Congedo straordinario aumenta a 4 anni? Cosa c’è di vero

Patrizia Del Pidio

6 Febbraio 2024 - 10:12

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Un ricorso accolto per una lavoratrice che potrà fruire di 4 anni di congedo straordinario potrà fare da precedente per altri caregiver? Vediamo il caso.

Congedo straordinario aumenta a 4 anni? Cosa c’è di vero

Un ricorso accolto dal Tribunale di Treviso, sezione lavoro, apre la strada a nuove possibilità di poter fruire del congedo straordinario retribuito per assistere un familiare con grave handicap ai sensi della Legge 104. Il beneficio, infatti, pur permettendo al lavoratore di avere diritto a due anni di aspettativa retribuita, è regolato da una normativa che prevede dei grossi limiti ovvero:

  • ogni lavoratore, in tutta la vita lavorativa, ha diritto a soli 2 anni di congedo totali, indipendentemente dal numero di disabili che assiste;
  • per ogni disabile che si assiste si può fruire di un massimo di 24 mesi di congedo, indipendentemente da quante sono le persone che lo assistono.

Come appare chiaro se un lavoratore ha già richiesto il congedo straordinario della durata di due anni per assistere un familiare, non potrà chiederlo nuovamente per assisterne anche altri. Ma l’ordinanza del 10 gennaio 2024 del Tribunale di Treviso ribalta le regole e concede a una lavoratrice per la seconda volta il congedo straordinario: dopo averlo fruito per la madre le viene riconosciuto il diritto a ulteriori due anni anche per assistere il padre invalido. Vediamo il caso e le motivazioni.

Congedo straordinario con domanda respinta dall’Inps

Il caso in questione riguarda una lavoratrice trevigiana che si è trovata, dopo aver assistito la madre con il congedo straordinario retribuito, ad averne bisogno anche per l’assistenza del padre. La donna, pur continuando ad assistere la madre facendosi carico di tutti i suoi bisogni una volta terminata la fruizione dei due anni di congedo, si è trovata nella drammatica situazione di vedere il padre ammalarsi. Anche l’altro genitore, presto, inizia a perdere l’autonomia a causa del degenerare della malattia e si trova nella condizione di avere bisogno di cure e assistenza.

La lavoratrice, conscia del fatto di aver già beneficiato del congedo retribuito previsto dalla legge 151 del 2001, si reca dalla Fp Cgil di Treviso per farsi assistere nel rassegnare le dimissioni: questa le appariva l’unica via percorribile per garantire al padre la giusta assistenza.

Un’intuizione dei funzionari del sindacato, però, grazie anche alla preparazione degli avvocati dello Studio Legale ACM di Cittadella (i cui legali hanno patrocinato la vertenza della lavoratrice), hanno portato la donna a vedersi riconoscere d’urgenza, dal Tribunale di Treviso, il diritto ad altri due anni di congedo straordinario retribuito.

Il rigetto della domanda e il ricorso

Alla domanda presentata per conto della lavoratrice dal sindacato, infatti, l’Inps ha risposto con un rigetto della stessa adducendo come motivazione il fatto che la norma prevede un beneficio massimo di due anni, tempo che la donna aveva già utilizzato in precedenza per assistere la madre.

Presentato un ricorso d’urgenza per non incorrere nell’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, la sezione lavoro del Tribunale di Treviso si è pronunciata riconoscendo il diritto al congedo straordinario per l’assistenza del padre anche se la dipendente ne aveva già fruito per assistere la madre in precedenza.

Il nodo da superare era dovuto al riconoscimento del diritto al congedo straordinario per assistere un familiare o più di uno nel corso della vita lavorativa.

L’Inps recepirà l’indicazione del Tribunale cambiando la normativa?

La segretaria generale della FP Cgil di Treviso, Marta Casarin ha commentato la vicenda definendola una storia umanamente drammatica e un caso in cui i diritti del lavoratore vanno tutelati:

Per garantire uno Stato sociale è necessario esercitare fino in fondo i diritti stabiliti dalla normativa e dall’espressione interpretativa della magistratura. Alla luce di questa ordinanza e in attesa della sentenza definitiva con la quale il Tribunale si pronuncerà nel merito, ci aspettiamo che l’INPS adotti quanto prima una circolare recependo tale indicazione ed evitando così che si debba ricorrere alla giustizia per far valere un diritto, quello dei lavoratori e lavoratrici di farsi carico dei loro familiari in gravi situazioni, ma di poterlo esercitare senza intoppi fin dall’insorgere delle condizioni determinate dalla legge. Ricordo poi che tale tipo di assistenza, nata da una decisione personale autonoma, da una parte contribuisce ad alleggerire le spese sociali a carico della comunità

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