Naspi, dopo quanti giorni di lavoro spetta la disoccupazione

Simone Micocci

27 Novembre 2023 - 16:57

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Quanti giorni bisogna lavorare per aver diritto all’indennità di disoccupazione (Naspi)? 13 settimane contributive, ma serve fare alcune precisazioni.

Naspi, dopo quanti giorni di lavoro spetta la disoccupazione

L’indennità di disoccupazione Naspi è quell’ammortizzatore sociale che viene riconosciuta a chi perde il lavoro per cause non imputabili a lui: tuttavia, per averne diritto bisogna aver lavorato per almeno un certo numero di giorni.

Nel dettaglio, fino a qualche anno fa per la valutazione del diritto alla Naspi si guardava sia alle settimane contributive maturate nel quadriennio che ai giorni effettivi di lavoro nell’anno che precede l’inizio della disoccupazione (che dovevano essere almeno 30): tuttavia, con lo scoppio della pandemia quest’ultimo requisito è stato prima sospeso e poi definitivamente cancellato con la legge di Bilancio 2022.

Quindi, oggi l’unico requisito richiesto ai fini del godimento della Naspi è di tipo contributivo: sono necessarie, infatti, almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione maturate nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

La differenza tra settimane di contribuzione e settimane di lavoro

Attenzione a non commettere l’errore di pensare che una settimana di contribuzione equivalga a una settimana di lavoro, poiché non è sempre così.

Intanto perché per il riconoscimento di una settimana di contributi è necessario aver raggiunto almeno il minimale contributivo: come previsto dalla normativa, infatti, l’accredito pieno scatta solo quando la retribuzione settimanale percepita è almeno pari al 40% del trattamento minimo di pensione in vigore all’1 gennaio dell’anno di riferimento.

Nel 2023, ad esempio, il trattamento minimo è pari a 7.383,22 euro annui (importo appena aggiornato dal messaggio Inps n. 4050 del 15 novembre scorso): il che significa che solo quando la retribuzione settimanale percepita è di almeno 56,80 euro ci sarà il riconoscimento di una settimana contributiva.

Per questo motivo, specialmente nel caso del lavoro part-time, c’è il rischio che le settimane contributive siano inferiori a quelle lavorate.

Va detto poi che sono validi ai fini del perfezionamento del suddetto requisito non solo i contributi previdenziali, comprensivi di quota contro la disoccupazione, versati durante il rapporto di lavoro subordinato, ma anche:

  • i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, ma solo se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione;
  • contributi figurativi accreditati per i periodi di congedo parentale, se indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
  • i periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari o convenzionati dove è prevista la possibilità di totalizzazione;
  • i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino agli otto anni, per massimo cinque giorni lavorativi nell’anno solare.

Inoltre, se il lavoratore ha periodi in cui è stato occupato nel settore agricolo, questi possono essere cumulati per ottenere l’indennità Naspi, a patto che nei 4 anni precedenti alla domanda risulti prevalentemente la contribuzione non agricola.

Dopo quanti giorni di lavoro spetta la Naspi

Fatte le dovute premesse, possiamo dire che nella generalità dei casi l’indennità di disoccupazione spetta dopo 13 settimane di lavoro, fermo restando appunto che in alcuni casi potrebbe esserci una discordanza tra settimane contributive e giorni di lavoro.

Le settimane non devono essere per forza continuative: si tiene conto di tutti gli ultimi 4 anni, ma solo delle settimane contributive che non hanno già dato luogo a Naspi.

Ad esempio, chi lavora a febbraio 2022 per 4 settimane non può fare richiesta di Naspi: potrà farla però dopo che a marzo 2023 lavora per altre 10 settimane. Presi da soli, infatti, i due periodi lavorativi non danno diritto alla Naspi, mentre cumulativamente sì.

Lo stesso vale nel caso in cui vengono raggiunte le 13 settimane contributive ma non si ha diritto alla Naspi perché manca il requisito della perdita involontaria del lavoro, ad esempio perché ci si è dimessi. In un successivo momento, visto che per il precedente periodo non è stata riconosciuta l’indennità di disoccupazione, basterà anche una sola settimana contributiva per avere diritto alla Naspi.

Pensiamo ad esempio a Tizio che ha lavorato per un anno, cessando l’attività a seguito di dimissioni (non per giusta causa) rassegnate a luglio 2023.

Non potendo fare domanda di disoccupazione questo ha poi intrapreso una seconda attività lavorativa a settembre 2023, restando però nuovamente disoccupato a ottobre 2023 ma questa volta per scadenza del contratto. Allora sì, per quanto abbia lavorato per appena un mese continuativo, che potrà fare richiesta di Naspi, in quanto verrà fatta valere - tanto per l’acquisizione del diritto quanto per il calcolo dell’importo - anche la contribuzione maturata nel precedente periodo terminato per dimissioni.

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