Scostamento no, aumento sì. C’è un tacito «do ut des» tra Europa e governo su MPS?

Mauro Bottarelli

6 Settembre 2022 - 17:48

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La Bce autorizza la mega-ricapitalizzazione da 2,5 miliardi della banca senese, il cui valore è sceso oggi sotto i 300 milioni. Quanto pesano intransigenza su nuovo deficit e patrimonio immobiliare?

Scostamento no, aumento sì. C’è un tacito «do ut des» tra Europa e governo su MPS?

La crisi del gas, inutile negarlo, sta monopolizzando l’intero panorama economico italiano. E anche la campagna elettorale, giocoforza, ruota attorno all’emergenza energetica e al più ampio tema delle sanzioni, come emerso dalla frattura fra Matteo Salvini e il resto del centrodestra al Forum di Cernobbio.

Ma a preoccupare maggiormente imprese e famiglie è l’approccio che il governo intende assumere al prossimo Consiglio dei ministri per quanto riguardo il piano di aiuti contro il caro-energia. Anche in questo caso, la Lega si pone in posizione di solitudine in seno alla coalizione: il Carroccio continua a reclamare a gran voce un nuovo scostamento di bilancio da 30 miliardi di euro, richiesta che finora il governo Draghi ha respinto decisamente al mittente. E anche in vista della prossima riunione a Palazzo Chigi, prevista per giovedì, le indiscrezioni parlano di un nuovo decreto che non vada oltre i 15 miliardi.

Ai 5.6 miliardi di risorse già a disposizione, l’esecutivo aggiungerebbe un tesoretto extra garantito da aumento delle entrate tributarie e coperture da decreti inattuati per un massimo 7-8 miliardi. Lo scostamento di bilancio resta però tabù. E, paradossalmente, l’alleato principale all’intransigenza del governo pare essere Fratelli d’Italia, partito in testa a tutti i sondaggi e che, oltre alla sua leader e premier in pectore, nelle ultime ore ha visto scendere in campo contro l’ipotesi di nuovo deficit nientemeno che l’ex ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, per molti anni vicino a istanze e sensibilità del Carroccio.

Cosa spinge il governo a difendere con le unghie e con i denti il suo no allo scostamento, nonostante cifre e prospettive per famiglie e imprese che - giorno dopo giorno - proiettano il trailer di una stagione invernale da incubo per la crescita e la tenuta del Paese? Davvero, a fronte di un debito pubblico in costante aumento anche durante la stagione dei Migliori, quegli eventuali 30 miliardi potrebbero generare uno stigma ingestibile? Sorge un dubbio. Andreottiano, in quanto a ricorso alla categoria del mal pensiero.

Ieri la Bce ha infatti dato l’ok all’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro per Monte dei Paschi, ricapitalizzazione record che verrà discussa dall’assemblea di Rocca Salimbeni il prossimo 15 settembre. Di fatto, un sospiro di sollievo. Cui però il mercato non ha dato seguito. Oggi il titolo MPS ha chiuso la giornata in calo di oltre il 4% e prezzando una capitalizzazione di circa 290 milioni di euro. Sarà per questa leverage fra market cap e necessità di raccolta che la Borsa sta bocciando ciò che la Bce ha promosso? O forse il fatto che, proprio alla luce della non occultabile natura titanica dell’operazione, già oggi il management senese prospetti un aumento molto diluito e diviso in due tranche?

Terza ipotesi: si aspetta che cali ancora. E chiuso il draconiano, ennesimo piano di razionalizzazione dei costi, qualche cavaliere bianco arriverà a fare shopping con i saldi? Giova ricordare che, al netto delle dilazioni offerte dalla Commissione Ue per il ritorno sil mercato, ad oggi il Tesoro è ancora azionista al 64% della banca senese, la quale con il salvataggio del 2017 (e autorizzato da Bruxelles) ha goduto di una prima mega-ricapitalizzazione precauzionale da 5,4 miliardi di euro. Denaro pubblico, insomma. Apparentemente sperperato, stante il market cap attuale dell’istituto e il controvalore di capitale da rastrellare sul mercato.

Ma non solo. Alle porte c’è infatti il piano da lacrime e sangue che prevede entro il 2024 una riduzione dei costi al 60% dei ricavi dal 71% dell’anno corso per effetto di chiusura di filiali e taglio del personale, quest’ultima voce quantificabile in 3.500 esuberi che l’ad del gruppo, Luigi Lovaglio, vuole portare a casa entro novembre in ossequio all’ultimo miglio dell’azione di rilancio. E attenzione ai particolari. La banca senese ha infatti appena redatto una perizia sul suo patrimonio immobiliare. In portafoglio ha qualcosa come 1.100 asset di proprietà, di cui 705 a uso strumentale: in totale, un tesoretto legato al mattone di circa 2 miliardi di euro. Di cui negli ultimi anni sono state messe sul mercato molte strutture di pregio.

E’ questa la garanzia implicita offerta come collaterale a mercato e Bce per il buon esito dell’aumento di capitale? Se così fosse, nel primo caso ha fallito. Nel secondo, invece, potrebbe aver centrato l’obiettivo, stante la luce verde di Francoforte. Ma al netto dei forti dubbi sulla futura italianità di un gruppo bancari storico con numeri da mani nei capelli ma patrimonio real estate da leccarsi i baffi, forse il no senza discussioni del governo a nuovo deficit ha qualcosa a che fare con un tacito do ut des con Commissione e Bce?

Ovvero, via libera all’aumento e al manica larga sulle tempistiche di uscita del Tesoro per MPS in cambio di una eterodirezione de facto delle scelte economiche in stile MES? E la discesa in campo di un pezzo da novanta come Giulio Tremonti al fianco dell’intransigenza del certo mai amato Mario Draghi su nuovo scostamento va forse letta come polizza assicurativa per il partito di maggioranza relativa - e probabile espressione del presidente del Consiglio - rispetto alla patata bollente senese? Ovviamente, solo cattivi pensieri.

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