Il prossimo shock per l’economia globale arriverà dalla natalità

Violetta Silvestri

22/03/2024

22/03/2024 - 12:04

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Un nuovo studio fa luce sull’impatto del calo del tasso di natalità mondiale nei prossimi 25 anni: il cambiamento sarà impattante, con un probabile shock per tutta l’economia globale.

Il prossimo shock per l’economia globale arriverà dalla natalità

Un nuovo studio conferma quanto già temuto da tempo: lo shock demografico colpirà l’economia mondiale nei prossimi decenni.

Il brusco calo delle nascite è destinato a innescare un cambiamento epocale e inarrestabile delle società nei prossimi 25 anni, con inevitabili ripercussioni sull’economia globale.

Entro il 2050, si prevede che tre quarti dei Paesi a livello mondiale scenderanno al di sotto del tasso di natalità di sostituzione della popolazione di 2,1 bambini per donna, secondo una ricerca pubblicata pochi giorni fa sulla rivista scientifica The Lancet.

Questo panorama demografico in rivoluzione avrà “profondi” impatti sociali, economici, ambientali e geopolitici, affermano gli autori del rapporto. Quello che si prevede è uno dei più grandi shock per l’economia globale, che la politica è chiamata con urgenza a sfidare.

La rivoluzione demografica cambierà il mondo. L’allarme

49 Paesi – principalmente nelle regioni a basso reddito dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia – saranno i responsabili della maggior parte delle nuove nascite nei prossimi 25 anni. In più, entro il 2100, si prevede che solo sei nazioni avranno tassi di natalità in grado di sostituire la popolazione: gli Stati africani di Ciad, Niger e Tonga, le isole del Pacifico di Samoa e Tonga e il Tagikistan dell’Asia centrale.

“Le tendenze future nei tassi di fertilità e nelle nascite propagheranno cambiamenti nelle dinamiche della popolazione globale, determinando cambiamenti nelle relazioni internazionali e nell’ambiente geopolitico, ed evidenziando nuove sfide nella migrazione e nelle reti di assistenza globali”, hanno scritto gli autori del rapporto nelle loro conclusioni.

Lo studio, finanziato dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, non ha fornito cifre specifiche sull’impatto economico specifico dei cambiamenti demografici. Tuttavia, ha evidenziato una divergenza tra i Paesi ad alto reddito, dove i tassi di natalità sono in costante calo, e quelli a basso reddito, dove continuano ad aumentare.

Dal 1950 al 2021, il tasso di fertilità totale globale (TFR) – o il numero medio di bambini nati da una donna – si è più che dimezzato, scendendo da 4,84 a 2,23, con molti Stati diventati più ricchi dove le donne hanno avuto meno bambini. Questa tendenza è stata esacerbata dai cambiamenti sociali, come l’aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro, e da misure politiche tra cui quella cinese del figlio unico.

Dal 2050 al 2100, il tasso di fertilità globale totale è destinato a scendere ulteriormente da 1,83 a 1,59. Il tasso di sostituzione – o il numero di figli che una coppia dovrebbe avere per sostituirsi – è pari a 2,1 nella maggior parte dei Paesi sviluppati.

Ciò avviene anche se si prevede che la popolazione globale crescerà dagli attuali 8 miliardi a 9,7 miliardi entro il 2050, prima di raggiungere un picco di circa 10,4 miliardi a metà degli anni 2080, secondo le Nazioni Unite.

Uno shock economico è in arrivo

La riflessione sull’andamento demografico tocca diversi aspetti. Molte economie avanzate hanno già tassi di fertilità ben al di sotto di quello di sostituzione. Entro la metà del secolo, questa categoria includerà le principali economie Cina e India, con il tasso di natalità della Corea del Sud classificato come il più basso a livello globale pari a 0,82.

Nel frattempo, si prevede che i Paesi a basso reddito vedranno la loro quota di nuove nascite quasi raddoppiare, passando dal 18% nel 2021 al 35% entro il 2100. Entro la fine del secolo, nell’Africa subsahariana si registrerà la metà di tutte le nuove nascite nel mondo.

Christopher Murray, autore principale del rapporto e direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation ha affermato che ciò potrebbe portare i Paesi più poveri a una “posizione più forte” per negoziare politiche migratorie più etiche ed eque (una leva che potrebbe diventare importante man mano che le nazioni diventano anche sempre più esposte agli effetti del cambiamento climatico).

Nel frattempo, la contrazione della forza lavoro nelle economie avanzate richiederà un intervento politico e fiscale significativo, anche se i progressi tecnologici forniranno potenzialmente un certo supporto.

“Mentre la forza lavoro diminuisce, la dimensione totale dell’economia tenderà a calare anche se la produzione per lavoratore rimane la stessa. In assenza di politiche migratorie liberali, queste nazioni dovranno affrontare molte sfide”, ha ricordato Murray.

“L’intelligenza artificiale (intelligenza artificiale) e la robotica potrebbero diminuire l’impatto economico del calo della forza lavoro, ma alcuni settori come quello immobiliare continuerebbero a essere fortemente colpiti”, ha aggiunto.

Al tutto si aggiungono anche i prevedibili sconvolgimenti a livello di conti pubblici, con maggiori oneri per l’assistenza agli anziani, per le pensioni non supportati da una sufficiente quantità di giovani lavoratori.

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