Jobs Act: cos’è il contratto a tutele crescenti?

Francesco Oliva

15 Novembre 2016 - 10:30

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Contratto a tutele crescenti Jobs Act: cos’è, a chi si applica, cosa cambia per i neoassunti, tempo determinato o indeterminato?

Jobs Act: cos’è il contratto a tutele crescenti?

Il contratto a tutele crescenti è un contratto di lavoro che, secondo il Jobs Act, dovrebbe riuscire a risolvere definitivamente il problema del diritto del lavoro in Italia. Tale tipologia di contratto sostituisce moltissime forme di contratto preesistenti, come per esempio i comunissimo contratti a progetto o a chiamata, fornendo finalmente delle tutele reali ai lavoratori che, negli anni passati, hanno dovuto prestare attività lavorativa in condizioni spesso non chiare o definite.

La chiave di volta della questione è lo sgravio fiscale per le aziende che, qualora optino per questa tipologia di contratto, beneficeranno per i primi 3 anni di assunzione di consistenti sgravi fiscali, i cui importi verranno presi a carico dallo Stato.

Questa forma contrattuale dovrebbe favorire l’ingresso nel mondo del lavoro ed offrire maggiori garanzie di stabilità ai lavoratori dipendenti.

A seguire una disamina sui punti principali del contratto a tutele crescenti, ovvero cosa comporta nel caso dei neoassunti, se è davvero un contratto a tempo indeterminato e quando entrerà in vigore.

Contratto a tutele crescenti per i neoassunti

Per i neoassunti ci sono delle specifiche da ricordare.
La più importante è relativa all’articolo 18, che prevede il diritto al reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato. Nel caso dei neoassunti, non sarà possibile utilizzare questo articolo, salvo i casi di licenziamento discriminatorio o alcuni casi di licenziamento disciplinare.

Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti si può applicare ai lavoratori che, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, non abbiano prestato lavoro dipendente con contratto a tempo indeterminato. Lo sgravio fiscale offerto è di 3 anni (36 mesi) senza contributi da versare, INAIL esclusa. I contratti di lavoro domestico e di apprendistato sono esclusi da questa forma contrattuale a tutele crescenti.

A seguire il confronto tra il vecchio regime di contratti a tempo indeterminato ed il nuovo regime a tempo indeterminato a tutele crescenti

Licenziamento discriminatorio, intimato in forma orale o nullo
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: reintegro possibile
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: reintegro possibile.
Si possono anche richiedere al datore di lavoro 15 mensilità (dall’ultima retribuzione utile per il calcolo TFR) in sostituzione del reintegro.

Licenziamento per giusta causa
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: se la giusta causa non sussiste, il giudice condanna il datore di lavoro al reintegro. Negli altri casi sussiste la sanzione risarcitoria
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: cambia completamente la tutela reale, cambiano le sanzioni e gli obblighi del datore di lavoro.

Licenziamento con vizi procedurali
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: sussiste la sola tutela risarcitoria, non il reintegro
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: anche in questo cambio cambiano le sanzioni e gli obblighi. La sanzione viene ricalcolata come indennità che però non viene assoggettata a contribuzione.

Revoca del licenziamento
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: in caso di revoca il rapporto di lavoro prosegue. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione relativa il periodo precedente la revoca. Non vi sono sanzioni
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: nessun cambiamento

Offerta di conciliazione
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: fa fede procedura di conciliazione specificata nella legge 92/2012
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: viene inserita una nuova ipotesi di conciliazione volontaria

Computo dell’anzianità negli appalti
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: non vi è norma corrispondente
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: l’articolo 7 del decreto inserisce nuove disposizioni in merito

Computo dell’anzianità negli appalti e dell’indennità per frazioni di anno
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: non vi è norma corrispondente
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: gli articoli 7 e 8 del decreto inseriscono nuove disposizioni in merito.

Piccole imprese e organizzazioni di tendenza
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: non sussiste tutela reale per i lavoratori di piccole imprese o organizzazioni di tendenza
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: per le aziende fino a 15 dipendenti l’articolo 9 del decreto stabilisce la non applicabilità della tutela reale.

Licenziamento collettivo e norme processuali applicabili
- Lavoratori a tempo indeterminato vecchio regime: si applicano le procedure stabilite dalla legge 223/91 e dall’articolo 18 della L. 300/70 come modificato dalla L. 92/2012
- Lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti: nuove disposizioni inserite dal decreto-

Contratto a tutele crescenti: entrata in vigore

L’entrata in vigore del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti è del 7 marzo 2015. La legge ovviamente non è retroattiva, quindi vale per tutti i contratti stipulati dal 7 marzo in avanti. I contratti conclusi fino al 6 marzo rientrano nel vecchio regime «a tutela piena ab origine».

Contratto a tutele crescenti: a chi si applica?

Il contratto a tutele crescenti si applica a tutte le nuove assunzioni a partire dal 7 marzo 2015. Si applica unicamente ai dipendenti del settore privato. I dipendenti della Pubblica Amministrazione o, più in generale, i dipendenti del settore pubblico non vengono toccati dalla legge, che peraltro esclude anche lavoratori domestici ed in prova, sportivi e lavoratori in età pensionabile.

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