George Soros finanzia le manifestazioni anti Israele, la teoria spiegata

Giorgia Bonamoneta

04/05/2024

George Soros, il re (involontario) dei complotti, torna a essere il protagonista della narrazione delle proteste pro-Palestina nelle università Usa. La teoria spiegata.

George Soros finanzia le manifestazioni anti Israele, la teoria spiegata

Dietro a ogni grande cambiamento deve esserci una forza oscura. Secondo molte delle teorie del complotto, la società non è in grado di auto-regolarsi, le persone non hanno una spinta interna e i movimenti non tendono a protestare contro le ingiustizie o per un’istanza perché consapevoli. No, dietro c’è George Soros o, a scelta, un altro ricco imprenditore, magnate, filantropo (meglio se ebreo).

Così anche le manifestazioni nelle università americane pro-Palestina o le marce di protesta contro il genocidio della popolazione palestinese non nascono da una volontà collettiva di non stare dalla parte sbagliata della storia, ma sono collegate a qualche personaggio controverso. A darne notizia è, in questo caso, il New York Post che ha esaminato i registri della fondazione di Soros e scoperto una rete di sovvenzioni che, per usare le parole (decisamente non neutre) del giornale, sponsorizzano organizzazioni no profit che “giustificano i sanguinosi attacchi del 7 ottobre”.

Insomma sì, la Fondazione di George Soros finanzia gruppi no profit che, tra le altre cose, stanno organizzando manifestazioni non anti-Israle, ma anti-genocidio. Il punto di vista dello scoop è però contro Soros e prova a disegnare nuovamente l’immagine del “burattinaio di Gerusalemme” sulle spalle del miliardario, ma fallisce. Basta scorrere la lista delle associazioni e dei gruppi finanziati per capire che sono non anti-Israele, ma contro la guerra. In questa narrazione quindi Soros non è il finanziatore dell’antisemitismo, come sempre più spesso si sta cercando di descrivere i movimenti contro il sionismo militare e genocidiario di Israele, ma un dispensatore di fondi per dare voce a chi chiede la fine della scia di sangue.

La teoria del complotto è però più semplice da accettare e Soros è un bersaglio facile, perché è sempre stato un personaggi ambiguo.

Chi è George Soros?

George Soros è il colpevole di ogni dramma, spesso nato online. Ci sono migliaia di discussioni su Reddit che hanno come tema “Conspiracy” e uno degli uomini più ricchi del mondo. Come è accaduto?

Soros è nato a Budapest da una famiglia ebraica. Durante l’occupazione nazista dell’Ungheria la sua famiglia riuscì a ottenere dei documenti che li identificavano come cristiani. Nel 1947 emigrò nel Regno Unito e studiò Economia. Da qui ha inizio la sua carriera finanziaria.

Scavare nella vita di Soros sarebbe impossibile in questo spazio, ma basti sapere che divenne molto ricco grazie a investimenti e speculazioni monetarie. Furono proprio le azioni contro la sterlina inglese e la lira italiana a far crescere l’idea che fosse un burattinaio capace di controllare il buono e il cattivo tempo di uno Stato. Il coinvolgimento nella politica e l’interesse verso i diritti fece il resto. Così Soros può essere tanto un burattinaio di crisi, quanto l’ideatore del politicamente corretto, essere a capo di un Nuovo ordine mondiale e il finanziatore di movimenti per la pace. Gli ambienti complottisti hanno trovato in lui la figura perfetta da accusare di tutto.

Il sostenitore di Israele o di Hamas? La teoria del complotto dietro le donazioni

C’è chi dice che Soros stia sostenendo le proteste pro-Palestina per spostare l’attenzione dal genocidio che sta commettendo Israele; e c’è chi sostiene invece che sia pro-Hamas, come i gruppi che stanno occupando le università Usa. Solitamente c’è un fondo di verità in ogni teoria del complotto e anche in questo caso è così. Andiamo con ordine.

George Soros ha una fondazione, ovvero la Open Society Foundation. I registri di questa sono stati analizzati dal New York Post, che ha scoperto come dal 2016 il filantropo abbia donato 15 milioni di dollari ai gruppi che sono apertamente contro il genocidio e per i diritti dei palestinesi. Il New York Post, per essere del tutto trasparenti, scrive che:

i fondi sono nelle mani dei gruppi dietro le proteste filo-palestinesi, dove i manifestanti hanno apertamente applaudito i vili attacchi terroristici dei militanti di Hamas contro Israele.

Il punto di vista che esprime questa frase racconta molto del resto dell’inchiesta che vuole svelare un qualche gioco di potere di Soros dietro alle donazione, che invece hanno fornito la base economica per la salvaguardia dei diritti umani dei cittadini palestinesi, schiacciati da Israele in diverse e ormai provate azioni di colonialismo violento. Il punto di vista, appunto.

Soros dona quindi a Tides Center, un gruppo di sinistra (che il giornale dice essere a favore di Hamas, ma che in realtà porta alla luce le storie di violenza della popolazione palestinese vittima di Israele). Questo gruppo è a capo di una serie di progetti, come quello Adalah Justice Project, che il 7 ottobre (scrive il giornale) ha pubblicato la foto dei bulldozer che abbattevano la recinzione di confine israeliana e scrivevano come non si può recintare 2 milioni di persone in una prigione a cielo aperto.

Nulla di sbagliato, giusto? Ci sono decenni di storie che raccontano questa violenza da parte dello Stato di Israele. Ma ancora una volta il New York Post ha la voce del complotto (e del sionismo) quando sceglie di usare alcune parole e vuole far passare così i manifestanti pro-Pal come dei mostri a favore della violenza e non delle persone contro una guerra genocidiaria.

Si potrebbe continuare a lungo, citando tutti i gruppi sostenuti economicamente che nel tempo hanno detto di non condannare Hamas (perché dietro il 7 ottobre c’è un mondo che non possiamo scegliere di ignorare per accettare la storia del “diritto alla difesa di Israele”) ma sarebbero lungo e tedioso spiegare quello che si può riassumere così: Soros non finanzia proteste anti-Israele, perché non esistono.

George Soros, con la sua fondazione, sostiene gruppi per i diritti umani, gli stessi che in questi giorni hanno messo corpo e voce nelle università americane per chiedere la fine della violenza dell’esercito (e purtroppo di parte della popolazione, che abbiamo visto bloccare gli aiuti umanitari, armarsi contro i palestinesi e ballare a ritmo di musica sulle morti - anche dei bambini - e pubblicare i video sui social) israeliano nell’indifferenza dei governi.

Complotto? No, si tratta di sostenere il lavoro di associazioni per i diritti delle minoranze arabe in Israele. La Famiglia Soros non ha risposto a queste ennesime accuse, ma non ha neanche smesso di finanziare i gruppi pro-Pal.


Le prove del complotto? Solo se si vive nei forum

Chi ci dice che è tutto un complotto anti-Israele? Non sorprende leggere le recenti dichiarazioni del ministro israeliano Amichai Chikli sulle proteste alla Columbia University. “Possiamo vedere i ’piccoli Soros’, ebrei che collaborano con i sostenitori del Hamas”, dice. Soros, non a caso, è stato definito uno dei più grandi nemici del sionismo e del popolo ebraico, che lavora contro la memoria dell’Olocausto e la definizione di antisemitismo.

Un bel pasticcio di teoria, ma i ministri israeliani da tempo fanno dichiarazioni sopra le righe. Abbiamo già spiegato perché si parla di anti-sionismo e non anti-semitismo nel dibattito pubblico contro il genocidio palestinese - e chiunque è contro i fascismi dovrebbe ormai conoscere la differenza - ma è interessante anche la critica contro la memoria dell’Olocausto. Ricordiamo, a tale scopo, le parole di Benjamin Netanyahu (molto criticato dagli storici, anche in patria) che ha dato la colpa ai palestinesi di aver manipolato e convinto Hitler a iniziare la deportazione e l’uccisione di milioni di ebrei. Soros è per Israele quello che è già stato per l’Ungheria: un potente ricco da accusare per ogni problema interno e per spostare così l’attenzione altrove.

Passiamo al complotto, alle presunte prove di questo. Iniziamo dalle tende tutte della stessa marca. No, non sono una prova. Un complotto ben organizzato non cade certo su questi dettagli. Provate a girare in un campeggio in Italia, la maggior parte delle tende è di Decathlon. Complotto? No, costano poco. Inoltre basta osservare le foto degli accampamenti degli studenti per notare tanti colori, forme e marche diverse.

Anche l’organizzazione degli studenti, che hanno pensato a spazi di lettura, cinema all’aperto e altre attività non indicano certo un complotto in corso, quanto più mesi di organizzazione. Chi bazzica gli ambienti dei collettivi lo sa bene quanto impegno c’è nell’organizzazione affinché occupazioni e manifestazioni siano accessibili a tutte le persone. Più che complotto... è rispetto.

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