Covid, arriva la terapia universale capace di bloccare il virus e le sue varianti

Claudia Mustillo

21 Ottobre 2022 - 10:01

Il futuro della lotta al Covid arriva con la terapia universale in grado di bloccare all’origine il Sars-Cov-2: ecco come funziona e cosa hanno scoperto i ricercatori.

Covid, arriva la terapia universale capace di bloccare il virus e le sue varianti

Salgono ancora, nell’ultima settimana, i numeri di ricoveri e decessi per Covid in Italia mentre si conferma una diminuzione nei nuovi contagi. Salgono anche i nuovi vaccinati nonostante rimanga basso il numero di chi ha ricevuto la quarta dose. Rimane ancora la preoccupazione per la diffusione di nuove varianti del Sars-CoV-2 e dopo Cerberus al momento gli occhi sono puntati su una nuova sottovariante recentemente segnalata, la XBB.

Ma il futuro della lotta alla diffusione di questo virus arriva con una terapia universale che, grazie alla nanotecnologia, consente di bloccare all’origine il Sars-Cov-2 nell’organismo. Su questa nuova terapia sono al lavoro i ricercatori dell’Oregon State University in collaborazione con i colleghi del Texas Biomedical Research Institute.

Una scoperta, più che promettente che ha dimostrato, in un modello murino, come è possibile stimolare la produzione di una proteina capace di impedire a più varianti del virus di entrare nelle cellule e causare malattie respiratorie.

Covid, cosa cambia con la terapia universale

Lo studio condotto da Gaurav Sahay, ricercatore di scienze farmaceutiche dell’Oregon State University, ha prodotto la prima prova dell’efficacia di una nuova terapia «universale» di trattamento del Covid. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Advanced Science ed è il frutto di un lavoro d’équipe a cui hanno collaborati anche gli scienziati Jeonghwan Kim, Antony Jozic, Anindit Mukherjee e Dylan Nelson dell’Oregon State. In particolare, gli studi con il virus vivo sono stati condotti in collaborazione con i ricercatori del Texas Biomedical Research Institute: Kevin Chiem, Siddiqur Rahman Khan Jordi B. Torrelles e Luis Martinez-Sobrido.

La diffusione aerea, attraverso le goccioline respiratorie, del Sars-CoV-2 è il modo principale con cui il virus ha causato oltre 614 milioni di contagi e oltre 6 milioni di morti in tutto il mondo dall’inizio della pandemia a oggi. Ma come agisce il virus? Il suo involucro è ricoperto da proteine spike che si legano a un enzima prodotto dalle cellule dei polmoni e facendo leva su questo attraverso l’Rna messaggero confezionato in nanoparticelle lipidiche, i ricercatori hanno dimostrato come in un modello murino le cellule ospiti possono produrre un enzima «esca» capace di legarsi alle proteine spike del Coronavirus.

Questo permetterebbe di evitare al virus di attaccarsi alle cellule nelle vie aeree dell’ospite e di non iniziare il processo di infezione che porta alla malattia. La terapia universale contro il Covid-19 potrebbe essere non solo in una somministrazione dell’Rna messaggero per via endovenosa ma anche per inalazione, che risulterebbe il metodo preferito.

Come si somministra l’enzima 2

«Le proteine sono molecole grandi e complesse che servono da cavallo di battaglia delle cellule, consentendo tutte le funzioni biologiche all’interno di esse», ha spiegato Sahay (responsabile dello studio). Un enzima è un tipo di proteina che serve da catalizzatore per reazioni biochimiche, l’enzima 2 è un enzima delle cellule delle vie aeree e si esprime anche nel cuore, nei reni e nell’intestino e contribuisce a numerose funzioni fisiologiche.

«La semplice somministrazione di hACE2 (ndr enzima 2) a un paziente Covid avrebbe un’efficacia limitata nel trattamento della malattia - ha spiegato il ricercatore - perché la forma solubile dell’enzima, il tipo che può circolare in tutto il corpo, ha una breve emivita, meno di due ore, il che significa non rimarrebbe nel sistema di una persona molto a lungo».

Il problema è stato aggirato attraverso l’utilizzo di nanoparticelle lipidiche (lnp) contenenti mRna che ha la funzione di «ordinare» la produzione dell’enzima. In questo modo i ricercatori hanno progettato mRna sintetico per codificare una forma solubile dell’enzima e l’hanno inserito attraverso una flebo. Il risultato è stato che dopo due ore l’enzima era già nel flusso sanguigno delle cavie ed è rimasto per giorni.

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