Prezzo del petrolio sotto pressione, tonfo o rally in vista?

Violetta Silvestri

22/03/2024

22/03/2024 - 10:46

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Il prezzo del petrolio oscilla e non prende una chiara direzione: quali sono i fattori che stanno impattando sul greggio? Cosa c’è da sapere e quali previsioni, rally o tonfo?

Prezzo del petrolio sotto pressione, tonfo o rally in vista?

Il prezzo del petrolio sta archiviando la settimana all’insegna dell’incertezza. Le quotazioni restano sotto pressione per un mix di fattori che non offrono al greggio una direzione certa nel breve periodo.

I futures sul West Texas Intermediate (WTI) vengono scambiati vicino al minimo settimanale, oscillando di poco tra 80 e 81 dollari nella sessione europea mattutina. Il greggio Brent è in calo a poco più di 85 dollari al barile.

Entrambi i contratti sono destinati a chiudere la settimana invariati o in leggero ribasso dopo essere aumentati di oltre il 3% nei 7 giorni precedenti. Il contesto di domanda robusta e crescente timore per l’offerta è stato mitigato da nuovi eventi che hanno in parte frenato le preoccupazioni geopolitiche, facendo sperare in una fornitura senza interruzioni in Medio Oriente.

Il dollaro forte, inoltre, ha impattato sulla domanda dell’oro nero. In un contesto divenuto complesso e incerto, il prezzo del petrolio sembra quindi destinato a oscillare ancora, tra potenziali rally e tonfi.

Tutti questi fattori possono colpire il prezzo del petrolio

I prezzi del petrolio sono scesi sul finire della settimana, spinti al ribasso da un possibile cessate il fuoco a Gaza che potrebbe alleviare le preoccupazioni geopolitiche in Medio Oriente, mentre anche il rafforzamento del dollaro e la vacillante domanda di benzina statunitense hanno pesato sulle quotazioni.

Nel dettaglio, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che le lacune si stanno riducendo nei colloqui in corso volti a raggiungere un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi, allentando le preoccupazioni per le interruzioni delle forniture in Medio Oriente.

Questo, insieme agli acquisti di dollari Usa, sostenuti dalle prospettive economiche ottimistiche degli Stati Uniti, sono fattori chiave che esercitano una pressione al ribasso sulle materie prime denominate in USD, compresi i prezzi del petrolio greggio. Il calo, tuttavia, sembra attenuato sulla scia delle preoccupazioni sulla riduzione dell’offerta globale.

Un cessate il fuoco contribuirebbe a calmare i timori che la situazione a Gaza possa diffondersi più ampiamente in tutta la regione. Inoltre, potrebbe incoraggiare gli Houthi a ritirarsi e consentire alle petroliere di passare attraverso il Mar Rosso, il che sarebbe anche uno sviluppo positivo in termini di aiuto per bilanciare le dinamiche della domanda e dell’offerta, ha osservato l’analista di IG Tony Sycamore.

Tuttavia, i rischi sull’offerta rimangono validi. Reuters ha citato i dati della società di consulenza FGE che mostrano che le scorte onshore di petrolio greggio e combustibili sono diminuite di 12 milioni di barili nella prima metà del mese. Si è trattato di un calo molto più marcato rispetto alla media stagionale di circa 6 milioni di barili per il periodo tra il 2015 e il 2019.

“Ci aspettiamo che i mercati petroliferi rimangano tesi nel breve termine, mentre è probabile che anche i rischi geopolitici creino alcuni attacchi di volatilità”, ha detto a Bloomberg un analista di Standard Chartered.

Le interruzioni dell’offerta in Russia hanno continuato a esercitare una pressione al rialzo sui prezzi, anche se negli ultimi due giorni questa è stata compensata dalla forza del dollaro (un dollaro più forte rende il petrolio più costoso per gli investitori che detengono altre valute, frenando la domanda). Anche la percezione di una minore domanda di benzina negli Stati Uniti ha contribuito a moderare le quotazioni, anche se le scorte di carburante hanno registrato un altro calo settimanale, secondo l’ultimo rapporto sulle dell’EIA.

Rally o tonfo? Le previsioni sul prezzo del petrolio

Secondo l’analisi degli esperti di ING, previsioni sono al rialzo sul Brent da 80 dollari al barile a 87 dollari al barile nel secondo trimestre di quest’anno, mentre le stime per il terzo trimestre sono state aumentate da 82 dollari al barile a 88 dollari al barile. Di conseguenza, per il 2024 “prevediamo che il Brent raggiungerà una media di 86 dollari al barile, in aumento rispetto agli 82 dollari al barile precedenti.”

Tuttavia, le prospettive per la seconda metà dell’anno dipenderanno ancora una volta in gran parte da ciò che l’OPEC+ deciderà con i suoi ulteriori tagli volontari. “Nel nostro bilancio non presupponiamo alcuna proroga oltre il secondo trimestre. Tuttavia non escludiamo certo un rollover almeno parziale nella seconda metà dell’anno”, hanno scritto gli strateghi.

Un prolungamento dei tagli garantirebbe che il mercato rimanga in un deficit abbastanza profondo per il resto del 2024 e probabilmente richiederebbe anche un’ulteriore revisione delle previsioni sui prezzi per la fine dell’anno.

Stando alle indicazioni degli esperti di FXstreet, gli attacchi di droni ucraini contro le raffinerie di petrolio russe potrebbero portare a una minore produzione di carburante da parte di queste ultime. Ciò si aggiunge alla decisione dei membri dell’OPEC+ di estendere i tagli alla produzione di 2,2 milioni di barili al giorno fino al secondo trimestre e alla revisione al rialzo della crescita della domanda di petrolio da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia nel 2024.

Inoltre, un’economia statunitense più forte e una potenziale ripresa in Cina alimentano le aspettative di una riduzione dell’offerta. Ciò potrebbe fungere da vento favorevole per i prezzi del petrolio greggio, con una certa cautela per i trader ribassisti.

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