Scuola, voti più alti e stipendi differenziati per gli insegnanti: cosa cambia

Teresa Maddonni

26 Gennaio 2023 - 13:43

Una scuola senza voti troppo bassi e con stipendi differenziati per territorio: due proposte che arrivano rispettivamente dall’Alto Adige e dal ministro Valditara. Scoppia la polemica.

Scuola, voti più alti e stipendi differenziati per gli insegnanti: cosa cambia

Continua il dibattito sulla scuola tra chi propone voti più alti e chi, come il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, parla di stipendi differenziati tra gli insegnanti guardando alla loro collocazione geografica.

Niente voti al di sotto del 4, la proposta per la scuola con valutazioni più generose arriva dall’Alto Adige, perché, secondo l’assessore provinciale alla scuola in lingua tedesca Philipp Achammer, i voti bassi non hanno alcun valore educativo e pedagogico.

Alla proposta ha risposto anche il ministro Valditara che in altro contesto, e precisamente durante la piattaforma di dialogo “Italia 2023: persone, lavoro, impresa” di PwC e Gruppo Gedi, ha innescato un’ulteriore polemica suscitando le reazioni delle opposizioni e dell’Associazione nazionale presidi.

Il ministro in quota Lega non solo ha parlato dei finanziamenti privati per la scuola, ma anche della necessità, in ottica di una differenziazione regionale, di rivedere eventualmente gli stipendi degli insegnanti.

Intanto lo stesso ministro ha inviato alla Commissione europea la sua proposta per la fase transitoria della riforma del reclutamento dei docenti, proponendo assunzioni degli insegnanti nel 2023 senza concorso, ma direttamente dalle graduatorie per le supplenze.

Vediamo più nel dettaglio cosa cambierebbe nella scuola secondo le proposte di Valditara e dell’Alto Adige.

Scuola, voti più alti dal 4 in su: la proposta dell’Alto Adige

Vietato dare un voto al di sotto del 4. La scuola con voti più alti nascerebbe dalla proposta dell’Alto Adige e precisamente dall’assessore provinciale alla scuola in lingua tedesca Philipp Achammer.

Secondo il politico locale i voti bassi “non hanno alcun valore educativo e pedagogico”. La proposta, tuttavia, difficilmente potrebbe andare in porto dal momento che non sembra incontrare il favore del mondo scolastico e neanche quello del ministro dell’Istruzione e del merito. Valditara è intervenuto sulla questione dei voti non più bassi del 4 perché diseducativi sulle pagine del Corriere della Sera.

“I voti servono solo come indicatori temporanei durante l’anno e possono essere declinati nella misura più utile allo studente e al docente. Una scuola positiva e amica considera il voto come semplice indicatore del livello raggiunto in quel momento.”

Queste le parole del ministro che ha aggiunto:

“Quello che conta è che ci sia un criterio di valutazione serio che serva a studente e docente per far capire: stai andando bene, stai andando male. Insomma il livello di preparazione e di rendimento in quel determinato momento. Per il resto attenzione a non far crescere nell’ovatta i nostri ragazzi. Se non li abituiamo ad affrontare le frustrazioni che nella vita saranno tante facciamo il loro male.”

La proposta dell’Alto Adige sembra destinata a non avere successo. Possiamo dire che già oggi le scuole si dotano di regole per l’attribuzione dei voti delegate al Ptof (Piano triennale dell’offerta formativa), redatto dagli organi collegiali del singolo istituto.

Molti Ptof prevedono, oltre alle apposite e meticolose griglie di valutazione per le verifiche scritte e orali che ciascun docente deve seguire, anche un voto limite al di sotto del quale non si può andare. In molti casi, infatti, il 2 è bandito e la valutazione deve necessariamente partire dal 3.

Scuola e stipendi differenziati per gli insegnanti: cosa cambia

Il ministro Valditara, in altre circostante, ha parlato degli stipendi differenziati per gli insegnanti, anche in un’ottica di differente costo della vita nelle varie città italiane, quindi, tendenzialmente più alto al Nord rispetto ad alcune città del Sud.

Il discorso del ministro, durante la piattaforma di dialogo “Italia 2023: persone, lavoro, impresa” di PwC e Gruppo Gedi, è partito dalla necessità di finanziamenti, anche privati alle scuole, nell’ottica però di non creare disparità a livello territoriale.

“La scuola pubblica ha bisogno di nuove forme di finanziamento - ha affermato il titolare di viale Trastevere -, anche per coprire gli stipendi dei professori che potrebbero subire una differenziazione regionale. E per trovarle, si potrebbe aprire ai finanziamenti privati.”

Il ministro pensa a una scuola che potrebbe cambiare cercando aziende disposte a finanziare la scuola pubblica e alla creazione, per evitare concentrazioni di risorse solo in alcuni territori, di un fondo perequativo centralizzato e ministeriale “che consenta, con i fondi attratti per un liceo di Brescia, di finanziarne anche uno a Palermo o un istituto professionale a Caserta”.

In merito alla differenziazione degli stipendi degli insegnanti Valditara ha dichiarato:

“Io credo che il contratto nazionale non verrà toccato, non ritengo nemmeno che sia una richiesta delle Regioni, semmai la richiesta delle Regioni è consentire maggiore equità laddove il costo della vita sia molto più alto.”

E se per Mario Rusconi, dell’Associazione nazionale presidi di Roma, la proposta di Valditara è abbastanza sensata, tra stipendi differenziati e fondi dei privati, non lo è per le opposizioni dai Cinque stelle al Pd.

“Valditara getta la maschera e descrive a chi avesse ancora qualche dubbio il modello che vuole realizzare questo governo: la scuola delle disuguaglianze.

Queste le parole del Movimento cinque stelle che aggiunge:

“Garantire stipendi più alti al Nord perché il costo della vita è più alto non ha nulla a che vedere con il merito, né tiene conto degli sforzi enormi che molti docenti mettono in campo in contesti disagiati, dove la scuola rappresenta il principale presidio democratico.”

Per il momento sulla scuola siamo nel campo delle idee e delle proposte. Occorre attendere per capire quali passi compirà concretamente il governo laddove anche sindacati si dicono strenuamente contrari all’autonomia differenziata.

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