Riforma Forze armate e riservisti, così l’Italia si prepara alla guerra

Simone Micocci

15 Novembre 2023 - 11:43

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Alla luce dell’attuale scenario internazionale, anche in Italia potrebbe presto arrivare un esercito di riservisti.

Riforma Forze armate e riservisti, così l’Italia si prepara alla guerra

Non utilizza mezzi termini il ministro della Difesa, Guido Crosetto, per commentare lo spettro di una nuova guerra mondiale: “Oggi bisogna tornare a prepararsi al peggiore scenario possibile” ha spiegato Crosetto ai senatori e deputati delle Commissioni Esteri e Difesa, annunciando l’arrivo di una riforma delle Forze armate italiane.

Vanno rivoluzionate da cima in fondo”, aggiungendo poi che “se non ci fosse stata la guerra in Ucraina non ci saremmo posti il problema” ma gli ultimi sviluppi sul piano internazionale impongono una riflessione sullo stato in cui si trova il modello Difesa italiano.

Dichiarazioni che non fanno che alimentare i timori di una nuova guerra mondiale: d’altronde mai come oggi - tra guerra in Ucraina, in Medio Oriente e l’instabilità di situazioni come quella in Taiwan - lo scenario internazionale è alquanto instabile e la sensazione è che da un momento all’altro la situazione possa peggiorare.

L’importante sarà non farsi trovare impreparati: ecco perché il ministro della Difesa ritiene sia assolutamente necessario - e urgente - aumentare i fondi da destinare al comparto, oltre a pensare a una soluzione per poter attingere a un maggior numero di forze nel caso in cui la situazione dovesse precipitare.

Esercito italiano, servono più militari (e riservisti)

Il primo - importante problema - dell’Italia riguarda le poche forze a disposizione per il comparto Difesa, in particolare quelle di terra: come spiegato da Crosetto, all’inizio del suo mandato ha chiesto di conoscere la preparazione delle tre forze e il risultato è stato che mentre l’Aeronautica è “in buone condizioni” e la Marina “in una situazione abbastanza buona”, l’Esercito era “tutto in rosso”, con gravi carenze accumulate negli scorsi anni.

La soluzione è quella di intervenire incrementando il contingente dei militari in servizio, oltre a creare una riserva di veterani pronta a intervenire in caso di emergenza. Laddove dovesse scoppiare una guerra che richiederà l’intervento diretto dell’Italia, lo Stato potrebbe così avere a disposizione un maggior numero di forze: in particolare Crosetto ha richiamato al modello svizzero, dove il servizio militare è persino obbligatorio, come pure quello israeliano, dove sono considerati riservisti tutti i cittadini che hanno completato il servizio militare obbligatorio, i quali sono obbligati ad arruolarsi in caso di emergenza.

Secondo Crosetto in Italia la riserva più facile da attivare è quella delle Forze di Polizia, in quanto “uomini e donne che sono già formati ad attività di sicurezza”. Si potrebbe partire da questo aspetto per definire una riserva, dalla quale probabilmente non possiamo più esimerci.

Rivedere anche il reclutamento

Il ministro ha poi spiegato che serve rivedere tanto le modalità di reclutamento quanto di formazione e addestramento, iniziando dall’imporre “un cambio di mentalità” e rivedendo le attuali regole del pubblico impiego che poco si sposano con la specificità del modello Difesa. D’altronde, per affrontare le nuove sfide sul piano internazionale servono professionalità altamente specializzate - come ad esempio hacker o esperti di intelligenza artificiale - che attualmente non vedono nell’Esercito Italiano un modello attrattivo viste le basse retribuzioni.

E nel contempo bisognerà anche rivedere le carriere, svecchiando le Forze Armate (oggi appena un terzo del personale dell’Esercito ha meno di 30 anni) dove viene premiata l’anzianità quando invece “il mestiere delle armi è per i giovani”.

Ammodernamento dei mezzi

Bisogna abituarsi all’idea che alla luce dello scenario internazionale attuale la soglia del 2% del Pil fissato dalla Nato per le spese della Difesa è solamente un punto di partenza e non di arrivo.

E pensare che oggi non riusciamo neppure a raggiungerlo (e probabilmente non riusciremo fino al 2028): ragion per cui servono urgentemente più risorse da stanziare al comparto Difesa. “Le disposizioni Nato ci chiedono di schierare tre brigate ma non abbiamo i mezzi corazzati”, ha lamentato Crosetto, il quale ha raccontato di come oggi pur di far funzionare dei mezzi vengono tolti pezzi da centinaia di aerei e veicoli.

Stiamo risparmiando sulla manutenzione - anche alla luce della nuova spending review in programma nel 2024 - il che è inaccettabile: abbiamo circa 50 carri armati (su 197 totali) risalgono agli anni Novanta e solo di recente è stato avviato un programma di ammodernamento dei cingolati (attraverso l’acquisto degli Ariete e l’acquisto dei Leopard 2).

L’Italia guarda con preoccupazione al futuro internazionale

Crosetto quindi non si nasconde, definendo la minaccia internazionale come concreta, come emerge anche quando nel parlare dei prossimi concorsi ha spiegato che servirà arruolare persone “che abbiano in testa di fare i soldati e andare in teatro operativo”, poiché se fino a 6 anni fa il massimo rischio che poteva capitare era quello di andare in Afghanistan, “in futuro potrebbe non essere più così”.

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