Flat tax, a chi non conviene: i calcoli da fare per chi ha la partita Iva

Stefano Rizzuti

21/01/2023

La flat tax è stata estesa, nel 2023, per i ricavi fino a 85mila euro. Ma non sempre conviene il regime agevolato: ecco i calcoli da fare per le partite Iva e quando può essere meglio l’ordinario.

Flat tax, a chi non conviene: i calcoli da fare per chi ha la partita Iva

La legge di Bilancio ha ampliato la flat tax. Non solo con l’introduzione di quella incrementale, ma anche con l’estensione del regime forfettario per le partite Iva: la soglia entro cui è possibile accedere all’aliquota piatta è stata innalzata da 65mila a 85mila euro di ricavi o compensi durante l’anno.

Considerando il regime Irpef e confrontandolo invece con la tassa piatta al 15% sembra naturale quale sia la scelta migliore per chi ha una partita Iva. In realtà, in alcuni casi, la scelta è meno scontata di quel che sembra e in alcune occasioni rinunciare alla flat tax può essere una soluzione migliore.

Ricordiamo che la flat tax è rivolta alle persone fisiche esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo: per questi contribuenti qual è quindi la scelta migliore e cosa conviene fare? È un’analisi del Corriere della Sera a valutare quali siano i casi in cui non conviene il regime agevolato.

Flat tax, quando conviene alle partite Iva

Il regime forfettario viene solitamente applicato alle partite Iva con attività d’impresa e professionale. Chi somma queste due voci è soggetto all’imposta sostitutiva Irpef e alle addizionali regionali e comunali del 15%, se la base imponibile non supera i 40mila, “pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022”, spiega il Corriere.

Per le nuove attività l’imposta viene ridotta al 5% per i primi cinque periodi d’imposta. L’aliquota è sicuramente più bassa rispetto all’Irpef, che parte almeno dal 23% con redditi fino a 15mila euro. Salendo, poi, al 43% oltre i 50mila euro. A cui aggiungere, ancora, le addizionali (che variano in ogni territorio). In questi casi, senza dubbio, conviene applicare la flat tax.

Partite Iva, quando non conviene la flat tax

Come detto, però, secondo l’analisi del Corriere non sempre la flat tax conviene. Soprattutto quando si hanno redditi più bassi e spese più alte, perché l’imposta forfettaria rischia di essere più alta del regime Irpef. Dipende molto dalla modalità di calcolo del reddito da tassare, che sia forfettario o analitico in base al regime applicato.

Nel forfettario si applica il coefficiente di redditività all’ammontare di ricavi o compensi, un coefficiente che varia in base ai codici Ateco. Non si tiene conto dei costi per l’esercizio dell’attività e non sono deducibili gli oneri per altre spese familiari, come quelle sanitarie.

Con l’Irpef, invece, il calcolo del regime si effettua sulla differenza tra ricavi e spese sostenute. A fare la differenza, in questo caso, sono le spese da detrarre, che con l’Irpef non si perderebbero. Di fatto questo vuol dire che quando si hanno molte spese da portare in detrazione, il calcolo è più complicato e non è detto che il regime ordinario non sia più conveniente della flat tax.

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