Ecco quando vanno in pensione le donne in Italia

Simone Micocci

14/04/2024

15/04/2024 - 07:17

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Pensioni, quali sono i requisiti richiesti alle donne? Poche differenze rispetto ai colleghi uomini.

Ecco quando vanno in pensione le donne in Italia

A definire le regole per l’accesso alla pensione in Italia è principalmente la legge Fornero del 2011, alla quale si aggiungono i provvedimenti attuati in questi anni per assicurare una maggiore flessibilità in uscita.

Con la legge Fornero i requisiti per la pensione di vecchiaia sono stati equiparati per uomini e donne: salvo il caso particolare della pensione anticipata, quindi, oggi non ci sono differenze tra età e contributi richiesti a lavoratori e lavoratrici.

Va considerata poi Opzione donna, per quanto negli ultimi due anni la platea si sia fortemente ridotta, e alcune agevolazioni riconosciute alle donne con figli che consentono di anticipare di qualche mese, o anno, l’accesso alla pensione.

Vediamo quindi quando vanno in pensione le donne in Italia, a che età e con quanti contributi, nonché quali sono le agevolazioni riconosciute a coloro che hanno avuto uno o più figli.

Regole per il pensionamento, poche differenze tra uomini e donne

Oggi, tanto per gli uomini quanto per le donne l’accesso alla pensione è consentito ricorrendo alle seguenti misure:

  • pensione di vecchiaia, 67 anni di età e 20 anni di contributi. Per chi ha una percentuale di invalidità di almeno l’80%, l’accesso alla pensione di vecchiaia avviene a 61 anni per gli uomini, 56 anni per le donne;
  • pensione di vecchiaia (opzione contributiva), 71 anni di età e 5 anni di contributi;
  • pensione anticipata (opzione contributiva), 64 anni di età e 20 anni di contributi, oltre a un assegno pari o superiore a 3 volte il valore dell’assegno sociale. Per le donne con un figlio, però, è sufficiente una pensione almeno pari a 2,8 volte l’assegno sociale, 2,6 volte per chi ne ha avuti almeno 2.

A queste se ne aggiunge una quarta che come anticipato è l’unica a prevedere ancora oggi una differenziazione tra uomini e donne, la pensione anticipata. Con questa, infatti, il pensionamento è consentito indipendentemente dall’età anagrafica, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

Per i cosiddetti lavoratori precoci, ambosessi, disoccupati, invalidi, caregiver o lavoratori usuranti, invece, sono sufficienti 41 anni di contributi grazie alla cosiddetta Quota 41.

Infine, eccezionalmente nel 2024 c’è Quota 103, dove l’accesso alla pensione si raggiunge con almeno 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi.

L’agevolazione per le donne con figli

Come visto sopra, per l’opzione contributiva della pensione anticipata esiste un’agevolazione per le donne con figli che consente loro di smettere di lavorare anche con un assegno più basso rispetto a quello richiesto alla generalità dei lavoratori.

Ma non è l’unico “sconto” previsto per le donne con figli: la legge n. 335 del 1995, infatti, riconosce per l’accesso alla pensione di vecchiaia, compresa quella contributiva, come pure per la pensione anticipata contributiva, uno sconto sull’età anagrafica di 4 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 12 mesi.

Una lavoratrice con 3 figli, quindi, potrebbe smettere di lavorare già a 63 anni se soddisfa i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata contributiva, o comunque con un anno di anticipo rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia.

In alternativa, alle lavoratrici con figli spetta un’agevolazione che aumenta l’assegno, in quanto il coefficiente applicato per trasformare il montante contributivo in pensione viene aumentato di 1 anno (e quindi migliorato) per le lavoratrici con 1 o 2 figli, 2 anni per quelle con 3 o 4 figli.

Ape Sociale

Anche le donne possono accedere all’Ape Sociale, l’anticipo pensionistico con cui coloro che hanno maturato almeno 30 anni di contributi (36 anni nel caso di chi ha svolto lavori usuranti) possono smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi, percependo un’indennità sostitutiva della pensione (per 12 mensilità l’anno).

Nel caso delle donne, però, vi è un’agevolazione: ai fini del riconoscimento dell’indennità, i requisiti contributivi ridotti sono ridotti di 12 mesi per ogni figlio fino a un massimo di 2 anni. Una lavoratrice con 3 figli, quindi, può accedere all’Ape Sociale comunque con 63 anni e 5 mesi di età ma con “soli” 28 anni di contributi.

Opzione Donna

Per poche migliaia di lavoratrici vi è ancora la possibilità di andare in pensione con Opzione Donna.

L’ultima legge Bilancio però ne ha ridotto ulteriormente la platea stabilendo che per andare in pensione con Opzione donna bisogna aver raggiunto entro il 31 dicembre 2023 i seguenti requisiti:

  • età anagrafica pari a 61 anni, 60 anni nel caso delle lavoratrici con un figlio, 59 anni per quelle con almeno 2;
  • 35 anni di contributi.

Inoltre, bisogna ritrovarsi in almeno una tra le seguenti condizioni:

  • caregiver, ossia assistono da almeno 6 mesi (calcolati dalla data di presentazione della domanda) il coniuge, la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, Legge 5 febbraio 1992 numero 104) ovvero un parente o affine di secondo grado convivente, qualora i genitori, il coniuge o la persona unita civilmente del soggetto con handicap abbiano compiuto i 70 anni di età ovvero siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti
  • invalidità di almeno il 74%;
  • lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy per la gestione della crisi aziendale.

Requisiti complicati da raggiungere, ecco perché oggi si tratta di “un’Opzione per poche donne”.

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