La plastica riempirà gli oceani entro il 2040. Lo studio

Marco Ciotola

26/07/2020

Enormi quantità di plastica potrebbero letteralmente ricoprire gli oceani entro il 2040, a meno di una “azione globale immediata”

La plastica riempirà gli oceani entro il 2040. Lo studio

La plastica riempirà gli oceani entro il 2040.
L’allarme arriva da uno studio condotto dall’Università di Leeds, nel Regno Unito.

Il report conclusivo, stilato dal docente Costas Velis, parla di oltre 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti in plastica che confluiranno negli oceani.
Una circostanza inevitabile nei prossimi due decenni, a meno che non si procederà ad “un’azione globale immediata”.

Tutti elementi in arrivo dal lavoro di un gruppo di scienziati che ha sviluppato un nuovo modello computerizzato, in grado di tracciare il flusso dell’inquinamento nel mondo.

La produzione di plastica monouso è aumentata negli ultimi decenni, con la conseguenza ben visibile che oceani e sottosuolo sono sempre più colmi di rifiuti e i sistemi di gestione, smaltimento e riciclo mostrano enormi difficoltà.

La plastica riempirà gli oceani entro il 2040

Con ormai centinaia di isole di plastica nei mari, uno sforzo globale volto a ridimensionarne il consumo sembra più che mai necessario, e potrebbe effettivamente ridurre l’inquinamento di circa l’80%.

Eppure, anche se si dovesse procedere con il massimo impegno, circa 710 milioni di tonnellate di plastica saranno riversate tra ambiente e oceani entro il 2040 secondo il nuovo studio, chiamato “Rompere l’onda di plastica”:

“Questa indagine scientifica ci ha fornito per la prima volta una visione completa delle quantità sbalorditive di rifiuti che vengono scaricate negli ecosistemi terrestri e acquatici in tutto il mondo”,

ha dichiarato Costas Velis, docente a capo della ricerca.

Lo studio sembra aver quindi garantito un quadro molto più chiaro delle fonti d’inquinamento e del loro potenziale nocivo nel corso dei decenni.
L’aumento della plastica monouso, stimato del 40% per i prossimi 10 anni, ha fatto registrare una decisa accelerazione durante la pandemia di coronavirus.

Molti Paesi hanno incoraggiato e implementato l’utilizzo del monouso per arrestare i contagi, e le operazioni di riciclaggio si sono in parte bloccate.
A peggiorare le cose, l’emergenza sanitaria ha anche rallentato i sistemi di gestione rifiuti e causato tagli ai prezzi della plastica.

Secondo i ricercatori, i rifiuti di plastica che affluiscono negli oceani ogni anno raddoppieranno entro il 2040, mettendo la fauna marina sempre più in difficoltà.

Plastica: prossimi 20 anni decisivi

Al momento, la maggior parte degli imballaggi in plastica viene utilizzata solo una volta per poi diventare rifiuto. La principale fonte di inquinamento deriva da quelli urbani, prodotti dalle famiglie.

Al di là del grado di impegno dei governi, nei prossimi 20 anni almeno 29 milioni di tonnellate di plastica finiranno nei mari secondo i ricercatori.

Una delle maggiori preoccupazioni è legata ai rifiuti bruciati all’aperto. Mentre la combustione limita lo scarico negli oceani, il processo rilascia gas serra che pesano sul riscaldamento globale e rilasciano nell’aria sostanze tossiche e cancerogene come diossine, mercurio e gas stirene.

“Bruciare è un’arma a doppio taglio. Riduce la quantità di plastica che potrebbe finire nei mari e sulla terra, ma crea molti altri problemi ambientali e pesa enormemente sul riscaldamento globale”,

ha spiegato Ed Cook, tra gli autori dello studio.

Cina, Indonesia, Filippine, Vietnam e Tailandia contribuiscono al rilascio della maggior parte dei rifiuti in plastica negli oceani, stando a un rapporto del 2015 realizzato da Ocean Conservancy.

Raccolta e riciclo restano i metodi più efficaci per ridurre l’inquinamento, ma lo studio ha sottolineato che non esiste una vera soluzione per arrestare l’inquinamento da plastica.

Per questo i ricercatori sollecitano a un “cambiamento radicale nella catena di approvvigionamento globale”, così da poter “frenare l’afflusso nell’ambiente.”

Argomenti

Iscriviti a Money.it