The Rock Trading: i fatti che hanno preceduto il blocco

Niccolò Ellena

7 Marzo 2023 - 12:22

The Rock Trading, piattaforma per l’exchange di criptovalute, è sotto indagine per truffa. Non è la prima volta che l’azienda attira l’attenzione della legge, vediamo quando e cosa è successo.

The Rock Trading: i fatti che hanno preceduto il blocco

The Rock Trading, piattaforma di exchange di criptovalute italiana con 34mila utenti, è ancora bloccata.

Le autorità competenti stanno indagando, si teme un tentativo di frode. I fatti relativi all’azienda fondata a Milano nel 2011 da Andrea Medri e Davide Barbieri sono iniziati il 21 febbraio, quando la piattaforma ha disabilitato la possibilità di utilizzare la piattaforma di exchange di criptovalute per problemi di liquidità.

Pochi giorni dopo, il 27 febbraio, l’azienda ha dato di nuovo la possibilità agli utenti di controllare movimentazioni e saldo. Ma gli investitori non sono rimasti a guardare: in breve tempo il Sindacato Italiano Tutela Investimento e risparmio (SITI) ha organizzato una class action per tutelarli, inoltre, il 23 febbraio la Presidente dell’azienda Stefania Barsalini si è dimessa.

In seguito a questa grande confusione, le autorità hanno iniziato a indagare sugli eventi. Il caso è attualmente trattato da due procure: quella di Firenze e quella di Milano, dove ha sede l’azienda. Ad occuparsene sono complessivamente cinque magistrati, quattro a Milano e uno a Firenze, e due nuclei della Guardia di Finanza (Pef Milano e Nucleo Valutario di Milano).

Non è la prima volta che The Rock Trading attira su di sé l’attenzione della legge. In passato infatti era già accaduto, sia in maniera diretta che indiretta. Vediamo alcuni dei casi più importanti.

Perché The Rock Trading potrebbe essere accusata di riciclaggio

Secondo quanto riportato dal Sole24Ore, il fatto che nelle indagini sia coinvolto il Nucleo speciale della Polizia Valutaria (Nspv) potrebbe rappresentare un indizio. Gli uomini che ne fanno parte sono esperti di antiriciclaggio, tanto da collaborare insieme alla Direzione investigativa antimafia (Dia) nel raccoglimento delle operazioni sospette dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, specializzata nel contrastare il riciclo di denaro.

Già nel 2018 il Nspv aveva messo gli occhi su The Rock Trading, a causa di un’inchiesta per autoriciclaggio che riguardava fatti accaduti l’anno precedente. In quel contesto, un utente della piattaforma aveva deciso di rivolgersi a The Rock Trading per cambiare 131 Bitcoin in 1,5 milioni di euro, spostando poi la somma su i suoi conti in Svizzera.

Questo avvenimento aveva portato il Nspv a fare un accurato controllo del modus operandi adottato da The Rock Trading. È possibile presupporre che le autorità competenti abbiano optato per fare ulteriori controlli, visto questo precedente.

Cosa c’entra The Rock Trading con la truffa BitGrail

Un altro caso in cui The Rock Trading ha fatto parlare di sé risale al 2018, quando è avvenuta una crypto-truffa al tempo assolutamente inedita. In breve, Francesco Firano, fondatore della piattaforma di exchange di criptovalute BitGrail aveva denunciato un furto di circa 120 milioni di euro in crypto.

Una volta svolte le indagini, l’accusa aveva reputato responsabile lo stesso fondatore, colpevole di non aver posto rimedio a un bug nonostante ne fosse a conoscenza. Sarebbe stato proprio il suddetto bug a permettere agli hacker di sottrarre illecitamente la somma rubata.

Ebbene, in questo caso The Rock Trading è stata menzionata poiché l’indagato, tre giorni prima della denuncia, aveva trasferito sul proprio conto personale sulla piattaforma ben 230 Bitcoin.

Questo fatto aveva attirato l’attenzione degli inquirenti sulla compagnia. Le indagini relative a questo caso sono ancora in corso, la prima udienza è fissata a ottobre di quest’anno.

The Rock Trading: «mala gestione» emersa nel 2019

Anche nel 2019, The Rock Trading ha attirato l’attenzione delle Forze dell’Ordine. In particolare, la Guardia di Finanza aveva segnalato che alcuni utenti della piattaforma avevano investito cifre molto alte rispetto alle loro capacità reddituali, e ciò li aveva fatti insospettire.

A questo va aggiunto che circa 40 persone pregiudicate per vari reati avevano comprato Bitcoin per un valore di nove milioni e mezzo di euro. Al tempo, il PM incaricato di seguire il caso aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione del caso per la maggior parte degli indagati. I pochi ancora coinvolti in questa vicenda lo sono per aver dichiarato il falso nelle loro autodichiarazioni patrimoniali.

I dirigenti della piattaforma sono stati comunque indagati per riciclaggio e associazione a delinquere. Il caso è stato poi archiviato poiché l’accusa non possedeva né le prove per dimostrare che essi sapessero della provenienza illecita dei soldi investiti in Bitcoin; né le prove che fossero d’accordo con i clienti per riciclare del «denaro sporco».

Il fatto che la dirigenza non si fosse accorta delle irregolarità manifestate da questi 40 utenti aveva comunque portato il PM a sanzionare - ma soltanto sul piano amministrativo - la piattaforma per «mala gestione generalizzata» della società, sostenendo che i vertici non avessero correttamente adempiuto alla corretta applicazione della normativa antiriciclaggio.

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