Prezzo del petrolio in calo, ma quanto durerà? La risposta in 3 punti

Violetta Silvestri

17/01/2024

17/01/2024 - 11:29

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Il prezzo del petrolio scende e continua a oscillare in questo inizio 2024. Il calo del greggio è davvero sostenibile e durerà? La risposta in 3 punti cruciali per le previsioni sull’oro nero.

Prezzo del petrolio in calo, ma quanto durerà? La risposta in 3 punti

Il prezzo del petrolio continua a oscillare, in balia di eventi geopolitici e di dati macroeconomici incerti. Le quotazioni Brent e WTI sono in netto calo nelle negoziazioni di mercoledì 17 gennaio.

I futures sul Brent scendono dell’1,84% a poco più di 76 dollari al barile e i contratti WTI perdono il 2% a 71 dollari al barile verso le 10.30. Il 2024 è iniziato all’insegna della volatilità per l’oro nero, con fluttuazioni del prezzo guidate da scenari poco chiari sia per l’offerta che per la domanda di questa strategica materia prima.

Nel dettaglio, il prezzo del petrolio è scivolato dopo che la crescita economica in Cina, il secondo maggiore utilizzatore di greggio al mondo, ha deluso le aspettative, sollevando preoccupazioni sui futuri aumenti della domanda, mentre la forza del dollaro statunitense ha intaccato la propensione al rischio degli investitori.

In questo contesto, nel quale i venti di guerra del Mar Rosso soffiano sempre più forte minacciando le forniture nel medio periodo, il greggio sta diventando un protagonista assoluto dei mercati. Le quotazioni potrebbero ancora sorprendere al rialzo o al ribasso, con 3 fattori sempre più influenti sul prezzo.

1. La Cina in crisi farà precipitare il petrolio?

L’economia cinese nel quarto trimestre è cresciuta del 5,2% rispetto all’anno precedente, un dato che ha deluso le aspettative degli analisti, mettendo in discussione le previsioni secondo cui la domanda del dragone stimolerà una crescita globale del petrolio più forte nel 2024.

La scarsa performance economica del dragone pone “altri ostacoli alla domanda di petrolio greggio, visto che le prospettive cinesi per il 2024 e il 2025 sono ancora cupe”, ha affermato Priyanka Sachdeva, analista di Phillip Nova.

La speranza, come sostenuto dall’industria petrolifera, è che, nonostante una ripresa accidentata, la domanda di petrolio dalla Cina resiliente finora possa raggiungere livelli record nel 2024, ha aggiunto l’esperto.

Nonostante la crescita economica inferiore alle aspettative, infatti, la produzione della raffineria di petrolio cinese nel 2023 è aumentata del 9,3% rispetto all’anno precedente raggiungendo un record. Questo indica che la domanda di petrolio del Paese è comunque elevata.

Le raffinerie della Cina, secondo quanto scritto su Reuters, stanno inoltre prenotando carichi di petrolio con consegna a marzo e aprile per ricostituire le scorte, acquistando a prezzi relativamente più bassi in previsione di una domanda più solida nella seconda metà del 2024.

2. Dollaro e Fed

Sui mercati valutari, il dollaro Usa ha esteso il suo più grande balzo di un giorno da marzo nella sessione del 16 gennaio, poiché i trader hanno ricalibrato le aspettative su quando la Federal Reserve inizierà a tagliare i tassi di interesse. Ciò ha danneggiato le materie prime, compreso il greggio.

Nello specifico, i commenti dei funzionari Fed hanno ridimensionato le aspettative sulla diminuzione del costo del denaro nel 2024. Dinanzi a una maggiore probabilità che i tassi restino più elevati e più a lungo, il dollaro sale. Il rafforzamento del biglietto verde riduce la domanda di petrolio denominato in dollari per gli acquirenti che pagano con altre valute.

“Tassi più alti possono portare a prospettive più deboli per la domanda di petrolio poiché l’attività economica tende a raffreddarsi in un contesto di tassi di interesse elevati, lasciando i prezzi del petrolio vulnerabili”, ha affermato l’analista Sachdeva per Reuters.

3. Guerra in Mar Rosso

Dal caos alla guerra vera e propria il passo diventa sempre più breve nel Mar Rosso. Gli investitori in materie prime, in primis nel petrolio, monitorano attentamente quanto sta accadendo in questo cruciale snodo commerciale globale.

I trader, finora, sembrano minimizzare la minaccia di interruzioni delle forniture, anche se le petroliere stanno deviando le loro rotte lontano dal Canale di Suez e dai passaggi navigabili dell’area. I militanti Houthi nello Yemen, infatti, continuano a minacciare la navigazione in questa zona nonostante gli attacchi guidati dagli Stati Uniti.

C’è preoccupazione che la guerra tra Israele e Hamas si diffonda oltre Gaza, coinvolgendo potenzialmente direttamente l’Iran. Due degli Stati vicini, Iraq e Pakistan, hanno riferito di recenti attacchi di Teheran sul loro territorio.

Un altro segno allarmante è che alcuni assicuratori non vogliono più coprire le navi statunitensi e britanniche dai rischi di guerra se navigano nel Mar Rosso meridionale. Molte compagnie petrolifere e di gas stanno optando per una rotta più lunga attorno all’Africa meridionale. L’Egitto ha riferito che i transiti del Canale di Suez sono diminuiti di quasi un terzo rispetto all’anno precedente nei primi 11 giorni dell’anno.

Il petrolio è rimasto confinato in un intervallo ristretto dall’inizio dell’anno, poiché la crisi in Medio Oriente non ha finora causato un impatto diretto sulla produzione. Tuttavia, il prezzo realizzato per il petrolio e i prodotti petroliferi per i consumatori è aumentato a causa dell’interruzione dei flussi commerciali attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez, ha avvertito Vivek Dhar, stratega per le materie prime minerarie ed energetiche presso la Commonwealth Bank of Australia.

Un’escalation delle tensioni potrebbe colpire l’offerta di greggio e far impennare i prezzi nel medio periodo.

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