Huawei, il CEO sicuro: possiamo diventare i numeri uno

Marco Ciotola

28 Novembre 2019 - 20:39

Possiamo ancora diventare i numeri uno sul mercato degli smartphone, anche senza Google; lo assicura il CEO di Huawei, Ren Zhengfei

Huawei, il CEO sicuro: possiamo diventare i numeri uno

Huawei può ancora dominare il mercato, malgrado il pesante ban USA. Ne è convinto Ren Zhengfei, CEO della compagnia, pronto a prefigurare un futuro roseo per il colosso cinese, “anche senza Google”.

Zhengfei crede che la sua azienda possa ancora diventare il primo marchio di smartphone al mondo. Huawei al momento è il più maggior produttore al mondo di apparecchiature per le telecomunicazioni.

Era sulla buona strada per superare Samsung e diventare il primo venditore di smartphone a livello globale, fino all’inserimento nella blacklist statunitense, che impedisce alle società a stelle e strisce come Google, Intel e Broadcom di fare affari con Huawei, a meno che non ottengano una specifica licenza governativa per farlo.

Ora la quota di mercato estero conquistata dal colosso cinese si sta riducendo, perché i clienti cominciano a mostrare molta meno fiducia nell’acquistare un telefono che potrebbe non avere più accesso al Play Store di Google e ad app popolarissime come Facebook, Uber e Google Maps.

Huawei, il Ceo sicuro: possiamo diventare i numeri uno

Nel corso di un’intervista rilasciata alla CNN, Zhengfei ha chiarito che la società può ancora diventare il marchio di smartphone numero uno al mondo, anche senza Google:

“Non credo che sarebbe un problema, potrebbe volerci solo più tempo. Questo è un momento critico per tutti noi, spero che il governo degli Stati Uniti possa considerare ciò che è meglio per le aziende americane”,

ha dichiarato il CEO.

La compagnia è al momento sotto pressione per via del ban USA, sulla scia dell’accusa - portata avanti da Donald Trump in primis - che i prodotti Huawei rappresentino un rischio per la sicurezza nazionale, circostanza che la società cinese respinge con forza.

Alcuni colossi statunitensi come Microsoft hanno ricevuto licenze specifiche dal Dipartimento del Commercio, che autorizzano “attività limitate” non considerate come un “rischio significativo per la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera”.

Lo stesso dipartimento ha anche fatto sapere che ad alcune società sono state negate le licenze. Zhengfei ha dichiarato che a Google non è stata negata una licenza, ma non ne ha neanche ricevuta una per il momento.

La compagnia ha ripetuto diverse volte che preferirebbe continuare a lavorare con Google, ma ha al contempo reso noto il cosiddetto ’piano B’, che prevede - tra le altre cose - un proprio sistema operativo, HarmonyOS.

Gli Stati Uniti - continua Zhengfei - restano il Paese più potente in termini di innovazione e nessuno, compresa la Cina, riuscirà a superarli “per decenni a venire”:

“Se Huawei non potrà più lavorare al fianco di fornitori statunitensi, ricorreremo ad alternative che, quando mature, renderanno poi estremamente difficile un ritorno al passato”.

I numeri di Huawei quest’anno non hanno mostrato affatto una società in crisi o colpita dalla blacklist USA: a ottobre i conti hanno segnato ricavi in aumento del 24% nei primi nove mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

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