Spetta il risarcimento a chi viene morso da un cane randagio?

Ilena D’Errico

4 Novembre 2022 - 21:10

In caso di morso da parte di un cane randagio spetta il risarcimento, ma soltanto in alcuni casi specifici. Ecco quando si può richiedere.

Spetta il risarcimento a chi viene morso da un cane randagio?

I cani registrati all’Anagrafe canina sono sotto la completa responsabilità dei proprietari, i quali sono tenuti a rispondere anche in caso di eventuali aggressioni. Come si può immaginare, la situazione è completamente differente quando i cani non sono registrati, in quanto non sempre spetta il risarcimento a chi viene morso da un cane randagio.

L’incolumità delle persone è sicuramente un obbiettivo che la legge intende tutelare in ogni modo, ma in questo caso particolare non è sempre facile individuare il soggetto in capo al quale verte la responsabilità dei cani aggressori, circostanza fondamentale per richiedere un eventuale risarcimento danni.

Secondo la legge, infatti, non è possibile ricondurre la responsabilità dei cani randagi in automatico alla Pubblica Amministrazione. Non si può quindi configurare la cosiddetta responsabilità oggettiva: la Pubblica amministrazione non risponde del comportamento dei cani in assenza di un comportamento colpevole.

Chi è responsabile dei cani randagi e quando si può chiedere il risarcimento

La responsabilità dei cani randagi non è specificata in maniera uniforme per quanto riguarda il territorio italiano, in quanto sono le normative locali delle singole Regioni a stabilire un programma contro il randagismo e l’attività di accalappiacani. In generale, i compiti di controllo e prevenzione sono ripartiti fra il Comune e l’Asl di competenza, che a seconda della normativa specifica risponderanno dei danni in maniera diversa.

Nonostante manchi per il momento una normativa nazionale cui far riferimento, è possibile ricavare una serie di principi generali dalle sentenze emesse dalla Corte di cassazione in merito a casi inerenti le aggressioni dei cani randagi. In via generale:

  • Spettano al Comune l’istituzione dell’Anagrafe canina, la costruzione e la gestione di rifugi e canili e in generale tutti i compiti inerenti alla prevenzione del randagismo.
  • Le Asl, invece, devono occuparsi nel concreto del servizio di accalappiacani e del relativo trasferimento dei cani presso i canili pubblici.

Ogni caso concreto risulta comunque differente, in quanto concorrono i campo vari fattori, il più importante dei quali è rappresentato dalle regole regionali. In ogni caso la responsabilità del Comune non esclude quella dell’Asl e viceversa. La legge regionale, peraltro, può determinare anche una concorrenza, ossia la responsabilità solidale. La legge, invece, può indicare anche la responsabilità diretta delle Regioni, le quali spesso sono state chiamate in causa per rispondere dei danni provocati da cani randagi.

È quindi a questi soggetti che può essere richiesto il risarcimento danni, ma soltanto quando le circostanze lo ammettono. In buona sostanza, gli enti sono considerati responsabili soltanto quando hanno peccato nell’attuazione delle misure regionali di controllo e prevenzione. Come anticipato, infatti, non si può parlare di responsabilità oggettiva bensì di legittimazione passiva.

Come richiedere il risarcimento per l’aggressione di un cane randagio

I precedenti giurisprudenziali danno l’idea che l’onere di provare la colpevolezza della Pubblica amministrazione sia del tutto a carico della vittima interessata. Nel dettaglio, numerose sentenze lasciano intendere che il cittadino debba necessariamente dimostrare che erano avvenute segnalazioni in merito al randagismo, volutamente ignorate.

La Cassazione, tuttavia, ha alleggerito notevolmente il compito dei cittadini, che per richiedere un risarcimento si possono limitare a dimostrare che la Pubblica amministrazione non ha messo in atto le misure di prevenzione e controllo necessarie per il randagismo.

Si tratta della necessaria conclusione del compito di vigilanza in capo al Comune e all’Asl, che deve essere svolto a prescindere dell’eventuale collaborazione civica. Grazie alle sentenze più recenti, dunque, l’onere di prova a carico delle vittime risulta notevolmente alleggerito. Nel dettaglio:

  • È l’Azienda sanitaria locale a dover provare in primo luogo di aver attivato le procedure necessarie al recupero e al collocamento dei cani randagi.
  • Soltanto in seguito, nel caso in cui l’Asl non ammetta un’eventuale colpevolezza, la vittima dovrà dimostrare i malfunzionamenti e le mancanze presenti nel servizio.

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