«Niente gas e petrolio per l’Ue». L’America ci scarica, Draghi ha ringraziato Blinken?

Mauro Bottarelli

15/09/2022

15/09/2022 - 17:00

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Il Financial Times rilancia con grande enfasi il diniego dei produttori Usa per extra-forniture verso l’Europa, aggravante letale allo status di ostaggio energetico. Il premier ha qualcosa da dire?

«Niente gas e petrolio per l’Ue». L’America ci scarica, Draghi ha ringraziato Blinken?

Ogni uomo ha le sue priorità. E così anche i governi. Quella dell’esecutivo italiano pare essere ottenere chiarimenti dagli Usa sui fantomatici 300 milioni russi per destabilizzare i governi esteri che gli 007 d’Oltreoceano avrebbero tracciato negli ultimi otto anni. Casualmente, comunicandone l’esistenza a 12 giorni da volto legislativo in Italia.

Casualità, appunto. Ma talmente in grado di generare un terremoto politico da aver spinto Mario Draghi ad alzare il telefono e parlarne direttamente con Antony Blinken, il segretario di Stato Usa.

Come riportato dai media, la chiamata avrebbe avuto anche una seconda priorità di argomento: l’emergenza energetica, punto dolente nell’agenda politica di Roma. La quale, comunque, nella volontà delle due parti non si tradurrà in qualcosa che permetta a Vladimir Putin di dividere Italia e Stati Uniti. Applausi in sala, titoli di coda e dissolvenza.

Perché il gergo cinematografico? Perché a meno di una clamorosa cantonata presa dal Financial Times, quotidiano però non particolarmente avvezzo a inciampi deontologici, la ricostruzione dell’idilliaco clima fra le due sponde dell’Atlantico sarebbe nulla più che un film. Nemmeno particolarmente riuscito. Anzi, se visto con gli occhi dello spettatore di casa nostra e dall’angolazione di bollette stratosferiche, un vero e proprio horror. Il quotidiano della City, infatti, non più tardi di ieri ha rilanciato questa notizia,

la quale - alla luce del fallimento totale della strategia energetica europea, involontariamente confermato da Ursula Von der Leyen nel suo bel discorsetto a Strasburgo - si configura come una potenziale condanna dell’Europa al ruolo di ostaggio perenne. E a forte rischio di un tracollo economico e sociale nei mesi invernali.

L’industria shale statunitense, infatti, ha avvisato chiaramente le autorità dell’impossibilità di extra-fornitura di petrolio e gas liquefatto che operino da bailout energetico del Vecchio Continente questo inverno. Di fatto, l’America della chimera LNG che questa primavera aveva generato l’illusione di un affrancamento immediato e indolore da Gazprom ha appena voltato clamorosamente le spalle all’Europa. E nel momento peggiore, in pieno stop dei flussi da Mosca e con i prezzi sullo spot market tornati a salire. E che hanno già generato rischi di margin calls per le utilities, tali da obbligare almeno quattro governi europei a intervenire con salvataggi miliardari.

Insomma, sedotti e abbandonati. Sapientemente. Perché ora l’Europa appare davvero senza alternative strutturali, se non quelle di un mercato a valutazioni ingestibili per le aziende. La nostra produzione è quella che è, gli Stati Uniti non possono decidere dalla sera alla mattina di pompare forniture in più, ha dichiarato Wil VanLoh, numero uno del gruppo di private equity Quantum Energy Partners, uno dei maggiori investitori nel comparto shale. Salvo poi, abbandonare ogni tono minimamente diplomatico: Non c’è nessun salvataggio in arrivo per l’Europa, né per quanto riguarda il petrolio, né per il gas.

Le risate di Vladimir Putin si odono nitide. Anche perché, come da tradizione, gli Stati Uniti - una volta ottenuto lo scopo - non si fanno remore nel dire in faccia le cose come stanno: Gli investitori nel ramo dello shale che operano a Wall Street non daranno mai la benedizione verso grossi aumenti della produzione, poiché puntano ovviamente su un modello di bassa produzione che genera alti profitti, ha confermato Ben Dell, CeO del gruppo di private equity Kimmeridge Energy, al Financial Times.

E per chi ancora pensasse che ogni presa d’atto del legittimo quanto decisamente scorretto atteggiamento degli USA sia solo frutto della propaganda filo-putiniana, ecco che queste due immagini

Impatto sul Pil di vari Paesi dei tre shock energetici (1974, 1979 e 2022) Impatto sul Pil di vari Paesi dei tre shock energetici (1974, 1979 e 2022) Fonte: Financial Times
Controvalore in miliardi di dollari delle emissioni globali di bond ESG Controvalore in miliardi di dollari delle emissioni globali di bond ESG Fonte: Bloomberg

potrebbero costringere anche i russofobi più incalliti a dover giocoforza rivedere le proprie convinzioni. Se infatti gli Stati Uniti hanno patito impatto zero sul loro Pil dalla crisi energetica attuale, ecco che Germania, Italia, Grecia e Spagna hanno già pagato alla contrapposizioni con Mosca un conto molto più salato di quello delle crisi energetiche del 1974 e 1979. Ma non basta, perché la seconda immagine ci mostra come le emissioni di bond ESG quest’anno paiano destinate a sfondare - e non di poco - il record storico del 2021, di fatto sancendo l’addio alla chimera green e aprendo la strada a un nuovo rally fossile da emergenza bellica e geopolitica.

Il quale, casualmente, vedrà i players statunitensi in prima fila, mentre l’Europa rischia l’isolamento totale. E una crisi dei prezzi devastante, al netto di un’inflazione dell’eurozona all’8%. Mario Draghi ha fatto presente la questioncina a Anthony Blinken nel corso della loro telefonata? E se sì, quale è stata la risposta del capo della diplomazia Usa? Certamente i 300 milioni della Russia sono argomento che preoccupa maggiormente famiglie e imprese ma, quantomeno per completezza di informazione, sarebbe interessante sapere di quale morte dobbiamo morire.

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