Draghi non si fida di Meloni? Per ottenere i soldi dall’Ue il governo anticipa gli obiettivi del Pnrr

Giacomo Andreoli

27/09/2022

Palazzo Chigi fa sapere che il governo lavora sui 55 traguardi e obiettivi da conseguire entro fine anno per ottenere la rata da 19 miliardi del Pnrr. Draghi teme la rinegoziazione targata Meloni?

Draghi non si fida di Meloni? Per ottenere i soldi dall’Ue il governo anticipa gli obiettivi del Pnrr

Nel giorno in cui la Commissione europea approva la seconda tranche del Pnrr, da 21 miliardi di euro, il governo fa sapere di essere al lavoro per ottenere la prossima rata, che vale altri 19 miliardi. Per farlo l’esecutivo sta anticipando una serie di target (cioè obiettivi specifici) e milestone (cioè misure più generiche) da raggiungere entro la fine di quest’anno.

Quello di Mario Draghi è un segnale al prossimo governo guidato da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Non è un mistero, infatti, che il partito voglia rinegoziare il Piano di ripresa e resilienza con l’Unione europea, con l’idea di riadattarlo all’attuale situazione economica di emergenza e la proposta si trova anche nel programma comune del centrodestra.

Ma entro fine anno vanno portati a casa 16 target e 39 milestone per restare in linea con il programma concordato assieme a Bruxelles. Una rinegoziazione ora, quindi, rischia di mettere in difficoltà i prossimi passi del Pnrr e da qui l’accelerazione di Draghi, che non vuole disperdere il lavoro fatto finora.

Pnrr, l’ok alla seconda rata da Bruxelles

Nell’approvare la seconda rata del Pnrr la Commissione europea ha certificato in via preliminare che l’Italia ha raggiunto tutti e 45 tra gli obiettivi previsti e “la messa in opera degli investimenti sta entrando nella sua fase di pieno svolgimento”.

Il via libera fa riferimento ai traguardi raggiunti entro lo scorso 30 giugno, tra cui ci sono la riforma per la nuova sanità territoriale, il completamento della revisione della pubblica amministrazione, le norme in materia di appalti pubblici e le riforme dell’istruzione. Ora, dopo l’ufficializzazione della valutazione preliminare, per ottenere l’esborso serve l’ok del Comitato economico e finanziario, il braccio tecnico del Consiglio dei ministri Ue delle Finanze (Ecofin). Passeranno quindi altri due mesi prima che lo Stato veda i soldi dall’Europa.

L’Italia - secondo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen- sta dimostrando un continuo e importante impulso alle riforme in settori chiave, come il pubblico impiego e gli appalti pubblici. Congratulazioni, Italia, e continua a lavorare bene!

Draghi lavora per ottenere i fondi europei

Lo stesso copione ci sarà con la prossima rata: valutazione a inizio del 2023 e, se si supera, soldi in arrivo in primavera. L’azione del governo Draghi punta a realizzare in anticipo numerosi obiettivi, già entro fine settembre e poi a ottobre, rispetto alla scadenza del 31 dicembre. Si tratta di circa il 50% degli interventi, sui quali la Commissione europea eserciterà la sua valutazione.

Si parte dai decreti sulla riforma della concorrenza, ad esempio con la mappatura delle concessioni balneari e forse la delega per far partire le gare e concedere gli indennizzi. Il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia Daniele Franco puntano a lasciare a Meloni un copione già scritto, evitando che un eventuale braccio di ferro tra il nuovo governo e le istituzioni dell’Unione europea sulla rinegoziazione del Pnrr possa bloccare l’invio dei fondi.

Secondo il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni, il Pnrr “rappresenta un’opportunità unica per costruire un’economia più competitiva e sostenibile e una società più equa”. Quindi avverte il nuovo governo. “È fondamentale - spiega - onorare gli impegni rimanenti per realizzare il cambiamento strutturale necessario per indirizzare l’economia italiana su un percorso di crescita forte e duratura”.

Si può cambiare davvero il Pnrr?

Secondo il regolamento europeo del Next Generation Ue le modifiche ai Pnrr sono possibili solo in casi eccezionali, dovute a un deciso mutamento nell’andamento dell’economia europea. Si parla espressamente “circostanze oggettive”, che nell’attuale contesto ci dovrebbero essere, come chiarito da Gentiloni. La Commissione europea, interpretando le regole, ha poi chiarito all’inizio di quest’anno che l’impianto generale dei Piani deve rimanere fisso, quindi le modifiche non possono stravolgerlo del tutto.

Secondo il Regolamento sul Fondo, in caso di valutazione positiva, se c’è una richiesta di modifica la Commissione europea propone una nuova bozza di Decisione attuativa. Questa deve essere approvata dal Consiglio europeo, che ha l’ultima parola. Lì siedono quei Paesi del Nord come l’Olanda e quelli dell’Est, come l’Ungheria, che nonostante la vicinanza con Meloni, potrebbero avere da ridire. D’altronde lo hanno fatto in passato proprio sul Next Generation Ue e la sua ripartizione di fondi a loro dire troppo sbilanciata verso i Paesi del Sud Europa, tra cui l’Italia.

Insomma, cambiare il Pnrr si può, ma senza stravolgerlo e convincendo tutta l’Unione europea, compresi i Paesi più riottosi. Farlo entro fine anno, come potrebbe voler fare il centrodestra, è rischioso per l’Italia visti i tempi stretti per ricevere la rata annua del Piano. Poi il discorso si può riaprire dato che la rata successiva arriva subito dopo giugno del 2023.

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