Quali opportunità di investimento sui mercati oggi e nei prossimi mesi?

Renato Frolvi

14/10/2020

Gli investitori dovrebbero seguire l’evoluzione di alcune divergenze chiave che la fase di ripresa post Covid-19 sta evidenziando, al fine di sfruttare le opportunità attuali e monitorare le possibili rotazioni all’orizzonte.

Quali opportunità di investimento sui mercati oggi e nei prossimi mesi?

Nelle ultime settimane gli investitori stanno affrontando la crescente volatilità dei mercati azionari e i primi segnali di un calo dell’estrema compiacenza del mercato negli ultimi mesi.

Dopo il superamento dell’estate, i titoli di Big Tech (Facebook, Apple, Amazon, Google ecc.) hanno visto un recupero e alcune tensioni si sono materializzate anche nel segmento del credito High Yield degli Stati Uniti, mentre i mercati dei bond investment grade sono rimasti più o meno piatti nell’ultimo mese.

Non solo io, ma anche molti altri gestori di portafoglio si domandano che fine faranno tutte le masse ingenti di liquidità pompate dalle banche centrali in questi mesi, se cioè esse condurranno a una esplosione dell’inflazione tra 4 o 5 anni, oppure se provocheranno lo scoppio di una bolla speculativa sul credito e sulle azioni. Difficile dirlo per ora.

A livello di strategia d’investimento, ciò significa che gli investitori dovrebbero seguire l’evoluzione di alcune divergenze chiave che la fase di ripresa post Covid-19 sta evidenziando, al fine di sfruttare le opportunità attuali e monitorare le possibili rotazioni all’orizzonte.

1) Il distacco dei mercati dalla realtà

Il primo e più importante fenomeno di questi ultimi mesi è il distacco del mercato azionario dalla realtà economica: il sostegno politico dei governi e l’aiuto estremo della Fed, della BCE e delle altre banche centrali hanno convinto i mercati che la ripresa sarà accelerata, cioè con una sembianza di “V” pronunciata, e di questo ha beneficiato soprattutto il settore tecnologico, il settore della salute e quello farmaceutico.

L’incertezza sull’insorgenza di nuove restrizioni alla circolazione degli individui ha nuociuto in particolare a settori quali quello petrolifero, quello del turismo e quelle delle linee aeree che sono evidentemente legati a doppio filo all’eventuale ripresentarsi sulla scena economica mondiale di lockdown totali e prolungati nel tempo.

Non c’è dubbio però che eventuali storni dei listini, anche violenti, troveranno poi termine nell’intervento deciso delle unità di pronto soccorso finanziario: la Fed e la BCE. Infatti sono assolutamente certo che le banche centrali rimarranno sempre accomodanti.

Anche se questo provocherà nel tempo una anomalia: i mercati finanziari saranno sempre più affamati di liquidità. Vivranno come in una sorta di “tossicodipendenza” da Quantitative Easing (i.e. acquisto massiccio di titoli sul mercato e iniezioni di liquidità).

I mercati chiederanno sempre ulteriori accomodamenti, non accetteranno riduzioni o restrizioni, e la sete di QE sarà sempre crescente perché quello in essere non basterà più. Ma, c’è un ma: ulteriori aiuti delle banche centrali arriveranno solo se le condizioni peggioreranno materialmente, e non solo perché gli investitori lo desidereranno.

Ogni volta che le banche centrali non accontenteranno gli investitori e deluderanno i mercati nello loro decisioni di politica monetaria, ci saranno violente ripercussioni negative sugli indici azionari. Per fare un esempio, i mercati si comporteranno come quei bambini che piagnucolano al supermercato se la mamma non compra loro l’ennesimo giocattolo (avendo già la casa piena di giocattoli). Insomma, ogni volta che le banche centrali “accontenteranno” i mercati allora la bolla sul mercato azionario e quella su credito (le obbligazioni corporate) già attualmente in essere continueranno a gonfiarsi in maniera ordinata e inarrestabile. Le due bolle speculative menzionate scoppieranno se nel 2021 non si realizzerà quella forte crescita economica a livello mondiale che tutti si aspettano. E viceversa, queste bolle non faranno più paura se invece seguirà una spinta alla domanda interna e al commercio mondiale così potenti in termini reali da far confermare il rally azionario e quello dei corporate bond (cioè facendolo continuare).

Il 2021 sarà l’anno decisivo delle aspettative mancate (scenario negativo con inversione del trend) oppure delle aspettative confermate (continuazione del rally). Una certa volatilità è quindi già sulla carta in arrivo in autunno, quando la direzione dell’economia e, soprattutto, della pandemia saranno messe alla prova.

Indicazioni per gli investitori
Gli investitori dovrebbero quindi mantenere un atteggiamento prudente da qui alla fine dell’anno. La normalizzazione dell’economia non avverrà a breve, ci vuole tempo perché i consumi e gli investimenti riprendano i ritmi pre Covid-19, ma non mi aspetto una posizione di deciso rifiuto del rischio all’inizio dell’ anno prossimo. Il catalizzatore per il nuovo rialzo dei listini all’inizio del 2021 sarà la messa in produzione di un vaccino (o di vaccini) e la loro somministrazione alla popolazione.

In assenza di questo chiaro catalizzatore sarebbe invece difficile vedere un ulteriore aumento dei prezzi delle attività di rischio. Quindi da qui alla fine dell’anno gli investitori dovrebbero dare priorità alla liquidità e alla qualità degli assets. Da Gennaio si potrà scommettere invece su un nuovo rally se la produzione del vaccino entrerà a regime.

Cercare la liquidità e la qualità per le azioni significa scegliere società con capitalizzazioni di almeno 5 mld di euro o 5 mld di dollari, e con un business chiaro e trasparente perché ti permettono di entrare e uscire dalla posizione in maniera agevole.

Cercare la liquidità e la qualità per le obbligazioni significa privilegiare emissioni private con almeno 500M/750M di size, così da trovare sempre compratori in caso di uscita dal titolo e che siano obbligazioni con un chiaro rapporto debito netto/EBITDA. Ma anche con un rating al di sopra di ogni sospetto (almeno BBB).

Certo, bisogna esplorare le opportunità di valore relativo anche su azioni a basso flottante, ma così facendo bisogna accettarne la volatilità e i crolli repentini e violenti in caso di storno. Bisogna cioè accettare che le bolle, quando scoppiano, colpiscono in maniera più violenta le azioni a piccola capitalizzazione che non Apple, Amazon oppure Google.

2) Le storture del debito corporate

Una seconda divergenza tra realtà e prezzi che vediamo è nel mondo del credito, cioè delle obbligazioni di emittenti privati.
Dopo una prima ondata di svendite folli e indistinte all’inizio della crisi (Marzo–Aprile) quando non si riusciva a vendere carta con scadenza a 2 mesi o rating A a prezzi decenti, il successivo rimbalzo è stato fin troppo duraturo, e ha innescato un restringimento degli spread indistinto e non selettivo, perché ha interessato sia le aziende di qualità che saranno in grado di affrontare la crisi e sia quelle aziende più indebitate e scarsamente profittevoli.

Non è difficile trovare oggi debitori con rating BB emettere all’1,5% a 3 anni o 4 anni oppure al 2% a 7 anni. Troppo poco. Ma noi asset manager siamo purtroppo schiavi della fame di rendimenti positivi. E ci accontentiamo di quello che il mercato offre: non c’è nulla da fare. L’alternativa sono i titoli di stato, ma la situazione peggiora sensibilmente per chi è alla ricerca di rendimento: sui bond governativi, con le paure deflazionistiche che abbondano e le banche centrali altamente accomodanti, i rendimenti sono destinati a rimanere depressi per un lungo periodo (al 14 ottobre, il BTP italiano a 10 anni è sceso oramai a 0,64% e fino alle durate di 4 anni i BTP hanno addirittura rendimento negativo).

Anzi, si potrebbe dire che si chiude un’era: le scommesse irrazionali sull’uscita dell’Italia dall’euro hanno sempre creato crolli dei prezzi, rialzi dei rendimenti e quindi occasioni di ingresso formidabili sui BTP. Ma adesso? Non ci sono più spazi di acquisto profittevoli: solo ad aprile il BTP 10y rendeva 2,15% e vederlo sotto lo 0,70% ora mi fa pensare che sia addirittura troppo “caro”. Dopo la nascita del Recovery Fund e del debito condiviso è impossibile che si ritorni alla lira.
Persino il Prof. Bagnai e l’On. Borghi ora restano ammutoliti di fronte a una eventuale uscita dell’Italia dall’euro. Il rally favoloso dei governativi italiani è finito secondo me. Quanto a rendimenti, ora resteremo fermi per un bel po’ dove siamo.
Il mercato governativo italiano non si muoverà granché con “Santa” BCE che continua a comprare il nostro debito per almeno altri 2 anni.

Ripeto: è un dato di fatto che la lunga stagione degli affari d’oro per chi ha investito sui titoli di stato italiani, iniziata ben 8 anni fa a luglio del 2012, quando il BTP decennale rendeva il 6%, è oramai giunta al termine definitivamente.

Indicazioni per gli investitori
La ricerca del rendimento continuerà, ma a questo punto del ciclo, con possibili default in aumento nel comparto HY, ribadiamo l’importanza di essere altamente selettivi e di non compromettere la qualità e la liquidità delle obbligazioni in portafoglio.

Questo perché, mentre il dislivello tra domanda e offerta rimane forte a favore della domanda grazie al supporto delle banche centrali, i fondamentali dei debitori High Yield rimangono ancora deboli. Vedo opportunità in debitori Inv.Grade della zona BBB.

Vedo valore anche nel debito ibrido/subordinato delle assicurazioni italiane e delle banche italiane di maggior qualità. Il motivo? La risalita dei prezzi dei BTP favorirà un miglioramento delle Solvency Ratio e dei coefficienti Tier1 rispettivamente delle assicurazioni e delle banche nostrane (che hanno molti BTP in portafoglio) e quindi un miglioramento della qualità della carta subordinata di questi emittenti.

Nel mondo High Yield, gli investitori dovrebbero essere prudenti su nomi e settori a più alto rischio (consumatori, ciclici, finanziari).

3) La lunga marcia della Cina

La lunga marcia della Cina come prima super-potenza mondiale è solo iniziata. La crisi da pandemia l’ha resa più forte, mentre ha indebolito il resto del mondo.
Con un’incertezza ancora elevata sull’evoluzione del ciclo in Europa e negli USA, la Cina sta emergendo come motore della crescita. E la sua economia sta diventando sempre più dipendente dai consumi domestici e sempre meno dall’export verso i mercati internazionali.

I recenti dati economici cinesi consentono di continuare la «narrazione epica» della ripresa, con il pendolo che si sposta anche verso alcuni paesi asiatici (Corea, Taiwan).

La forza della Cina è alla base dell’appetito per le obbligazioni EM (Emerging Markets) selettive, le azioni EM e anche le valute EM. Questo modello si è tradotto in un rafforzamento dello Yuan e nella sovraperformance delle sole azioni europee che hanno un’elevata esposizione di vendita verso la Cina rispetto al resto delle azioni europee non Cina-Oriented.
Il predominio emergente degli asset cinesi o degli asset esposti alla crescita della Cina durerà probabilmente nel tempo.

4) Il Green in primo piano

Le tematiche relative agli investimenti Green continueranno a farla da padrone nei prossimi anni. L’ESG continuerà ad avere un ruolo di primo piano, perché la sensibilità dei risparmiatori verso tematiche relative alla salvaguardia dell’ambiente, alla riduzione dell’inquinamento, alla promozione di energia “pulita” e l’abbandono dei combustibili fossili è sicuramente destinata ad aumentare, man mano che i disastri ambientali occuperanno sempre più le prime pagine dei giornali.

Nel complesso, la tendenza crescente verso l’adozione di standard produttivi sempre più “verdi”, così come le migliori politiche nello spazio sociale tendenti a ridurre le disuguaglianze sociali e a favorire l’assistenza alle classi sociali meno abbienti, dovrebbe andare a beneficio di quelle aziende in grado di migliorare il loro profilo in questo settore, e gli investitori probabilmente le ricompenseranno.

In conclusione, i mercati stanno valutando un ambiente deflazionistico (in area euro ci siamo già e negli USA potrebbe arrivare agli inizi del 2021 se il petrolio mantiene questo basso profilo e se il recupero dell’occupazione avrà un ritmo più lento del previsto).

Indicazioni per gli investitori
In questo contesto l’Equity e i beni reali sono assolutamente l’asset da preferire in un’ottica di medio termine, semplicemente perché i dividendi azionari vengono scontati a tassi “risk-free” pressoché nulli e producono valori prospettici per i prezzi azionari sempre migliori, cioè target-price sempre crescenti. Non c’è alternativa all’equity in un contesto deflazionistico quale quello attuale. I mercati infatti sanno che le politiche monetarie espansive son o qui per rimanere per anni, se non un intero decennio.

Nel breve periodo (da qui a fine anno) uno storno dei mercati che sono in cerca di capire l’estensione e la gravità del crollo dei consumi e dell’occupazione è molto probabile. Ma il 2021 dovrebbe essere un anno formidabile per i listini azionari se si avvera l’ipotesi di base di cui alle pagine precedenti: la diffusione dei vaccini anti-Covid19 su larga scala.

È mia personale opinione che, passata la bufera del Covid-19 (si spera con la diffusione di vaccini veramente efficaci nella primavera/estate del 2021) le politiche monetarie e fiscali poderose messe in atto dalle banche centrali e dai governi potrebbero produrre almeno un triennio di crescita positiva (con tassi a zero in maniera persistente) e quindi portare altrettanti rally azionari per le aziende che sono leader nel loro settore, che hanno bassi debiti e che hanno manager formidabili in grado di cavalcare le sfide tecnologiche che il secondo decennio del terzo millennio pone loro.

Infatti, per i prossimi 12-18 mesi è troppo presto per pensare allo scoppio dell’inflazione (che si renderà inevitabile fra 2 o 3 anni dopo un «pompaggio» di moneta così poderoso, anche perché il prezzo del petrolio è destinato a rimanere depresso per un lungo periodo di tempo visti i bassi consumi e vista la crescente conversione verso le energie rinnovabili e pulite.

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