Laurearsi in Italia: guadagni inferiori rispetto al resto d’Europa

Giorgia Bonamoneta

06/06/2021

Quanto si guadagna in Italia dopo essersi laureati? Secondo i nuovi dati forniti dall’OCSE gli italiani guadagnano meno del resto dei colleghi universitari d’Europa: 28 mila euro in Italia, 35 mila in Francia, 50 mila in Germania. La fuga di cervelli rimane l’unica alternativa?

Laurearsi in Italia: guadagni inferiori rispetto al resto d’Europa

I laureati italiani sono i meno pagati in Europa: 28 mila euro annui lordi.

I giovani si formano in Italia, ma alla fine sono costretti a emigrare per veder ripagati gli sforzi di anni di sacrifici e studi. All’estero non si cerca solo un guadagno più alto, spesso si cerca un posto di lavoro che in Italia manca.

Attualmente, tra vecchio ordinamento, lauree triennali, magistrali e lauree a ciclo unico, il numero di giovani - e meno giovani - iscritti all’università si attesta intorno al milione e mezzo. Tanti o pochi? Secondo i dati ISTAT sono pochi e la colpa non è dei giovani svogliati, ma degli ostacoli allo studio per chi proviene da una famiglia a basso reddito.

La chiamano “fuga di cervelli” ed è un fenomeno che costerà caro all’Italia in futuro. Già adesso le università stanno cercando di correre ai ripari aumentando il numero di studenti stranieri, proponendo corsi in lingua inglese e un maggior scambio tra atenei europei per studenti e professori.

Laureati: guadagni più alti in Italia, ma il confronto con l’Europa è critico

Non si studia solo per guadagnare di più, bisogna anche pensare alla passione per un determinato settore lavorativo o materia di studio.

Il lavoro si crea a partire dalle proprie passioni, ma se vogliamo essere realisti questo discorso va accantonato. Laurearsi, e soprattutto laurearsi in un settore molto richiesto, comporta un effettivo guadagno in più rispetto a chi ha solo il diploma.

Il report dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) dello scorso anno descrive una differenza abbastanza evidente tra stipendi: i laureati guadagnano il 39% in più dei diplomati. Anche se andrebbero tenute in considerazione molte altre variabili, come per esempio i mancati anni di contributi spesi invece per studiare.

A quel punto si dovrebbe aprire un ulteriore discussione sul riscatto della laurea ai fini pensionistici, tra benefici e costi.

Se guardiamo oltre i nostri confini possiamo notare un ulteriore divario, quello che spinge i giovani a lasciare l’Italia in cerca di un guadagno e di un riconoscimento maggiore per gli anni passati a formarsi: lo stipendio.

Un buon risultato per un neo laureato italiano è guadagnare 28 mila euro annui lordi, ma non sarà mai un risultato migliore di quello di quasi tutti gli altri Paesi dell’Unione europea. Per esempio un neolaureato inglese riesce a guadagnare fino a 32 mila euro annui, mentre un francese fino a 35 mila euro. Il Corriere della Sera riporta anche il confronto con i Paesi dagli stipendi d’oro, giusto per mettere in relazione i nostri “buoni risultati”: 50 mila euro annui per i tedeschi e 79 mila per gli svizzeri.

La fuga di cervelli è inevitabile?

Sono giorni di fuoco sulle nuove piazze di discussione online, dove il dibattito pubblico si sta concentrando sulla salute psicologica degli studenti universitari.

Dopo due anni di pandemia e di disattenzione da parte del Governo verso i bisogni delle università, si torna oggi a parlare di come la competizione per i lavoro non sia sana.

In Italia la competizione è alta in ogni settore, anche nel settore STEAM (ma questo dipende dai pochi investimenti nella ricerca), anche se paradossalmente non ci sono così tanti laureati quanto si crede. Un grave problema, tutto italiano, è il mancato interesse di tenere i giovani competenti nel Paese. Prima vengono formati in Italia, quando economicamente la famiglia può permetterselo o riesce ad accedere ai sostegni per lo studio; dopo non trovano lavoro e sono costretti a migrare all’estero dove le capacità del singolo vengono esaltate.

Si può impedire la fuga di cervelli? Le università italiane stanno cercando di rimanere al passo di quelle europee: creazione di corsi in lingua inglese (+644 nell’ultimo anno) e un maggior scambio di studenti e professori, grazie anche al rinnovato progetto Erasmus+. Si può scommettere sul risultato, certamente positivo, ma rimane necessario investire sul futuro lavorativo dei neo laureati qui, in Italia.

Iniziamo da qualcosa di semplice, come ricorda anche la nota avvocata, attivista e politica Cathy La Torre su Twitter:

I laureati italiani sono tra i meno pagati d’Europa (28mila annui lordi contro i 35mila lordi di un francese, per dire). Ecco, magari piuttosto che lamentarvi di ’giovani che non vogliono lavorare’, PAGATELI QUANTO DOVUTO. Grazie.

Un altro modo per aumentare il numero degli studenti e dei lavoratori specializzati è garantire lo studio a tutti, anche a chi parte da una famiglia a basso reddito.

Esistono sistemi di sostegno allo studio, come la borsa di studio regionale (in questi giorni sono in uscita i bandi per l’anno 2021-2022), ma dovremmo iniziare a pensare a un sistema di sostegno a tutto tondo, che permetta allo studente di spostarsi sul territorio italiano e mantenersi nelle città dove hanno sede le università più importanti e rinomate d’Italia.

In Europa, per esempio, si adottano diversi sistemi: dal prestito studentesco a tasso zero a una combinazione tra prestito e borsa di studio.

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