Berlusconi indagato per le stragi di Mafia del ’93: cosa rischia il leader di Forza Italia?

Alessandro Cipolla

31 Ottobre 2017 - 11:34

Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono indagati a Firenze come mandanti delle stragi di Mafia del ’93 dopo le intercettazioni del boss Graviano. Ecco cosa rischia l’ex premier.

Berlusconi indagato per le stragi di Mafia del ’93: cosa rischia il leader di Forza Italia?

Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono indagati a Firenze in merito all’inchiesta sui mandanti “occulti” delle stragi di Mafia del 1993. Viene riaperto così il fascicolo che già era stato archiviato nel 2011.

Mentre a livello politico non si fa altro che parlare della nuova legge elettorale e delle possibili larghe intese con il PD, ecco che le frasi intercettate in carcere al boss mafioso Giuseppe Graviano fanno nascere questa ennesima grana giudiziaria per Silvio Berlusconi, con l’accusa questa volta che è però molto grave.

Berlusconi indagato per le stragi di Mafia

Difficile dimenticarsi della stagione delle bombe della Mafia. Il 1992 infatti fu il funesto anno dove il tritolo uccise prima Giovanni Falcone assieme alla moglie e poi Paolo Borsellino, oltre agli uomini della loro scorta.

L’anno successivo però la Mafia decise di cambiare strategia. Ecco dunque che il 1993 è l’anno delle bombe nelle città d’arte, per colpire così il patrimonio culturale e monumentale del paese allo scopo di poter iniziare una “trattativa” con lo Stato che stava cercando di rispondere in maniera energica dopo l’uccisione dei due magistrati palermitani.

Tra il 14 maggio e il 28 luglio del 1993 la Mafia mise bombe quindi a Roma, Milano e Firenze, provocando la morte di 10 persone e colpendo, oltre al cercare di uccidere il giornalista Maurizio Costanzo, luoghi d’arte come gli Uffizi, il Padiglione d’Arte Contemporanea e la Basilica di San Giovanni in Laterano.

Dopo vari processi il Tribunale di Firenze condannò gli autori materiali e i mandanti delle stragi all’ergastolo. Tra cui anche il boss Giuseppe Graviano che fino a qualche anno fa era recluso nel carcere di Ascoli Piceno prima di essere trasferito a Milano.

In parallelo però la Procura di Firenze ha portato avanti anche un’altra inchiesta per cercare di individuare anche possibili mandanti “occulti”. Vennero così iscritti nel registro degli indagati nel 1996 Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri in seguito alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

Non trovando però ulteriori risultati investigativi a sostegno di quanto raccontato dai pentiti, l’inchiesta venne archiviata. Adesso però la Procura ha chiesto e ottenuto la riapertura del fascicolo dopo le intercettazioni riguardanti il boss Graviano.

Gli inquirenti che stanno indagando sulla presunta “Trattativa Stato-Mafia” hanno intercettato Giuseppe Graviano durante l’ora d’aria nel carcere di Ascoli Piceno, carpendo alcuni discorsi fatti con un altro detenuto.

Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo c’è stata l’urgenza. Lui voleva scendere… però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa.

Frasi queste che hanno spinto la Procura di Firenze a riaprire l’inchiesta e a indagare nuovamente Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, attualmente in carcere quest’ultimo dopo una condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Nicolò Ghedini, legale di Berlusconi, ha definito il tutto “ illazioni e notizie infamanti prima del voto, non avendo mai avuto alcun contatto il presidente Berlusconi né diretto né indiretto con il signor Graviano”.

Il legale di Dell’Utri invece ha contestato che nell’intercettazione sia stata pronunciata la parola “Berlusca”, con la difesa che avrebbe individuato invece nei termini “benissimo” o “bravissimo” la trascrizione esatta. Interrogato nel merito Giuseppe Graviano si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Cosa rischia Berlusconi?

Silvio Berlusconi quindi è di nuovo indagato nell’inchiesta fiorentina sui mandanti “occulti” delle stragi di Mafia del 1993. Alla base della riapertura del fascicolo ci sarebbero le intercettazioni di Giuseppe Graviano, che però nel merito non parla con gli inquirenti.

Il boss di Brancaccio infatti, accusato tra le altre cose di essere stato colui che ha azionato il telecomando della strage di via D’Amelio, non si è mai pentito e ora sta scontando il carcere a vita dopo condanne a diversi ergastoli.

Se Silvio Berlusconi dovesse essere rinviato a giudizio per questa grave accusa, cosa rischierebbe il leader di Forza Italia? Naturalmente le indagini sono lunghe e complesse, ma per il reato di strage non è prevista la prescrizione.

Una persona riconosciuta di essere stata un “concorrente” nella pianificazione delle stragi, rischierebbe la stessa richiesta di condanna riservata agli autori materiali dei sanguinosi attentati: l’ergastolo.

Anche però nel caso di un concorso di minore entità, la condanna non potrebbe essere inferiore ai 15 anni di reclusione. Pene previste quindi molto dure, con le accuse definite “infamanti” che già sono state tutte respinte con fermezza dai legali di Berlusconi.

Vedremo dunque come evolverà l’indagine, che però senza ulteriori riscontri alle parole, che sono state contestate nella loro esattezza dalla difesa di Dell’Utri, intercettate a Graviano con ogni probabilità è destinata a una nuova archiviazione così come già avvenuto anni fa.

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