Rinnovo del contratto, beffa per alcuni dipendenti pubblici: guadagneranno di meno

Simone Micocci

12 Maggio 2021 - 09:49

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Con il rinnovo del contratto della Pubblica Amministrazione alle porte si riapre il dibattito su cosa succederà al bonus 100 euro (cuneo fiscale). Ci sono dipendenti pubblici che potrebbero perderlo: e non sarà la stessa cosa beneficiarne in sede di dichiarazione dei redditi.

Rinnovo del contratto, beffa per alcuni dipendenti pubblici: guadagneranno di meno

Il rinnovo del contratto rischia di essere una beffa per alcuni dipendenti pubblici. Ci sono dei lavoratori statali, infatti, che il mese successivo a quello in cui entrerà di fatto in vigore il nuovo accordo si troveranno a guadagnare meno rispetto a quello precedente.

Per capirne il motivo dobbiamo ritornare a quanto fatto lo scorso anno con il taglio del cuneo fiscale. Per i redditi fino a 28 mila euro vengono erogati mensilmente 100 euro in busta paga grazie alla riforma del cuneo fiscale entrata in vigore nel luglio scorso.

Dai 28 mila ai 35 mila euro questo bonus si riduce e non solo: anziché essere pagato in busta paga, viene data la possibilità al lavoratore di beneficiarne a conguaglio nel modello 730 sotto forma di detrazione ai fini Irpef. Lo stesso vale per i redditi compresi tra i 35 e i 40 mila euro, soglia in cui il cuneo fiscale si riduce a zero euro.

Cuneo fiscale: con il rinnovo del contratto si perde il bonus 100 euro?

Ci si chiede cosa cambierà una volta che il rinnovo del contratto della Pubblica Amministrazione verrà sottoscritto.

Esiste di fatto un problema su quello che potrebbe succedere con il nuovo rinnovo del contratto per il triennio 2019-2021. Come abbiamo visto, oggi chi ha un reddito inferiore - anche se non di molto - ai 28 mila euro percepisce mensilmente 100 euro netti in busta paga: ma cosa succederà una volta che con il rinnovo ci sarà un aumento di stipendio? È possibile che la retribuzione vada a sforare la soglia dei suddetti 28 mila euro perdendo quindi il diritto ai 100 euro di bonus in busta paga, 1.200 euro l’anno.

Non è una conseguenza di poco conto: d’altronde, si tratta di una possibilità che dà al lavoratore un potere di acquisto mensile di 100 euro in più. Questa possibilità verrà preclusa superando la soglia dei 28 mila euro.

Pensiamo ad un lavoratore che la sforerà grazie ad un aumento di appena 50,00€ netti mensili: questo andrà a perdere il diritto ai 100 euro netti mensili. È vero che avrà la possibilità di recuperarne una parte - comunque inferiore ai 1.200 euro annui prima garantiti - in sede di dichiarazione dei redditi, ma è logico che questo nell’immediato avrà un impatto - anche visivo - negativo sullo stipendio.

Pensiamo a cosa succederà il mese successivo al rinnovo del contratto. Chi oggi guadagna 1.100 euro domani ne avrà 1.050 euro. Una differenza che verrà colmata solo un anno dopo con la dichiarazione dei redditi.

In particolare questo problema lo hanno i funzionari della Pubblica Amministrazione e gli insegnanti con molti anni di anzianità, i quali appunto si trovano a ridosso di questa soglia. Persone che da tempo chiedono una valorizzazione economica ma che con il rinnovo del contratto potrebbero trovarsi persino a guadagnare meno rispetto a quanto previsto attualmente. E recuperare in sede di dichiarazione dei redditi, l’anno successivo, non è certamente la stessa cosa del godere mensilmente di 100 euro in più in busta paga.

Il rinnovo del contratto potrebbe penalizzare alcuni dipendenti pubblici: quale soluzione?

Nel 2018 ci fu lo stesso problema che i vari comparti risolsero in diverso modo. Le Forze Armate pensarono ad un meccanismo di defiscalizzazione, mentre gli altri comparti all’emolumento perequativo, unico emolumento “a piramide rovesciata” che va a compensare la perdita dell’allora bonus Renzi derivante dall’incremento contrattuale. Questo emolumento adesso dovrebbe essere conglobato all’interno dello stipendio base (come se fosse una vacanza contrattuale).

Non sarebbe opportuno valutare, come fatto nel 2018, misure di salvaguardia per non far sì che il rinnovo del contratto diventi una beffa per coloro che oggi hanno un reddito vicino, ma inferiore, ai 28 mila euro l’anno? Si potrebbe fare come già fatto nel 2018 quando, come anticipato, vennero pensate delle soluzioni per evitare che il personale della Pubblica Amministrazione fosse penalizzato dall’aumento di stipendio. Ad esempio, per il cuneo fiscale si potrebbe alzare l’asticella a 29.000 euro, limitando così la platea di coloro che sarebbero penalizzati dall’aumento di stipendio.

O ancora: rimettere in gioco l’elemento perequativo (e per le Forze Armate potenziare la defiscalizzazione).

Un problema che ovviamente tornerà quando ci sarà il nuovo rinnovo del contratto (per il triennio 2022-2024). La domanda è: ma il Governo ha pensato a questo? Si rischia un flop politico, un danno d’immagine.

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