Pnrr, ha ragione Draghi o Meloni? Ecco a che punto è l’Italia

Alessandro Cipolla

06/10/2022

Per Meloni in materia di Pnrr ci sarebbero ritardi “difficili da recuperare”, mentre Draghi ha rassicurato che tutti gli obiettivi “sono stati raggiunti”. Qual è allora la situazione dell’Italia?

Pnrr, ha ragione Draghi o Meloni? Ecco a che punto è l’Italia

Ereditiamo una situazione difficile: i ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare e siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata”.

Parole queste di Giorgia Meloni che, stando all’Ansa, sarebbero state pronunciate dalla presidente del Consiglio in pectore durante la riunione dell’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia.

Parole chiare, che celano una sorta di sfiducia verso la capacità dell’Italia di portare a termine gli impegni presi con l’Unione europea in materia di Pnrr. Ma non solo, per la prima volta dal post voto ci sarebbero delle di tensioni tra la leader di FdI e Palazzo Chigi.

Mario Draghi così, sempre stando a quanto riportato dall’Ansa, si è affrettato a precisare nel corso della cabina di regia a Palazzo Chigi che “non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”.

Il Governo ha adottato tutte le misure necessarie a favorire una efficace attuazione del Piano - ha aggiunto Draghi - Ora spetta ovviamente al prossimo governo continuare il lavoro di attuazione, e sono certo che sarà svolto con la stessa forza ed efficacia”.

Ma chi ha ragione tra Giorgia Meloni e Mario Draghi e, soprattutto, come sta messa l’Italia in materia Pnrr?

Pnrr: la situazione dell’Italia

Per l’Italia l’importo totale del Pnrr è di 191,5 miliardi, soldi questi che saranno elargiti dall’Unione europea se il nostro Paese dovesse rispettare un preciso cronoprogramma di impegni. Nel dettaglio, 122,6 miliardi sono prestiti mentre 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto.

In totale solo sei Paesi oltre all’Italia hanno richiesto i prestiti mentre tutti gli altri, tra cui i restanti big dell’Unione, si sono limitati solo a incassare le sovvenzioni.

In aggiunta il governo Draghi ha previsto anche un Piano nazionale per gli investimenti complementari, con risorse aggiuntive pari a 30,6 miliardi che si andranno a sommare ai fondi comunitari.

Al momento l’Italia ha ricevuto ad agosto 2021 24,9 miliardi di prefinanziamento, soldi questi che saranno restituiti scalando di volta in volta una parte delle varie rate, mentre ad aprile 2022 sono arrivati i 21 miliardi della prima rata: in teoria l’importo previsto era di 24,1 miliardi, ma come detto una parte è stata restituita a Bruxelles per ripagare il prefinanziamento.

La prima rata è stata erogata dall’Ue in quanto il governo Draghi è riuscito a centrare tutti i 51 obiettivi o risultati previsti dal Piano, così come l’esecutivo ormai prossimo all’addio è riuscito a soddisfare anche i 45 obiettivi o risultati della seconda rata: a breve è previsto l’ok definitivo di Bruxelles, con l’Italia che così dovrebbe ricevere a novembre altri 21 miliardi.

In totale l’Italia finora ha incassato grazie al Pnrr 45,9 miliardi ma, stando alla Nadef di recente approvata dal governo, è stato stimato che di questi soldi a disposizione entro la fine del 2022 il nostro Paese ne spenderà soltanto 20,5 miliardi, meno della metà.

Di conseguenza i fondi non utilizzati dovranno essere spesi nei prossimi quattro anni, con il governo Meloni che così avrà il compito di sbloccare in totale 170 miliardi, circa 42,5 miliardi l’anno dal 2023 al 2026.

Stando a quanto scritto nella Nadef, i motivi di questo ritardo sarebbero “gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche” e i “tempi di adattamento alle innovative procedure del Pnrr”, ovvero le immancabili lungaggini burocratiche che non sarebbero state ancora superate.

Chi ha ragione tra Meloni e Draghi?

Alla luce di questi numeri, Mario Draghi ha ragione nel sottolineare come tutti gli obiettivi e i risultati richiesti dall’Ue siano stati finora rispettati ma, visti i ritardi già accumulati nella spesa dei fondi arrivati, anche i timori di Giorgia Meloni in materia di Pnrr appaiono essere fondati.

Così ha scritto di recente il Sole 24 Ore a riguardo: “La premier in pectore non ha torto a essere preoccupata. Nella trattativa iniziale con Bruxelles, Draghi ha ottenuto per i primi due anni obiettivi legati alle riforme (impegnativi politicamente) e obiettivi facili (o secondari) collegati a investimenti, per garantirsi un decollo graduale”.

Insieme alla questione energetica e all’inflazione, senza dimenticare tutte le incognite della guerra in Ucraina, il Pnrr sarà una delle partite fondamentali che il prossimo governo sarà chiamato a giocare: Giorgia Meloni è ben coscia di cosa la aspetta visto che, mai come in questo momento, in gioco c’è il futuro dell’Italia che sta attraversando uno dei momenti più delicati della sua storia repubblicana.

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