a quelle recuperate sulla gratifica natalizia.

Considerare l’orario effettivo e non quello contrattuale

Come anticipato, i permessi per allattamento hanno quantità giornaliere diverse a seconda dell’orario del dipendente interessato.

L’azienda, nel momento in cui è chiamata ad attribuire le ore di assenza ai dipendenti interessati, non deve cadere nell’errore di considerare l’orario effettivo del lavoratore.

L’attribuzione dei permessi, se in misura pari ad un’ora al giorno o, al contrario, due, dipende infatti dall’orario contrattuale del dipendente. E’ quindi necessario far riferimento alla distribuzione delle ore di lavoro come definita nel contratto di assunzione o nelle intese successivamente intercorse.

Potrebbe accadere che la lavoratrice, in virtù di un regime di flessibilità dell’orario di lavoro, abbia un orario settimanale part-time (26 ore settimanali) così distribuito:

  • Lunedì 6 ore;
  • Martedì 5 ore;
  • Mercoledì 5 ore;
  • Giovedì 5 ore;
  • Venerdì 5 ore;
  • Sabato e domenica, non lavorativi.

Tuttavia, nell’attribuire le ore di permesso per allattamento riguardanti la giornata di lunedì, l’azienda deve far riferimento all’orario settimanale come definito nel contratto di assunzione:

  • Lunedì 5 ore;
  • Martedì 5 ore;
  • Mercoledì 5 ore;
  • Giovedì 5 ore;
  • Venerdì 6 ore;
  • Sabato e domenica, non lavorativi.

Di conseguenza, all’interessata spetterà un’ora di riposo e non due.

Dimenticarsi di considerare i compensi ricorrenti

Eccezion fatta per le ipotesi di pagamento diretto dell’indennità Inps, la stessa dev’essere anticipata in busta paga dal datore di lavoro e, successivamente recuperata rispetto ai contributi da versare all’Istituto con modello F24.

Di conseguenza, spetta all’azienda effettuare il calcolo delle somme conto Inps.

Le ore di riposo, è bene ricordarlo, devono essere retribuite come normale orario di lavoro. A tal proposito è necessario individuare la retribuzione oraria cui si sommano i ratei (sempre orari) delle mensilità aggiuntive (tredicesima ed eventuale quattordicesima).

Di norma questo calcolo è effettuato correttamente dai software paghe i quali possono tuttavia trascurare (ed è qui che si richiede l’intervento dell’operatore) altri importi non compresi nella retribuzione fissa mensile del dipendente né tantomeno considerati come mensilità aggiuntive. Ci riferiamo in particolare alle voci ricorrenti erogate al lavoratore in busta paga. In tal caso è necessario individuare il corrispondente importo orario in questo modo:

  • Si individuano gli importi citati maturati nel periodo (mensile) in cui il dipendente ha fruito dei permessi per allattamento;
  • Si dividono le somme in parola per il divisore orario definito dal Ccnl applicato;
  • Si somma l’ammontare orario agli altri importi da considerare per il calcolo dell’indennità Inps;
  • Il risultato di retribuzione oraria + ratei mensilità aggiuntive orari + voci ricorrenti (importo orario) dev’essere moltiplicato per le ore di assenza.

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