Cosa aspettarsi con Di Maio ministro degli Esteri

Alessandro Cipolla

6 Settembre 2019 - 12:15

Luigi Di Maio è il nuovo ministro degli Esteri del governo Conte-bis: cosa aspettarsi dal capo politico del Movimento 5 Stelle ora che si è insediato alla Farnesina.

Cosa aspettarsi con Di Maio ministro degli Esteri

Di Maio agli Esteri è come Alberto Sordi alla Biennale di Venezia: spaesato”. Parole queste di Vittorio Sgarbi sferzanti come da prassi quando di mezzo c’è il critico d’arte e deputato, ma che sintetizzano tutte le ironie e le perplessità su questo nuovo incarico che è stato assegnato al capo politico del Movimento 5 Stelle dopo la nascita del governo insieme al Partito Democratico e a Liberi e Uguali.

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Fin da quando si sono aperte le trattative, per certi versi inimmaginabili fino a qualche settimana fa, tra il PD e i pentastellati per dare vita a una nuova maggioranza di governo, subito al centro delle discussioni c’è stato proprio il ruolo del golden boy grillino.

Con un Matteo Salvini che in preda alla disperazione era arrivato a offrire anche Palazzo Chigi all’ormai ex alleato per il perdono e la ricucitura dello strappo tra i gialloverdi, si era parlato prima della poltrona da vicepremier e poi proprio quella di ministro dell’Interno.

Alla fine però Luigi Di Maio si è dovuto “accontentare” di un altro dicastero ma sempre di peso, come quello degli Esteri, dove sarà chiamato a gestire importanti dossier e a tessere fondamentali relazioni internazionali visto l’attuale delicato momento geopolitico.

Cosa aspettarsi da Di Maio ministro degli Esteri

La questione migranti sarà una delle priorità della politica estera del nuovo governo”. Sono state queste le prime parole da ministro degli Esteri di Luigi Di Maio, che ha fatto intendere in che direzione cercherà fin da subito di concentrare i propri sforzi.

Come scritto anche nel programma di governo, il leader del Movimento 5 Stelle pone come obiettivo primario del suo dicastero quello di “lavorare per una maggiore responsabilizzazione dell’Europa e un superamento del regolamento di Dublino”.

Un impegno non da poco visto che per riformare il regolamento di Dublino, quello che impone la gestione delle domande di asilo dei migranti ai paesi di primo approdo, si dovranno vincere le resistenze dei paesi del blocco Visegrad.

Di riflesso alla questione immigrazione c’è il rapporto con il Continente africano, altro punto inserito nel programma, che “non può essere più visto solo come motivo di preoccupazione, bensì come opportunità per individuare nuovi partner strategici attraverso i quali incrementare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese”.

I buoni propositi quindi non mancano di certo a Di Maio, come quello di mantenere alta “l’autorevolezza che spetta ad un grande Paese come l’Italia”, ma saranno anche ben altri gli argomenti spinosi che il nuovo inquilino della Farnesina dovrà affrontare.

Oltre a quello relativo all’immigrazione, tra i tanti dossier sulla scrivania del ministro ci sono quelli dei rapporti con la Francia, visto che in passato con Parigi c’è stato più di uno screzio sulla vicenda dei Gilet Gialli.

I cugini d’Oltralpe infatti hanno sempre ben alte le proprie mire sulla Libia, paese con cui l’Italia storicamente è il partner economico privilegiato anche se le cose potrebbero a breve cambiare se il generale Haftar, molto vicino ai francesi, dovesse uscire vittorioso dalla guerra civile in atto.

Altro argomento delicato è quello dei rapporti con Stati Uniti, Russia e Cina. Nel programma è stato chiaramente ribadito come l’alleanza euroatlantica sia un “pilastro”, anche se la firma sull’accordo della Via della Seta è stato fortemente voluto proprio dai 5 Stelle, mentre per quanto riguarda Mosca ci sarà una particolare attenzione agli sviluppi della vicenda Savoini che preoccupa non poco la Lega.

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