Come provare che il figlio maggiorenne lavora?

Antonella Ciaccia

21 Aprile 2022 - 12:36

Fino a quando siamo tenuti al mantenimento dei figli? Obbligo fino alla maggiore età e prova del lavoro del figlio maggiorenne.

Come provare che il figlio maggiorenne lavora?

I genitori hanno l’obbligo di provvedere al sostentamento della prole. Un dovere che perdura anche nel caso in cui questi si separino nel matrimonio oppure nella convivenza. L’obbligo a mantenere i propri figli è previsto nel nostro ordinamento dalla Costituzione e dal Codice Civile e non si esaurisce con il raggiungimento della maggiore età ma permane sino a che i figli non abbiano raggiunto una propria indipendenza economica.

È bene precisare però, che tale obbligo si estende nel caso in cui, senza colpa, i figli siano ancora dipendenti dai genitori.
Il sostentamento ai figli non è dovuto per sempre: è obbligatorio fino a quando essi sono minorenni e, una volta raggiunta la maggiore età, sussiste solo se il genitore non riesce a fornire prova che il giovane è disinteressato e inerte nel rendersi indipendente da un punto di vista economico.

In Italia poi, sono moltissime le coppie separate o divorziate e, conseguentemente, sono altrettanto numerosi i figli a cui spetta di diritto, ricevere mensilmente un assegno di mantenimento dal genitore obbligato. Questo argomento prevede numerose casistiche e in questa guida cerchiamo di fornire le risposte agli interrogativi più frequenti.

L’obbligo di mantenimento dei figli

L’obbligo di mantenimento è espressamente previsto dalla legge e, in particolare, dall’art.315bis del codice civile, secondo cui: «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni».
Come già detto, se il genitore deve provvedere al sostentamento, formazione ed educazione del proprio figlio, allo stesso modo ogni giovane ha l’obbligo di cercare una propria autonomia dal padre e dalla madre, facendo il possibile per rendersi autonomo e indipendente. Questo non significa sacrificare le proprie ambizioni, ogni figlio ha diritto a essere aiutato nel proprio percorso formativo. Ma cosa accade se il figlio maggiorenne non vuole continuare a formarsi, non frequenta alcun corso di studi universitari o un altro corso professionale? Se non intende cercare un’occupazione e rendersi indipendente?

La Corte Suprema di Cassazione si è più volte espressa negli ultimi anni favorevole al principio dell’autoresponsabilità del figlio maggiorenne ed ha fornito importanti novità che riguardano anche i figli di coppie divorziate e il loro diritto a percepire l’assegno di mantenimento.

Mantenimento dei figli maggiorenni di coppie separate o divorziate

Mantenere la prole rientra tra i doveri dei genitori separati o divorziati. Durante la separazione, deve essere garantito l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne e il suo mantenimento diretto, a seconda che conviva o meno con il genitore.
Non è previsto alcun limite massimo di età, l’obbligo persiste, in astratto, per tutto il tempo in cui risulti necessario assicurarlo, tanto che l’art. 337 septies cod. civ. stabilisce che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico“.
In tal modo, il legislatore ha previsto che l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non perduri all’infinito, ma la sua durata deve essere valutata caso per caso.

Come chiedere la revoca dell’assegno di mantenimento

Anche in questo caso gli «ermellini» procedono spediti verso un invito chiaro e determinato ai figli che hanno superato i diciotto anni a sganciarsi dalla famiglia e ad avviarsi all’indipendenza. Con la sentenza 40282/2021, la Corte di Cassazione ha affermato che l’assegno di mantenimento al figlio viene meno, anche se questi firma un contratto a tempo determinato.

La Corte ha evidenziato l’importanza dell’indipendenza del figlio e del suo ingresso nel mondo del lavoro e ha riconosciuto ai genitori la totale assenza dell’obbligo di mantenimento. Se la durata del contratto non è troppo breve e la paga non troppo bassa (anche a scadenza), l’ingresso nel mondo del lavoro è irreversibile e ne consegue dunque la perdita dell’assegno.

Il genitore può quindi chiedere la revoca dell’assegno a condizione che riesca a dimostrare che il figlio, ormai, è indipendente dal punto di vista economico. La prova può essere fornita tramite testimoni, ad esempio, i colleghi e il datore di lavoro oppure documenti come il contratto di lavoro, il certificato di proprietà dell’auto o qualsivoglia altro elemento utile a dimostrare la stabilità economica raggiunta dal proprio figlio.

I figli maggiorenni «conviventi» devono cercare lavoro

Come detto, l’assegno di mantenimento alla prole o lo stesso mantenimento del figlio convivente, può essere giustificato a condizione che il destinatario risulti impegnato in un progetto educativo o inserito in un iter di formazione.

Nell’agosto del 2020, con Ordinanza n. 17183 la Corte di Cassazione ha demolito alcuni granitici stereotipi giurisprudenziali, restituendo ai figli centralità e riconoscendo loro responsabilità.

Il Collegio ha stabilito che, quando il figlio convivente abbia raggiunto la maggior età non sussiste più un obbligo automatico dei genitori di mantenerlo, neppure nei casi di mancata indipendenza economica dello stesso. Esistono dei limiti entro cui il figlio maggiorenne «convivente» può ottenere il mantenimento a carico dei propri genitori.

In ottemperanza al principio di autoresponsabilità, i figli maggiorenni hanno l’obbligo, terminato il loro percorso formativo, (scuola secondaria, facoltà universitaria, corso di formazione professionale), di attivarsi per reperire un’attività lavorativa che li porti all’indipendenza economica, anche riducendo, se necessario, le proprie aspirazioni. Il figlio maggiorenne non può ostinarsi e indugiare nell’attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative.

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