Bonus busta paga 2.000 euro, ecco perché molte aziende non lo pagano

Simone Micocci

15/04/2024

16/04/2024 - 07:18

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Fringe benefit pagati solo da una piccola parte di aziende (ma nel 2024 le cose potrebbero migliorare).

Bonus busta paga 2.000 euro, ecco perché molte aziende non lo pagano

Tra i bonus in busta paga che possono essere erogati dal datore di lavoro ci sono i cosiddetti fringe benefit, beni e servizi che rientrano nel welfare aziendale che si possono aggiungere allo stipendio riconoscendo così una sorta di aumento al dipendente.

Una possibilità che quest’anno è stata resa più conveniente dal fatto che i fringe benefit sono detassati entro 1.000 euro l’anno, 2.000 euro per chi ha almeno un figlio a carico, con l’aggiunta poi della possibilità di rimborsare le spese sostenute dal lavorare per bollette, affitto e mutuo (e non più benzina).

Tuttavia, i dati ci dicono che solo una piccola parte di datori di lavoro approfitta dei fringe benefit per premiare i dipendenti o comunque per arricchire la retribuzione percepita. La motivazione, almeno secondo quanto emerso dall’indagine condotta da The European House-Ambrosetti (pubblicata dal Corriere della Sera), starebbe nel fatto che le aziende vogliono evitare di riconoscere i fringe benefit solamente ad alcuni dipendenti.

Perché poche aziende approfittano dei fringe benefit

Va detto che l’indagine condotta da The European House-Ambrosetti, per la quale è stato analizzato un campione di 273 aziende, prende come esame il 2023, anno in cui la detassazione dei fringe benefit era differente rispetto a oggi.

Allora, infatti, il “bonus” era detassato fino a 3.000 euro l’anno, ma solo per i dipendenti con almeno un figlio a carico. Per i lavoratori senza figli, invece, il limite di esenzione era pari a 258,23 euro (come previsto dalla normativa originaria).

A queste condizioni, solo il 28% degli intervistati ha riconosciuto i fringe benefit ai propri dipendenti: gli altri (circa il 40%) si sono giustificati dicendo di non voler creare disparità tra i lavoratori - visto che non era possibile approfittarne in egual misura per i lavoratori senza figli - generando così malcontento in azienda.

Di fatto, questa ragione è stata parzialmente annullata dalla legge di Bilancio 2024 con la quale, come abbiamo avuto modo di anticipare, la misura massima per l’esenzione dei fringe benefit è passata a 1.000 euro per i lavoratori senza figli, 2.000 euro per quelli con almeno uno a carico.

Per quanto una differenza resti, anche a chi non ha figli potrà essere riconosciuto un bonus più sostanzioso, limitando così le disparità. Fermo restando che l’azienda potrebbe comunque prevedere un bonus uguale per tutti, pari a 1.000 euro ad esempio.

Bonus 2.000 o 1.000 euro in busta paga, cosa prevede quest’anno

Ricordiamo comunque che il lavoratore non può in alcun modo forzare il datore di lavoro a riconoscere i fringe benefit, in quanto resta una libera scelta dell’azienda.

È una possibilità, quindi, non un obbligo.

Così come è l’azienda a decidere sotto quale forma di beni e servizi riconoscerlo. Ad esempio, tradizionalmente nei cosiddetti fringe benefit possono rientrare l’auto aziendale, come pure altri strumenti tecnologici utili allo svolgimento della professione come telefono o computer. Gli stessi buoni pasto possono rientrare nei fringe benefit.

Ci sono poi aziende che preferiscono riconoscere servizi, come ad esempio delle borse di studio per i figli dei dipendenti oppure un contributo per le spese di assistenza di figli e persone non autosufficienti.

Da qualche anno poi figurano tra le spese rimborsabili come fringe benefit quelle sostenute dal dipendente (o da un suo familiare) per il pagamento delle utenze di luce, gas e acqua della casa di abitazione.

Inoltre, novità assoluta nel 2024 è quella per cui anche le spese sostenute per il canone di affitto possono essere rimborsate. Per chi invece abita in una casa acquistata - o comunque ristrutturata - tramite mutuo, vi è la possibilità di rimborsare quanto pagato di interessi.

Il tutto nel rispetto dei suddetti limiti: bisogna ricordare, infatti, che laddove venga superata la soglia massima prevista, sarà l’intero importo riconosciuto a essere tassato come reddito da lavoro e non solo la parte eccedente.

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