Aumento degli stipendi, flat tax, Superbonus e pensioni: cosa può saltare se Meloni non trova intesa con l’Ue sul deficit

Stefano Rizzuti

19/10/2022

Il governo Meloni è subito chiamato a trovare un’intesa con l’Ue sul deficit: se non si dovesse trovare un accordo molte misure potrebbero saltare, dal taglio del cuneo fiscale alla flat tax.

Aumento degli stipendi, flat tax, Superbonus e pensioni: cosa può saltare se Meloni non trova intesa con l’Ue sul deficit

Dal taglio del cuneo fiscale alla flat tax, dal Superbonus alle pensioni anticipate, il governo Meloni è atteso da una serie di sfide economiche per nulla semplici. Soprattutto considerando che la priorità assoluta dell’esecutivo di centrodestra, che ancora deve formarsi, è quella di intervenire contro il caro bollette.

L’emergenza, dal punto di vista economico, è il caro energia. Bisogna subito pensare a come affrontare i rincari per le famiglie, le imprese e i servizi pubblici. Le priorità sono le stesse del governo Draghi, ma con una grande differenza di base, come ricorda il Sole 24 Ore: le risorse a disposizione.

Le condizioni sono diverse. Draghi poteva contare non solo sull’extragettito fiscale, ma anche su una crescita robusta che reggeva nonostante l’inflazione. La crescita, però, sembra essersi arrestata e trovare i soldi, per Giorgia Meloni, sarà più difficile. Non basta neanche il tesoretto di 10 miliardi lasciato da Draghi, sufficiente appena per una parte del primo decreto contro gli aumenti in bolletta. E la partita decisiva si giocherà in Ue sul deficit.

Governo Meloni, la trattative con l’Ue sul deficit

La nuova situazione economica, molto meno rosea che nel 2022, rischia di portare a una revisione del deficit per il prossimo anno. Il nuovo ministro dell’Economia, probabilmente Giancarlo Giorgetti, dovrà subito trattare con Bruxelles sul nuovo obiettivo di disavanzo per la prossima manovra.

Un’intesa va trovata subito per varare in tempi rapidi la legge di Bilancio ed evitare così l’esercizio provvisorio. Di certo Roma non potrà prescindere dal percorso di discesa del debito intrapreso che vede, secondo le previsioni della Nadef, un deficit al 3,4%. Ma queste previsioni risentono sia delle stime sull’Iva e sull’inflazione che di spese a legislazione vigente. Ovvero come se il centrodestra decidesse di non mettere in campo nessuna delle misure annunciate in campagna elettorale.

La Nadef prevede una serie di riduzioni di spesa che sembrano poco realistiche: basti pensare a quanto dovrà invece aumentare l’investimento dello Stato per il rinnovo di tanti contratti nazionali. La prima mossa europea del nuovo governo, quindi, sarà una trattativa sul deficit, nella speranza che l’Ue conceda qualche spazio di manovra aggiuntivo considerando anche l’emergenza energia. Ma il timore che invece sia l’esecutivo a dover rinunciare a qualche intervento è concreto.

Quanti soldi servono subito al governo Meloni

Il problema, come spiega Giovanbattista Fazzolari (probabile nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio), è che sul caro energia molto dipenderà dalle decisioni comunitarie: nelle migliori delle ipotesi potrebbero bastare tra i 20 e i 30 miliardi italiani nel 2022, ma non è detto che non si arrivi fino a 60 miliardi di spesa necessaria.

Dal rinnovo dei crediti d’imposta alla proroga del taglio delle accise sulla benzina, passando per l’Iva ridotta sul gas, l’abbattimento degli oneri di sistema in bolletta e il taglio del cuneo fiscale, il governo è già atteso da uno sforzo superiore ai 30 miliardi, pari quasi al 2% del Pil. Soldi che Meloni vorrebbe trovare nelle pieghe del bilancio statale, non ricorrendo a maggior deficit: l’obiettivo da evitare assolutamente è un riavvicinamento al 5%.

Rischio deficit, cosa può saltare col nuovo governo

Gli interventi che il governo deve mettere in campo sono molti. Ma con risorse limitate e il timore di un deficit troppo alto qualcosa potrebbe saltare. Difficile dire cosa: si tratterà di scelte politiche che è presto per capire, considerando che il governo deve ancora nascere e insediarsi. Ma qualche indizio già c’è. Vediamo, per queste ragioni, quali sono gli interventi da mettere in campo, provando a intuire quali potrebbero essere rinviati.

Gli interventi contro il caro energia

Sul fronte del caro bollette sembrano esserci pochi margini: il governo Meloni dovrà rinnovare tutte le misure. Dai crediti d’imposta per l’ultimo trimestre del 2022 alla proroga del taglio delle accise sulla benzina (costo da 3,3 miliardi), passando per la riduzione dell’Iva al 5% sul gas e per l’abbattimento degli oneri di sistema sulle bollette (altri 5 miliardi). A questo si potrebbe aggiungere la moratoria sulle bollette non pagate, con almeno sei mesi senza distacchi. Inoltre la maggioranza dovrà decidere se prorogare l’estensione della soglia per accedere a 12mila euro di Isee del bonus sociale per le bollette nel 2023 (rischia di tornare a 8.265 euro).

La pensione anticipata

Difficile che il governo non mantenga l’impegno sulle pensioni: a fine anno scade la quota 102 e la maggioranza dovrà evitare il ritorno alla legge Fornero. Un anticipo pensionistico quasi certamente ci sarà, ma in quale forma è tutto da vedere. L’ipotesi quota 41 è la più accreditata, ma il costo è di almeno 4 miliardi (che arriverebbero fino a 10 a regime): alla fine si potrebbe anche optare per un anticipo pensionistico più leggero, non rispettando però gli impegni elettorali della coalizione.

Il Reddito di cittadinanza

Molto più probabile che si provi a risparmiare qualcosa con il Reddito di cittadinanza, misura che costa poco meno di 9 miliardi l’anno. Una sua revisione, lasciando il sussidio per i più poveri e tagliandolo per chi è occupabile, potrebbe comportare un risparmio importante per le casse dello Stato. Ma anche in questo caso è da capire in che forma questo possa avvenire.

La flat tax

Altra voce a rischio, tra le misure più volte sbandierate dal centrodestra in campagna elettorale, è la flat tax. Fratelli d’Italia vorrebbe estenderla fino a 100mila euro per chi aumenta il reddito rispetto all’anno precedente; la Lega la vorrebbe per tutti; Forza Italia punta a tre aliquote iniziali (5%, 23% e poi 33%) per poi arrivare, a regime, al 23% per tutti. In ogni caso la misura costa e il rischio che sia la prima a saltare dalla manovra è concreto, tranne se si pensa a un intervento simbolico e iniziale ma poco incisivo.

L’aumento degli stipendi

Il governo Meloni si vede poi praticamente costretto a confermare lo sgravio contributivo del 2% per i redditi fino a 35mila euro: servono 3,5 miliardi. In realtà il centrodestra vuole ampliare l’aumento degli stipendi e il taglio del cuneo fiscale anche lato imprese: servirebbero 16 miliardi per arrivare a una sorta di busta paga aggiuntiva, con circa 1.200 euro l’anno in più a lavoratore. Sicuramente per confermare il taglio del cuneo fiscale attualmente in vigore anche per il 2023 serviranno 4 miliardi.

Il Superbonus

Altra voce a rischio è quella del Superbonus, che ha un costo molto alto per lo Stato. Ma i suoi difensori sottolineano come la misura produca un aumento del Pil e per questo il nuovo governo potrebbe mantenerla, seppur con qualche modifica. Potrebbe scendere dal 110% all’80% e al 65% per le seconde case. Inoltre il Superbonus potrebbe rientrare nel riordino dei bonus edilizi ordinari, come quelli per la ristrutturazione, i mobili e le facciate.

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