Cosa rischia chi non paga l’affitto (e quando scatta lo sfratto)

Ilena D’Errico

9 Maggio 2023 - 00:04

Affitto non pagato, ecco quali sono i rischi e quando scatta lo sfratto per gli inquilini.

Cosa rischia chi non paga l’affitto (e quando scatta lo sfratto)

Il pagamento dell’affitto è un onere sempre più gravoso per le famiglie, che tra problemi di lavoro e il livello dei costi molto spesso non riescono a effettuare i pagamenti nei tempi previsti. Allo stesso tempo, è innegabile il diritto del padrone di casa di ricevere il compenso pattuito, diritto tutelato dalla possibilità di agire in giudizio. Tutti sanno, infatti, che chi non paga l’affitto rischia lo sfratto, ma prima di arrivare a questa drastica conseguenza ci sono diversi passaggi intermedi che agevolano il debitore.

Bisogna innanzitutto sapere che per la locazione a uso abitativo, la legge impone al proprietario un termine di tolleranza pari a 20 giorni dalla scadenza contrattuale. Questo significa che l’affittuario può pagare il canone fino a 20 giorni dopo rispetto alla data concordata per il pagamento senza subire alcuna conseguenza. Oltre questo termine, anche per una sola rata di affitto, il proprietario di casa può invece agire in giudizio contro l’inquilino moroso.

Cosa rischia chi non paga l’affitto

La legge prevede come unico limite all’azione creditizia del padrone di casa il termine di tolleranza, oltre al quale l’affittuario può essere citato in giudizio per l’inadempimento. Ne consegue che la procedura può essere avviata anche per il mancato pagamento di una sola rata d’affitto, purché dopo 20 giorni dalla scadenza.

Per quanto riguarda le spese condominiali, invece, il termine di tolleranza è pari a 60 giorni dalla richiesta di pagamento e lo sfratto può essere richiesto soltanto se l’importo dell’inadempimento è superiore a due mensilità del canone. Per quanto riguarda l’affitto a uso commerciale, poi, la legge non prevede un termine preciso, limitandosi a richiedere che l’inadempimento sia “grave”. La valutazione viene in questo caso effettuata dal giudice a seconda di vari parametri, tra cui l’importo del canone annuale, il ritardo e la regolarità dei precedenti pagamenti.

In ogni caso, alle condizioni previste il padrone di casa può avviare la procedura di sfratto per liberare l’immobile dagli inquilini morosi e avere la possibilità di affittarlo a qualcun altro, così da non perdere la propria entrata. Lo sfratto vero e proprio avviene soltanto dopo una procedura discretamente lunga e solo se non è stato possibile trovare alternative migliori.

Oltretutto, chi non paga l’affitto non rischia solo lo sfratto ma anche tutte le conseguenze relative al debito. Insomma, non è sufficiente liberare l’immobile ma bisogna anche, ovviamente, ripagare il debito al padrone di casa. Quest’ultimo potrà infatti attaccare con il pignoramento tutti i beni intestati al debitore, compresi stipendi e pensioni. Prima di arrivare al pignoramento è comunque necessario attendere un certo tempo, nel quale l’inquilino ha la possibilità di saldare il debito nonostante lo sfratto.

Affitto non pagato, quando scatta lo sfratto

Di norma, prima della procedura di sfratto vera e propria, il padrone di casa procede alla costituzione della messa in mora dell’inquilino. A tal proposito è sufficiente una lettera di diffida, nella quale si richiede il pagamento delle morosità entro un certo termine, oltre il quale si procederà giudizialmente. Non si tratta di un adempimento obbligatorio per legge, ma di una semplice formalità utile a interrompere la prescrizione biennale e talvolta di una cortesia verso gli inquilini.

Il primo passaggio per lo sfratto è dunque la citazione in giudizio dell’inquilino che dovrà presentarsi all’udienza fissata a riguardo dal tribunale di competenza nel luogo in cui si trova l’immobile. Se l’inquilino non presenzia all’udienza o comunque non presenta opposizione, il giudice provvede a pronunciare lo sfratto esecutivo.

Nel caso in cui non ci siano circostanze idonee all’opposizione, l’inquilino può comunque bloccare lo sfratto saldando il debito contestualmente all’udienza oppure in un secondo momento. L’affittuario può infatti richiedere al giudice 90 giorni di tempo per reperire il denaro, il cosiddetto termine di grazia. Oltre questo periodo avviene una seconda udienza volta ad accertare l’adempimento o, in caso contrario, dichiarare lo sfratto esecutivo.

Se l’inquilino non lascia l’appartamento dopo la sentenza, riceve l’atto di precetto che gli dà un ultimo termine di 10 giorni, oltre il quale l’ufficiale giudiziario sarà incaricato dello sgombero. In particolare, l’ufficiale giudiziario invia l’avviso di sloggio almeno 10 giorni prima della data ultima per liberare l’appartamento. Da questo momento in poi, termina la procedura bonaria e interviene la forza pubblica per lo sfratto coatto.

Lo sfratto è poi possibile anche in presenza di minori o disabili, seppur con condizioni agevolate per quanto riguarda tempistiche e misure. I soggetti più fragili, infatti, devono per prima cosa trovare un’altra sistemazione dignitosa, mentre per i minori è previsto l’intervento degli assistenti sociali per evitare ripercussioni psicologiche. In ogni caso, insieme all’ordinanza di sfratto il giudice emette anche il decreto ingiuntivo di pagamento, con il quale il creditore può notificare l’atto di precetto. Quest’ultimo concede un ulteriore termine massimo di 10 giorni per l’adempimento, oltre i quali si può procedere al pignoramento.

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