Perché ora l’ondata di Covid in Cina rischia di scatenare una nuova crisi economica mondiale

Giacomo Andreoli

09/01/2023

Il boom di contagi da Covid in Cina sta rallentando la produzione e bloccando i porti: si rischiano effetti pesanti sul commercio mondiale, in un contesto occidentale di probabile recessione.

Perché ora l’ondata di Covid in Cina rischia di scatenare una nuova crisi economica mondiale

La nuova ondata di Covid-19 in Cina rischia di far parecchio male all’economia mondiale, avvicinando lo spettro della recessione in Occidente. La rimozione delle misure anti-pandemiche e la fine della stagione “zero-Covid” sta facendo esplodere i contagi nel Paese del Dragone, creando effetti a catena nella produzione industriale e nel funzionamento dei porti, con ripercussioni potenzialmente pesanti per il commercio internazionale.

La provincia più popolosa della Cina, Henan, ha quasi il 90% dei suoi residenti infettati dal Covid. Sono circa 88,5 milioni di persone sui quasi 100 milioni di abitanti della provincia. Secondo gli esperti l’ondata raggiungerà il picco di casi il 13 gennaio, con 3,7 milioni di contagi al giorno.

Quanto ai decessi, al di là di quanto comunicato ufficialmente dal governo di Pechino, sarebbero già migliaia al mese. Si rischia, intorno a fine mese, di arrivare a quota 25mila al giorno e addirittura a 1,7 milioni da qui ad aprile.

Perché è tornata la pandemia in Cina

La nuova ondata è esplosa a dicembre, quando Pechino ha rimosso le misure più restrittive di contenimento del Covid, dopo le proteste, anche violente, della popolazione. In quel momento sono venuti fuori tutti gli errori logistici della campagna vaccinale, realizzata con un vaccino (quello prodotto in Cina) davvero poco efficace.

Solo il 57,9% degli adulti, poi, ha fatto il richiamo e sotto gli 80 anni solo il 42,3% è vaccinato. Insomma, si è passati dal tentativo di bloccare del tutto la circolazione ad aprire le maglie senza limiti, a fronte di un’immunizzazione insufficiente, facendo esplodere i casi.

Covid, in arrivo una nuova ondata in Europa?

Dal punto di vista epidemiologico il rischio è la nascita di nuove varianti, mentre le misure prese da vari paesi europei per contenere la diffusione dell’ondata nel Vecchio Continente, sostanzialmente i tamponi per chi arriva dalla Cina, potrebbero essere insufficienti.

Secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, lo screening dei viaggiatori in arrivo da Pechino e dintorni è “di dubbia efficacia per arginare la circolazione virale”. “Innanzitutto - spiega Cartabellotta - meno del 10% dei passeggeri arriva con voli diretti; in secondo luogo perché l’estrema contagiosità di Omicron riduce l’efficacia già modesta degli screening documentata in letteratura; infine, perché la gestione dei positivi sarebbe comunque affidata all’isolamento fiduciario. L’unica reale utilità di questi screening è quella di identificare precocemente nuove varianti”.

Nel caso di un aumento della circolazione del virus, secondo l’esperto, vaccinazioni e sequenziamento sono le contromisure più efficaci.

Covid in Cina, commercio mondiale a rischio

Oltre a una nuova esplosione dei casi nel mondo, con possibile comparsa di nuove varianti, si teme come detto per il commercio mondiale. Nei porti cinesi non arrivano le merci perché le fabbriche sono decimate dal Covid (si parla di metà o tre quarti della forza lavoro infetta): la produzione quindi rallenta e gli ordini rimangono inevasi. I problemi più ingenti si stanno verificando a Shanghai e Shenzhen.

Per ora i mercati azionari festeggiano l’apertura dei confini senza più restrizioni con Hong Kong e il rinnovato sostegno del governo a famiglie e imprese, ma presto potrebbero scontare la riduzione di competitività della Cina.

Già adesso c’è un calo di ordini dagli Stati Uniti del 40%. Dopo il Capodanno cinese, che inizierà il 22 gennaio e durerà 40 giorni, si prevedono poi bassi volumi di traffico.

Il problema delle scorte

Il porto di Shanghai è leader mondiale per container, quello di Shenzhen è il quarto al livello planetario ed è sede dei produttori che forniscono Apple. A questi si aggiunge il blocco di Qingdao, sesto scalo più grande del mondo, dove sono attivi solo un quarto dei lavoratori. Se la situazione perdura le scorte potrebbero esaurirsi e ci sarebbe un’inversione di tendenza sul traffico dei container, oltre ad un aumento generale dei costi. In tutto ciò Tesla ha rallentato la sua produzione nel Paese.

Tuttavia secondo WarehouseQuote, che gestisce la logistica delle merci, le scorte sono ai massimi storici. A questo Wu Jiazhang, esperto di logistica cinese, aggiunge che se i mercati statunitensi ed europei dovessero calare per colpa della recessione, le esportazioni potrebbero comunque crescere grazie agli accordi del Regional comprehensive economic partnership e della nuova Via della Seta nel resto del mondo. Infine il settore cargo aereo è in crescita e si prevede un aumento di traffico e costi.

In arrivo una nuova crisi economica mondiale?

In ogni caso un Cina bloccata dal punto di vista commerciale, oltre che finanziario (con la politica espansiva della sua Banca centrale che non sta sortendo effetti significativi), può accelerare lo scivolamento dell’Occidente, ancora incapace di risolvere la crisi energetica, verso la recessione.

Secondo alcune previsioni quest’anno gli Stati Uniti potrebbero perdere lo 0,5% del Pil, mentre il Regno Unito oltre l’1,5%. Per l’Italia le previsioni sono discordanti: il governo prevede un rialzo dello 0,3%, mentre l’analisi più pessimista è quella di S&P Global Ratings, che prevede un ribasso dell’1,1%.

Questo significa che, a meno di cambiamenti significativi dell’ultim’ora, oscilleremo tra una sostanziale stagnazione e la recessione. Sicuramente una parte delle “colpe” è imputabile al rallentamento cinese: più è forte, più l’economia occidentale ci rimette. Le aziende di Stato del Dragone occupano il 12% degli investimenti in Europa. La percentuale in Italia è inferiore, ma comunque impattante.

C’è poi il Memorandum of understanding tra Italia e Cina firmato nel 2019: l’accordo di cooperazione per scambi commerciali vale 20 miliardi e riguarda alcuni settori strategici per l’Italia, come le infrastrutture e le aree portuali.

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