PD, cambiare tutto perché nulla cambi: anche con Letta è battaglia tra correnti

Alessandro Cipolla

31/03/2021

Con Enrico Letta è cambiato il frontman, ma il Partito Democratico continua a essere balcanizzato con le varie correnti in perenne lotta tra di loro per le poltrone.

PD, cambiare tutto perché nulla cambi: anche con Letta è battaglia tra correnti

Al PD serve una cura shock”. Non ha usato giri di parole Enrico Letta intervistato dal Corriere della Sera per descrivere il lavoro che lo aspetta, ora che è alla guida dell’ultimo partito di massa rimasto in Italia.

Al momento il suo arrivo al Nazareno ha prodotto una risalita del Partito Democratico nei sondaggi, dopo un tonfo coinciso con le dimissioni al vetriolo di Nicola Zingaretti, oltre a una ventata di rosa nei nuovi incarichi da assegnare.

Oltre alla questione femminile interna ai dem, di certo non risolvibile solo con qualche poltrona, negli ultimi giorni abbiamo assistito anche agli scontri interni, prima al Senato e poi alla Camera, per la definizione dei capogruppo.

Mentre il Paese è in maniera ferrea diviso in zone rosse e arancioni con la prospettiva di restare tale fino a maggio in virtù del prossimo decreto, le cronache provenienti dal Partito Democratico ci parlavano di un Andrea Marcucci riottoso nel lasciare il suo incarico di capogruppo al Senato e poi, passando a Montecitorio, della querelle tra Marianna Madia e Debora Serracchiani che si è risolta alla fine con la nomina (66 voti a 24) di quest’ultima come capogruppo dem alla Camera.

L’eterna lotta tra correnti nel PD

Quando a inizio marzo Nicola Zingaretti ha annunciato le sue dimissioni da segretario, lo ha fatto usando parole molto dure nei confronti dei suoi compagni di partito: “Mi vergogno che nel PD, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie”.

Erano infatti i giorni caldi dopo la spartizione dei posti spettanti ai dem a seguito della nascita del governo Draghi, con gli ex renziani della corrente Base Riformista che avevano messo nel proprio mirino Zingaretti invocando al più presto un Congresso dove pareva già scaldarsi il Presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini.

Invece la nomina di Enrico Letta a nuovo segretario da parte dell’assemblea del Partito Democratico ha stoppato ogni velleità di Base Riformista, che poi si è arroccata nella difesa di Andrea Marcucci come capogruppo al Senato.

Alla fine è stata nominata la senatrice Simona Malpezzi, sempre facente parte della corrente degli ex renziani. Poi è stata la volta del duro botta e risposta tra Marianna Madia e Debora Serracchiani alla Camera, altra questione che di certo ha tolto il sonno agli italiani la notte.

A riguardo, le cronache narrano di Base Riformista che avrebbe prima garantito l’appoggio a Madia per poi dirottare i propri voti su Serracchiani, il tutto si mormora dietro la garanzia della vicepresidenza a Piero De Luca, figlio di Vincenzo e da tempo in rampa di lancio tra i dem.

Con Letta stessa musica

Nonostante il duro momento che sta vivendo il Paese e il nuovo corso targato Enrico Letta, il Partito Democratico non sembrerebbe riuscire a superare le sue continue lotte intestine tra le correnti.

Quando a breve poi ci sarà da affrontare il discorso delle 500 nomine da parte del Governo nelle partecipate, per non parlare della scelta dei candidati alle elezioni amministrative in autunno, è facile immaginare il ripetersi di tensioni interne.

Il PD così sembrerebbe ormai essere come una di quelle persone che, ogni volta che tocca il fondo, promette di cambiare per poi tornare ai soliti vizi un istante dopo essersi pubblicamente cosparso il capo di cenere.

Tante volte i dem si sono ripromessi di “tornare a essere in mezzo alla gente” ripartendo dalle sezioni abbandonate a loro stesse, ma poi tutti gli sforzi sono puntualmente riversati in una certosina divisione degli incarichi tra le varie correnti.

Nonostante l’attivismo di Letta, la realtà è che mentre nel Partito Democratico si spendevano fiumi di parole per la conferma o meno di Marcucci come capogruppo, nel Governo chi stava tessendo le varie trame strategiche sulla questione vaccini in Italia era il leghista Giorgetti, anche perché nel Movimento 5 Stelle erano impegnato nell’altro tema vitale del vincolo dei due mandati.

Insomma, è cambiato il direttore d’orchestra ma la musica nel PD sembrerebbe essere rimasta sempre la stessa.

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