Risultati Prove Invalsi 2023, nuovo allarme per la scuola italiana: ecco chi sono i peggiori

Luna Luciano

12/07/2023

12/07/2023 - 21:38

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Le Invalsi 2023 restituiscono un’immagine nitida e grave del livello d’istruzione in Italia dalle elementari alle superiori, dal Nord al Sud. Quali sono le peggiori? E soprattutto quali sono le cause?

Risultati Prove Invalsi 2023, nuovo allarme per la scuola italiana: ecco chi sono i peggiori

Dovremmo iniziare a domandarci cosa stia accadendo ai nostri studenti e studentesse e alla scuola italiana.

Se è vero che la pandemia ha influito gravemente sull’apprendimento e sulle condizioni psicologiche delle generazioni più giovani, è anche vero che in questi ultimi due anni - in cui si è tornati sui banchi di scuola senza interruzioni - le lacune e le mancanze non sono state colmate, contribuendo a consolidare un trend vecchio di alcuni anni: il peggioramento a livello nazionale delle competenze nelle materie cardine dell’Istruzione, ossia italiano, matematica e lingua straniera (inglese).

A darne prova sono stati i risultati delle prove Invalsi 2023, che fotografano un indebolimento “in tutte le discipline osservate” e un aumento delle difficoltà degli studenti, dalle scuole elementari alle superiori, segnato anche dal divario tra il Nord e il Sud della penisola. È quindi opportuno conoscere i risultati e soprattutto interrogarsi sulle cause interne.

Invalsi 2023, peggiorano le competenze degli studenti: i dati

L’andamento dell’anno scolastico 2022-2023 dovrebbe costringere il Governo e l’intero Paese a preoccuparsi e occuparsi con serietà della scuola e dell’istruzione e per farlo bisogna conoscere i dati e saper leggere “tra le righe” ciò che sta accadendo alla penisola. Partiamo quindi dai dati.

  • Elementari. Le prove Invalsi 2023 hanno dimostrato quanto sia necessario ripartire dall’istruzione dei più piccoli. Infatti, le prove di Italiano e Matematica sono più bassi di quelli registrati nel 2019 e nel 2021 durante la pandemia e la Didattica a distanza, arretrando sul livello base. In quinta elementare, ad esmepio, in Italiano il 74% è al livello base contro l’80% del 2022; in Matematica siamo al 63% (contro il 66% del 2022). Anche i risultati in Inglese sono in calo, l’87% è al livello A1 nella lettura (contro il 94%) mentre nella prova di ascolto la quota è all’81% contro l’85% dell’anno precedente.
  • Le Medie sono l’unica eccezione. Le Invalsi di Terza Media hanno dimostrato che il calo in Italiano e Matematica riscontrato tra il 2019 e il 2021 si è fermato ma non si è registra ancora un’inversione di tendenza, come accade invece per Inglese con risultati che segnano un miglioramento.
  • Superiori. Dati allarmanti giungono per gli studenti e le studentesse delle superiori. In quinta superiore poi i dati peggiorano e dovrebbero allarmare l’intero sistema scolastico. Se è vero che nelle classi che hanno affrontato la Maturità quest’anno il calo si è pressoché arrestato, i dati rimangono preoccupanti: in Italiano solo il 51% raggiunge il livello base (contro il 52%); in Matematica i maturandi sono solo il 50%. Unico dato positivo si registra in Inglese, il 54% raggiunge il B2 nella prova di reading (+2 rispetto al 2022) e il 41% nella listening (+3 rispetto al 2022).

Invalsi 2023, quali sono le Regioni peggiori

Se questi dati sono allarmanti, ancor di più ci si deve preoccupare davanti all’evidente divario che ancora separa il Nord dal Mezzogiorno. Fin dalla seconda elementare si evidenziano i primi divari territoriali che diventano sempre più marcati alle superiori. Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna registrano i voti più bassi, con una differenza di ben 23 punti percentuali in Italiano e ben 31 in Matematica rispetto al Nord.

Invalsi 2023, è allarme per la scuola italiana: quali sono le cause?

I dati emersi dalle Invalsi 2023 dovrebbero spingerci a interrogarci sulle cause che contribuiscono ogni anno ad allontanare gli studenti e le studentesse dai banchi di scuola. La dispersione scolastica è un fatto grave che avviene nelle aree più depresse del paese e nelle periferie, lì dove i servizi assistenziali non arrivano, e va da sé che se non si investe in quelle zone e Regioni, dove il reddito è più basso, la dispersione continuerà ad aumentare.

A questa bisogna aggiungere la dispersione implicita, come ha sottolineato il presidente Invalsi, Roberto Ricci, riferendosi agli studenti che terminano il percorso scolastico senza aver acquisito le competenze fondamentali. Fenomeni che avvengono maggiormente al Sud, e che hanno spinto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara ad aprire un’Agenda Sud.

Eppure è opportuno porsi una semplice domanda: come si può garantire la stessa preparazione a tutti gli studenti, mentre il Governo riflette ancora sul progetto di autonomia differenziata e la regionalizzazione della scuola? Un Progetto che indubbiamente contribuirà ad aumentare le disuguaglianze creando studenti di Serie A e serie B.

A peggiorare il livello scolastico ci sono poi due fenomeni. Il primo è la burocratizzazione delle istituzioni scolastiche, che vede sempre più protocolli e linee guida da riformare, piuttosto che rinnovare i programmi scolastici, favorendo l’aggiornamento e il confronto tra i docenti.

Infine il precariato, che allontana sempre di più docenti formati dalla cattedra, specialmente con la nuova riforma che il Governo vorrebbe approvare e che vedrebbe addirittura a pagamento il corso di 60 cfu per l’abilitazione all’insegnamento. Aumentare i precari nella scuola, vuol dire impedire ai docenti di svolgere il loro ruolo non solo di insegnanti ma di educatori, costruendo un percorso culturale, di fiducia e conoscenza con i propri alunni negli anni.

Per ripartire, l’Italia dovrebbe scommettere su un investimento nell’istruzione pubblica (dell’intera penisola e non delle singole Regioni) con l’obiettivo di garantire un organico che sia messo in condizione di fare bene il proprio lavoro in una scuola, ovunque e per tutti e tutte.

Purtroppo, invece, questo non è accaduto e sembra che i Governi negli ultimi 30 anni abbiano dimenticato che la classe è il primo luogo dove germoglia il senso di comunità, dove le generazioni del futuro possono crescere “sulle spalle dei giganti” del passato e degli insegnanti - come direbbe Eco - per poter vedere e andare più lontano.

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