Italia: manovra correttiva inevitabile, possibile patrimoniale e IMU nel 2021

Alessandro Venuti

20/02/2019

20/02/2019 - 19:16

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L’Italia non crescerà ai ritmi previsti dal Governo. Patrimoniale e aumento IVA sono gli spettri più temuti dagli italiani in un contesto di rallentamento economico non solo italiano ma globale. Ne abbiamo parlato con Maurizio Mazziero

Italia: manovra correttiva inevitabile, possibile patrimoniale e IMU nel 2021

Il 31 gennaio scorso l’Italia è ufficialmente entrata in recessione tecnica.

Già per il terzo trimestre 2018 l’ISTAT aveva riferito una decrescita dello 0,1%, fattore che ha gettato le basi affinché si potesse iniziare a parlare di recessione tecnica.

Con i dati sul PIL pubblicati a fine gennaio 2019 i timori di analisti ed economisti sono stati confermati. Con una crescita in negativo per il quarto trimestre 2018 dello 0,2% lo spettro della recessione tecnica si è infine concretizzato, lasciando al Governo un 2019 molto sfidante sotto certi aspetti. Ne abbiamo parlato con Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research.

Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research e Socio Professional SIAT

Dott. Mazziero, nell’attuale contesto di rallentamento economico globale, quanto può crescere l’Italia e perché?

L’Italia nel contesto economico attuale si trova nelle stesse condizioni della Germania, seppur con qualche fragilità superiore. L’Europa è un esportatore netto come manifattura, ed essendo Italia e Germania i due più grandi esportatori dell’area euro, l’attuale contesto di rallentamento economico, enfatizzato dai rischi di dazi commerciali, influisce negativamente alle esportazioni italiane, le quali sono un aspetto rilevante del Pil. Ne consegue che la crescita italiana ne risente. Una volta assodata la recessione il passo successivo è determinare quali impatti si possano avere nel 2019. Secondo le nostre proiezioni per il 2019 ci aspettiamo, cautelamene, un progressivo ritorno alla crescita con accelerazioni trimestrali. Il PIL annuale risulta essere compreso tra lo 0,3% e l’1,0%. In particolare lo 0,1% nel primo trimestre, lo 0,2% nel secondo trimestre e lo 0,3% sia nel terzo che nel quarto trimestre 2019. Tuttavia, dagli ultimi dati negativi pubblicati dall’ISTAT, nella fattispecie riguardo il fatturato dell’industria, potrebbero già compromettere la crescita nel primo trimestre 2019. L’italia è in una situazione molto fragile all’interno dell’Eurozona.

Il Governo riuscirà a rispettare l’obiettivo di crescita dell’1%?

No assolutamente. Secondo i nostri studi per arrivare ad una crescita dell’1% all’anno l’Italia dovrebbe crescere al ritmo dello 0,3% nel primo trimestre, dello 0,5% nel secondo, mentre nel terzo e quarto, rispettivamente dello 0,6% e dello 0,8%. Ma anche la stima di Banca d’Italia e dell’FMI dello 0,6% sarà difficile da raggiungere. La stima dello 0,3% annuale è già molto ottimistica in questo momento, se si considera che si poteva finire addirittura in stagnazione.

Quale sarà l’impatto sui mercati finanziari nel caso gli impegni deficit/Pil e debito/Pil concordati con l’UE non verranno rispettati?

C’è un elemento che collega le criticità sulle prospettive di crescita e il mercato azionario italiano: la grande presenza del settore bancario all’interno del FTSE Mib. Gli istituti bancari sono l’elemento più fragile in questo contesto, perché con una crescita così bassa - ribadendo che non si potrà raggiungere i target promessi dal Governo - i rapporti deficit/Pil e debito/Pil saranno più elevati e sicuramente la Commissione UE chiederà una manovra correttiva, che non potrà essere evitata. Se si fa più debito potrebbe aumentare lo spread BTp-Bund e conseguentemente si vedrebbe diminuito il valore dei titoli di Stato in pancia alle banche italiane che, in ultima istanza zavorrerebbero il FTSE Mib.

La manovra correttiva sarà sufficiente per riportare alla normalità i conti pubblici?

È probabile che la manovra correttiva sarà parziale e non riuscirà a riportare i conti pubblici nella corretta rotta. Già nel 2020 dovrebbe scattare un aumento dell’IVA dal 22 al 25,2% e nel 2021 al 26,5%. Chiaramente, come accaduto negli anni passati, questi aumenti potrebbero essere neutralizzati. Il problema è che neutralizzare l’aumento dell’IVA dal 22 al 25,2% significherebbe mettere a bilancio 23 miliardi per il 2020 e altri 29 miliardi per il 2021. Se ci troviamo in una situazione in cui già la crescita è bassa e i rapporti debito/Pil e deficit/Pil sono in costante crescita, è sempre più difficile la neutralizzazione di queste clausole di salvataggio. Questo significa che le cifre in gioco sono talmente elevate, poiché trascinate di anno in anno, che per forza rende ormai quasi sicuro, o meglio probabile, lo scatto nel 2020 dell’aumento IVA, probabilmente non fino al 25,2%, ma più ad un 24-24,5%.

L’indice FTSE Mib sopra i 20.000 punti non sembra riflettere pessimismo. Il rimbalzo di inizio anno è solo temporaneo?

Dipende dal contesto internazionale. Se l’S&P 500 continuerà per la via del rialzo è probabile che anche gli indici azionari europei proseguano i loro movimenti ascendenti. Va però notato che l’S&P 500 al momento si trova ai 2.800 punti, una resistenza che aveva fermato l’aumento delle quotazioni a novembre e dicembre. A mio modo di vedere credo che ci sia troppo ottimismo, probabilmente dovuto al fatto che possa verificarsi un esito positivo circa i negoziati tra gli Stati Uniti e la Cina. Il mercato è un po’ troppo positivo è non ne vedo il motivo dal momento che tutto è ancora molto incerto. Personalmente penso che a breve potrebbero arrivare delle docce fredde. Per avere una conferma di questo basta guardare come stanno salendo sia l’oro che l’argento, i gestori non sono tornati in risk-on.

Quali sono gli strumenti necessari per risollevare il Paese?

La dinamica del debito pubblico in continua crescita porterà ad un certo punto a porre mano ai conti. Per cercare di fare entrare denaro fresco nelle casse dello Stato ci sono due modi: una misura una tantum colpendo con una patrimoniale, oppure ritornando con la tassazione sulla prima casa. Nel caso della patrimoniale una tantum i benefici, emersi negli anni passati, sono sempre stati momentanei. La reale chiave di volta in tutto questo dovrebbe essere una ripresa degli investimenti pubblici, uno snellimento della burocrazia e un carico fiscale minore sul costo del lavoro, mosse che possono creare un ciclo virtuoso dal punto di vista della produzione interna e della crescita. Il Governo aveva un grande programma di investimento pubblico, ma di queste belle intenzioni non è rimasto praticamente nulla dopo la negoziazione con la Commissione europea.

Il goloso rendimento dei BTp potrebbe invogliare nuovi investitori esteri a comprare debito italiano?

Tutto dipende dalla percezione del rischio degli investitori, ma sopratutto dalle dichiarazioni che vengono fatte da parte dei membri del Governo. Se i membri del Governo fanno delle dichiarazioni dove si va addirittura a riprendere una disputa con l’Europa questo è un elemento scatenante che non fa altro che allontanare gli investitori esteri dall’Italia. Per concludere: il rendimento è interessante rispetto gli altri Paesi europei però i rischi ci sono. Tutto dipenderà da come il Governo sarà in grado di tenere sotto controllo il debito: se il debito continua a sfuggire di mano è chiaro che c’è una percezione di rischio e questa si rifletterà sullo Spread.

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