La pensione minima spetta sempre con 20 anni di contributi versati?

Lorenzo Rubini

26 Ottobre 2022 - 18:30

La pensione minima non spetta automaticamente a tutti quelli che vanno in pensione a 67 anni con 20 anni di contributi versati.

La pensione minima spetta sempre con 20 anni di contributi versati?

Molte volte si fa confusione su quella che è la pensione minima. In molti credono che si tratti della pensione che spetta al compimento dei 67 anni in presenza di 20 anni di contributi versati, ma in realtà non è così. Quando si parla di pensione minima, infatti, ci si riferisce all’integrazione al trattamento minimo che lo Stato riconosce, in presenza di determinati requisiti reddituali, ai pensionati con importo mensile inferiore ai 525 euro.

Rispondiamo ad un lettore di Money.it che ci scrive:

Buonasera.
Volevo delle delucidazioni in merito a chi va in pensione con 20 anni di contributi: età e se è vero che l’ammontare mensile corrisponderebbe allo stesso della pensione minima.
Grazie.

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Pensione minima, ma non per tutti

L’ammontare della pensione minima è di 525 euro. Si tratta di una integrazione che è riconosciuta solo a chi ricade nel sistema di calcolo misto. Ovvero coloro che hanno versato contributi anche prima del 1996 e che non hanno optato per un computo nella Gestione Separata INPS. Per averne diritto, inoltre, è necessario anche rispettare determinati requisiti reddituali.

Non è detto, quindi, che chi va in pensione con 20 anni di contributi a 67 anni abbia diritto alla pensione di 525 euro mensili. L’importo, ad esempio, potrebbe essere più basso nel caso che il pensionato ricada nel sistema contributivo puro o, anche, in quello in cui i limiti di reddito propri e coniugali siano più alti di quelli stabiliti annualmente dalla legge.

Ma l’importo potrebbe essere anche più alto se i contributi versati sono stati particolarmente elevati. Quello che bisogna comprendere, infatti, è che l’importo di una pensione non è basato solo sugli anni di contributi versati, ma anche su altri fattori determinanti. Come, ad esempio, l’età di accesso (anche se nel caso della pensione di vecchiaia è sempre di 67 anni). O, ancora, le retribuzioni percepite dal lavoratore nel corso degli anni di lavoro. Perché è proprio sulla retribuzione che si calcolano i contributi che, mensilmente, il datore di lavoro versa e che andranno a costituire il montante contributivo su cui si calcola il futuro assegno di pensione.

E chiaro, infatti, che un lavoratore con stipendio di 1.000 euro mensili che lavora 20 anni non potrà percepire la stessa pensione che prenderà un altro lavoratore che, pur avendo lavorato sempre 20 anni, ha sempre avuto una retribuzione di 3.000 euro al mese. I contributi versati, nel secondo caso, sono tre volte tanti e, molto probabilmente, anche la pensione sarà più alta di circa 3 volte.

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