Mario Vanacore, chi è, che lavoro fa e perché è sospettato per il delitto di via Poma

Luna Luciano

06/01/2024

12/01/2024 - 15:08

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Chi è Mario Vanacore, l’uomo sospettato di essere il killer di via Poma che nell’estate del 1990 uccise Simonetta Cesaroni? Ecco chi è, cosa fa oggi e l’ipotesi dei Carabinieri che non convince il Pm

Mario Vanacore, chi è, che lavoro fa e perché è sospettato per il delitto di via Poma

Sarebbe stato Mario Vanacore l’assassino di via Poma, che il 7 agosto 1990 avrebbe ucciso con 29 coltellate Simonetta Cesaroni. A scriverlo, nero su bianco, sono i Carabinieri di Piazzale Clodio, che negli ultimi due anni hanno indagato sull’omicidio.

Si riapre quindi uno dei cold case più famosi d’Italia - noto per la sua efferatezza - di cui non si conobbe mai il colpevole.

Secondo le risultanze di un’inchiesta sul delitto di Via Poma, avviata attorno al 2021 su istanza degli avvocati della famiglia Cesaroni, a uccidere Simonetta sarebbe stato quindi Mario Vanacore, figlio del portiere Pietrino Vanacore - a sua volta indagato - dello stabile nel quartiere Prati a Roma, dove la ventenne lavorava come segretaria negli uffici degli ostelli della gioventù.

Eppure la ricostruzione non convince la Pm che ha richiesto l’archiviazione. È opportuno fare luce sulle indagini: ecco chi è Mario Vanacore e perché è stato sospettato.

Mario Vanacore, chi è e che lavoro fa oggi

La pista della nuova inchiesta sul delitto di Simonetta Cesaroni porterebbe ancora una volta alla famiglia Vanacore, ma questa volte a Mario, figlio di Pietrino Vanacore, portiere dello stabile e primo uomo a essere indagato per l’omicidio, fermato appena tre giorni dopo l’accaduto e rilasciato in seguito.

Mario Vanacore, imprenditore, all’epoca del delitto era residente a Torino, ma proprio il 7 agosto 1990 si trovava nella Capitale, con la moglie e la figlia di due anni, per far visita al padre e alla matrigna Giuseppa de Luca.

Sarebbe stato Mario Vanacore con la sorella di Simonetta Cesaroni, Paola, il fidanzato Antonello Barone, il datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi e suo figlio, a rinvenire il corpo di Simonetta. Ma ad attirare fin da subito le attenzioni dei Carabinieri sarebbero stati gli atteggiamenti di Giuseppa e Pietro Vanacore, primo sospettato poi arrestato e rilasciato.

Sul padre di Mario Vanacore avrebbe pesato l’assenza durante l’ora presunta del delitto; l’acquisto di una smerigliatrice e una macchia di sangue, salvo poi scoprire che le tracce di sangue erano dello stesso Vanacore. Pietro morirà suicida nel 2010, prima di testimoniare nel processo Cesaroni contro l’allora fidanzato della vittima, Raniero Busco, lasciando un messaggio: “20 anni di sofferenze e sospetti ti portano al suicidio”.

Ancora afflitto per la perdita del padre, Mario Vanacore tutt’oggi vive a Torino, dove è titolare di un’azienda, è sposato e ha una figlia.

Mario Vanacore, perché è sospettato dell’omicidio di Simonetta Cesaroni: le ricostruzioni

È una pista inedita quella tratteggiata dai Carabinieri di piazzale Clodio che negli ultimi due anni hanno indagato sul delitto di via Poma. Stando all’ultima pista a uccidere Simonetta Cesaroni sarebbe Mario Vanacore.

In base all’ipotesi dei carabinieri, Mario Vanacore si sarebbe recato presso gli uffici degli ostelli, utilizzando le chiavi dei genitori, “per effettuare gratuitamente delle telefonate interurbane a Torino”. Una volta negli uffici di via Poma, avrebbe sorpreso Simonetta Cesaroni da sola nel pomeriggio del 7 agosto 1990.

Trovatosi davanti alla ragazza, Mario Vanacore avrebbe tentato un approccio sessuale, al rifiuto l’avrebbe trascinata, “verosimilmente sotto minaccia”, nella stanza del direttore – dove fu rinvenuto il suo corpo – tentando di usarle violenza sessuale.

Sarebbe quindi nata una colluttazione, mentre Simonetta colpiva e feriva Vanacore con la presunta arma del delitto, Vanacore stesso avrebbe reagito “sferrandole un violento colpo al viso” stordendola. A questo punto Vanacore avrebbe impugnato l’arma del delitto e a cavalcioni sulla ragazza l’avrebbe colpita ventinove volte.

Nella fuga Mario Vanacore avrebbe lasciato le proprie tracce di sangue sul telefono e su una maniglia e la propria rubrica telefonica poi ritrovata dalla polizia. A questo punto, stando sempre al dossier dei Carabinieri, sarebbero intervenuti Pietrino e Giuseppa, coprendo il figlio e depistando le indagini.

Omicidio Simonetta Cesaroni: la teoria dei Carabinieri non convince la Pm

La ricostruzione della dinamica dell’omicidio, però, non ha convinto la pm Gianfederica Dito. Infatti già il 13 dicembre 2023 i magistrati della procura di Roma avrebbero richiesto l’archiviazione dell’inchiesta sul delitto di via Poma aperto due anni fa in seguito a un esposto della famiglia della vittima.

La ricostruzione, infatti, è stata valutata da Dito, che ne chiede l’archiviazione, come fondata su una serie di ipotesi e suggestioni, in “assenza di elementi concreti di natura quantomeno indiziaria”, non consentendo di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato

Insomma ci si trova ancora una volta di fronte a un’accusa senza prove, dopo quelle mosse contro Pietro Vanacore, il datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi, il nipote di un condomino del palazzo, Federico Valle, e il fidanzato della 20enne, Raniero Busco.

Intanto Mario Vanacore, raccontandosi in un’intervista su La Stampa, ha dichiarato che procederà per vie legali per reato di calunnia e diffamazione, ricordando come questo delitto abbia colpito e stravolto la vita della famiglia Cesaroni, la sua e delle altre persone indagate e prosciolte: “ La nostra vita è segnata. Viviamo con questa spada di Damocle sulla testa. Il 9 marzo 2010 mio padre si è suicidato”. E ancora ha ricordato certe incongruenze come l’agenda telefonica del padre, consegnata alla famiglia Cesaroni e mai più ritrovata.

E mentre uno dei più famosi casi di cronaca nera rimane aperto, è opportuno ricordare le parole di Luciano Garofano, ex comandante del Ris, reparto investi scientifiche dei carabinieri: non è mai esiste il delitto perfetto, ma esistono purtroppo indagini imperfette, come quelle dell’omicidio in via Poma. Impossibile ignorare il perso e la pressione dei media e dell’opinione pubblica che spinsero affinché il caso si risolvesse in fretta, facendo sbagli, allestendo processi mediatici, ancor prima di avere le prove.

Forse con le tecnologie di oggi il caso sarebbe stato risolto prima, come suggerivano alcuni investigatori che hanno lavorato recentemente sul caso, ricordando che si può giungere all’identità dell’omicida solo con prove concrete e non ipotesi e ricostruzioni. Ciò che è sicuro a oggi è solo una cosa: l’assassino di Simonetta Cesaroni è ancora impunito.

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