Reddito di cittadinanza: chi lo prende non è obbligato a lavorare nei campi, lo dice la legge

Antonio Cosenza

12/05/2020

Reddito di cittadinanza: i percettori non possono essere obbligati a lavorare nei campi, ecco perché.

Reddito di cittadinanza: chi lo prende non è obbligato a lavorare nei campi, lo dice la legge

Chi prende il reddito di cittadinanza dovrebbe andare a lavorare nei campi”. Oppure; “mancano braccianti nei campi, che fine hanno fatto i navigator?

In questi giorni c’è stato un ampio dibattito - che ha interessato anche diversi esponenti della maggioranza - riguardo al fatto che i percettori del reddito di cittadinanza dovessero essere mandati nei campi per lavorare, così da far fronte alla carenza di braccianti di cui si lamentano diverse imprese agricole. Ad esempio, il Ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, si è detta più volte favorevole all’idea che chi prende il reddito di cittadinanza potesse essere impiegato per i lavori nel settore agricolo.

E in molti casi la colpa del fatto che molti beneficiari del reddito di cittadinanza siano a casa, mentre nel frattempo nei campi si cercano forze lavoro viene data ai navigator, la figura introdotta per occuparsi - insieme ai centri per l’impiego - del ricollocamento di coloro che firmano il Patto per il Lavoro. “Il fatto che non ci siano persone da mandare a lavorare nei campi certifica il fallimento del progetto dei navigator”; anche questa è una dichiarazione che ci è capitata di leggere più volte.

È la stessa domanda che è stata sottoposta qualche giorno fa al Presidente di AnpaL, Domenico Parisi, durante l’interrogazione parlamentare riguardante il caso dei rimborsi spese. In quell’occasione Parisi si è difeso dicendo che il fatto che non ci siano stati percettori del reddito di cittadinanza mandati a lavorare nei campi non dipende da Anpal Servizi (la società in house di Anpal presso cui sono impiegati i navigator), bensì dalla legge stessa.

È la normativa vigente, infatti, che autorizza i percettori del RdC a rifiutare un eventuale offerta di lavoro come impiegato agricolo. Vediamo perché.

Chi prende il reddito di cittadinanza è obbligato a lavorare nei campi?

La normativa sul reddito di cittadinanza stabilisce che coloro che hanno sottoscritto il Patto per il Lavoro devono accettare almeno una delle tre offerte congrue che gli vengono presentate, pena la decadenza del reddito di cittadinanza.

Ci sono, quindi, delle offerte di lavoro che i percettori possono liberamente rifiutare, e altre che invece innescano una serie di conseguenze (che vedremo di seguito). Nel dettaglio, affinché un’offerta di lavoro non possa essere rifiutata senza che ci siano ripercussioni sul beneficio è necessario che questa presenti i requisiti per essere congrua.

Un’offerta di lavoro è congrua quando la sede di lavoro è nell’arco dei 100 chilometri dalla residenza del percettore (o comunque deve essere raggiungibile in 100 minuti con i mezzi pubblici). Altra condizione che deve soddisfare è legata alla retribuzione, la quale deve essere almeno pari all’importo minimo riconosciuto a titolo di reddito di cittadinanza alla persona sola (780,00€) più il 10% (per un totale quindi di 858,00€).

Un’eventuale offerta di lavoro nei campi, quindi, dovrebbe soddisfare queste due condizioni per essere riconosciuta come congrua. Ma attenzione, perché ce n’è una terza che limita di molto la platea dei percettori del RdC che potrebbero essere “obbligati” ad accettare un’offerta di lavoro nei campi: nel dettaglio, un’offerta di lavoro per essere congrua deve essere coerente con le esperienze e le competenze maturate dal beneficiario. Deve essere afferente all’area di attività indicata dal percettore durante i colloqui che portano alla firma del Patto per il Lavoro.

Per intenderci, una persona che ha sempre fatto - e vorrebbe continuare a fare - il cameriere non può essere mandato contro la sua volontà a lavorare nei campi.

Un’eventuale offerta di lavoro come bracciante agricolo gli potrebbe anche essere presentata, ma questo sarebbe comunque libero di rifiutare senza far scattare alcuna condizionalità.

Nel caso di rifiuto di un’offerta congrua si innesca un meccanismo che va sia ad allargare il bacino territoriale di riferimento (si passa a 250 km dopo il rifiuto della prima offerta congrua, a tutto il territorio nazionale al secondo rifiuto) che l’area di attività di competenza.

Tuttavia, il fatto che molti beneficiari del RdC non abbiano trascorsi come braccianti agricoli fa sì che la maggior parte delle offerte di lavoro per lavorare nei campi non siano considerate come congrue; per questo motivo un eventuale rifiuto non sarebbe soggetto ad alcuna condizionalità.

Quindi, come tra l’altro ribadito da Parisi nell’interrogazione parlamentare che lo ha visto protagonista, per far sì che chi prende il reddito di cittadinanza vada a lavorare nei campi sarebbe necessario un cambio della normativa.

Reddito di cittadinanza: condizionalità sospesa per 4 mesi

Mentre si susseguono le voci di coloro che vorrebbero che i navigator mandino i percettori del reddito di cittadinanza a lavorare nei campi c’è un’altra novità che va ad impedire la realizzazione di questo obiettivo: la sospensione della condizionalità che il Decreto Rilancio estende di altri due mesi portandola fino alla metà di luglio.

Cosa significa questo? Che il percettore del reddito di cittadinanza sarebbe libero di rifiutare anche un’offerta di lavoro congrua senza alcuna conseguenza sul sostegno al reddito. Nessun obbligo quindi; ogni percettore sarà libero di scegliere se accettare o meno qualsiasi offerta di lavoro (sia congrua che non) senza ripercussione alcuna.

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