L’Europa nella trappola cinese delle materie prime

Violetta Silvestri

9 Marzo 2023 - 12:16

Come farà l’Europa a ottenere tutte le materie prime necessarie alla rivoluzione verde, ormai in corso? La dipendenza con la Cina su alcune commodities, come le terre rare, è un problema rilevante.

L’Europa nella trappola cinese delle materie prime

Il nodo materie prime si rafforza e diventa sempre più stretto soprattutto per l’Ue, in bilico tra slancio verso la transizione energetica irrinunciabile e legami pericolosi con la Cina per le commodities necessarie alla rivoluzione verde.

La questione dell’approvvigionamento di materie prime resta una delle più spinose per l’Europa, prima alle prese con la diversificazione di fornitori di gas e petrolio per affrancarsi dalla Russia di Putin e oggi incerta sul da farsi con la potenza asiatica.

Il dragone vanta il primato mondiale nella produzione di diverse materie prime attualmente cruciali per la trasformazione dell’industria in nome della battaglia ambientale. Lo stesso stop ai motori inquinanti per le auto dal 2035, caldeggiato proprio dall’Ue, invita ad accelerare verso nuove rotte per ottenere rame, litio, terre rare e altre materie prime essenziali. Senza, però, cadere intrappolati nella dipendenza cinese.

Non è solo una questione di convenienza economica quella di evitare un legame troppo stretto con un solo partner per le commodities. Il punto è anche politico, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo fatto di un riequilibrio di alleanze strategiche. Gli Usa, non a caso, stanno pressando proprio l’Europa affinché indebolisca sempre di più il legame commerciale con Pechino.

Bruxelles tentenna: cosa accadrà? L’Europa è destinata a restare imbrigliata nella ricchezza di materie prime della Cina? Alcune considerazioni.

Quante materie prime controlla la Cina e l’impatto sull’Europa

Che la Cina goda di una posizione di vantaggio su alcune materie prime oggi di grande rilevanza è un dato noto e oggettivo. Per esempio, il 95% delle terre rare che l’Ue utilizza vengono proprio dalla potenza asiatica.

Un grafico Ispi può chiarire il potere cinese legato alle commodities:

Materie prime prodotte in Cina Materie prime prodotte in Cina Quota cinese relativa al 2022

Non è un caso che Bruxelles stia lavorando anche per plasmare un nuovo modello di rifornimento di materie prime chiave per l’industria del prossimo futuro, ormai diventato “presente”, in realtà.

Il Critical Raw Materials Act sarà presentato a breve dalla Commissione, con lo scopo di rendere l’Unione Europa capace di produrre al 2030 almeno il 10% delle materie prime critiche, con la capacità di lavorazione che possa coprire il 40% di quanto occorre in Ue.

Per evitare rapporti di dipendenza pericolosi e non ripetere una situazione simile a quella del gas russo, probabilmente l’istituzione Ue proporrà che le importazioni da un singolo Paese non potranno essere superiori al 70% di ogni materia prima impiegata.

Farsi strada nel mercato delle commodities non è affatto semplice, né tanto meno immediato nei tempi Innanzitutto perché per ottenere l’autorizzazione di costruzione di nuovi impianti estrattivi e produttivi a impatto ambientale zero, o comunque sostenibili, richiede anni. E poi ci sono proprio le questioni ambientali, come le valutazioni dell’impatto su risorse idriche ed ecosistemi, da considerare. Già in Svezia si erano palesati tali ostacoli non appena era stata annunciata la scoperta delle preziose terre rare.

Vero è, comunque, che l’Unione europea si sta muovendo, anche se a passi calibrati, in questo campo delle materie prime e il motivo non è sbagliato: la rivoluzione industriale green è ormai iniziata e non farne parte sarebbe un boomerang per le economie Ue. Con l’osservazione, inoltre, che proprio la capacità europea di essere più sensibile alle normative ambientali rispetto alla Cina potrebbe giovare nel momento in cui si autorizzano nuovi impianti.

Cina, materie prime, Usa: il triangolo pericoloso per l’Ue

La trappola delle materie prime cinesi nella quale sembra caduta l’Europa è molto più insidiosa anche per motivi politici, oltre che di opportunità economica. E il motivo risiede nella pressione che gli Usa stanno esercitando su Bruxelles affinché isoli completamente Pechino.

Non è un caso che, in vista dell’incontro del presidente Joe Biden con il capo dell’Unione europea Ursula von der Leyen a Washington venerdì 10 marzo, i funzionari statunitensi abbiano lanciato all’Europa sia avvertimenti urgenti su Pechino sia impegni ad appianare le controversie commerciali.

La persuasione statunitense sulla Cina effettuata su Bruxells sta diventando preoccupante per alcuni osservatori e ci sono segnali che la campagna americana potrebbe dare i suoi frutti. La Germania ha affermato che sta valutando se continuare a utilizzare apparecchiature di Huawei e ZTE cinesi. I Paesi Bassi hanno dichiarato che bloccheranno la vendita di stampanti con chip avanzati alla Cina.

In questo clima di tensione e scontri commerciali, l’Ue potrebbe cercare un compromesso a suo favore, che coinvolga anche il tema chiave delle materie prime.

I funzionari europei sperano di compiere progressi verso la garanzia di un accordo sull’accesso dell’Ue al programma di sussidi made in America creato dall’Inflation Reduction Act. Le due parti stanno ora elaborando un’esenzione speciale che darebbe alle aziende europee lo stesso accesso agli incentivi che gli Stati Uniti stanno offrendo a partner di libero scambio come Canada e Messico.

Tuttavia, questa settimana non è previsto un accordo definitivo, con eventuali modifiche che potrebbero richiedere un ordine esecutivo presidenziale, dato che Washington non ha voglia di riaprire l’IRA.

In cambio, l’Ue sta propagandando l’idea di un “club” di materie prime critiche, un gruppo di paesi che la pensano allo stesso modo che si unirebbero per combattere il dominio della Cina nel settore.

L’Europa in particolare ha una carenza di minerali grezzi come il litio e il cobalto, che servono per molte produzioni, dalle batterie per auto ai pannelli solari. Von der Leyen si è concentrata molto sull’idea durante una visita in Canada martedì 7 marzo, suggerendo che il Canada potrebbe offrire all’Europa le risorse di cui ha assolutamente bisogno.

La strada, quindi, è quella di rafforzare nuove alleanze per le materie prime necessarie, che mettano da parte la Cina, proprio come gli Usa desiderano. Le trappole, in realtà, sono molte. E l’Ue non sembra intenzionata a favorire quel disaccoppiamento (totale cancellazione di legami commerciali) con la Cina che Washington auspica.

Per esempio, la risposta dell’Europa è stata nel migliore dei casi ambivalente finora, con molti paesi che esitano a ritirarsi dal redditizio mercato cinese, non ultima la Germania, che ha forti legami commerciali.

“Gli europei hanno già sperimentato un profondo trauma economico a causa del taglio della Russia. Non possono immaginare di tagliare fuori la Cina”, ha detto Heather Conley, un ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa.

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