Assegno di mantenimento non pagato, quando è reato e cosa si rischia

Ilena D’Errico

20 Dicembre 2023 - 23:17

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Chi non paga l’assegno di mantenimento rischia di commettere un reato, a seconda del motivo e delle condizioni del beneficiario. Ecco quando e cosa si rischia.

Assegno di mantenimento non pagato, quando è reato e cosa si rischia

I genitori non collocatari sono tenuti a pagare un assegno di mantenimento determinato dal giudice per i figli e, in alcuni casi, anche per l’ex coniuge. Non pagare l’assegno di mantenimento è molto grave, perché priva il beneficiario – figlio o coniuge che sia – dei mezzi di sostentamento che gli spettano.

Per questo motivo, oltre alla violazione della sentenza, il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento può integrare un reato, con la conseguenza di una possibile condanna penale per il genitore/coniuge obbligato. Una recente sentenza della Cassazione, tuttavia, ha reso meno severa questa disciplina, riconoscendo che in determinati casi la violazione dell’obbligo di mantenimento non comporta una condanna penale.

Ecco quando non pagare l’assegno di mantenimento è un reato, cosa si rischia e quando, invece, la condotta non è penalmente rilevante.

Assegno di mantenimento non pagato, quando è reato

In caso di mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, si prospettano diverse prospettive penalmente rilevanti per il soggetto obbligato. Il primo possibile reato da tenere in considerazione è la violazione degli obblighi di assistenza familiare, definita dall’articolo 570 del Codice penale. Questo reato si configura quando ci si sottrare agli obblighi derivanti dai doveri genitoriali e coniugali, dunque compresa l’assistenza materiale.

L’articolo 570 bis del Codice penale prevede invece il medesimo reato, ma in riferimento agli obblighi sorti dopo la separazione, lo scioglimento o comunque la causa sull’affidamento. Ci sono, tuttavia, alcuni presupposti affinché il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento configuri il reato di violazione degli obblighi di assistenza.

Nel dettaglio, devono essere verificati tutti i seguenti elementi:

  • L’inadempimento della prestazione economica, tanto per le necessità primarie (vitto, alloggio e spese mediche) quanto per quelle complementari (abbigliamento, istruzione, comunicazione);
  • il comprovato stato di bisogno del beneficiario, cioè la sua documentata e incolpevole incapacità di provvedere autonomamente alle proprie esigenze primarie e complementari;
  • la capacità economica del soggetto obbligato e dunque la sua non volontà di pagare quanto dovuto.

Il reato si configura dunque soltanto quando il coniuge o genitore obbligato si sottrae volontariamente al pagamento, pur avendone i mezzi economici, privando l’ex coniuge o i figli beneficiari dei mezzi di sussistenza. È importante sottolineare che lo stato di bisogno del beneficiario si presume sempre per i figli minori, anche nel caso in cui altri soggetti provvedano alla loro sussistenza.

Ad esempio, se i nonni aiutano i nipoti economicamente per sopperire alla mancanza di contributo economico dal genitore (come peraltro accade molto di frequente), lo stato di bisogno di minore in relazione agli obblighi genitoriali rimane lo stesso e così l’ipotesi di reato.

Al di fuori dei figli minori, che non sono a priori idonei a produrre un reddito, lo stato di bisogno deve essere provato. Tanto il coniuge quanto i figli maggiorenni (senza handicap gravi, altrimenti vale lo stesso principio di presunzione applicato ai minori) devono quindi provare di non riuscire a provvedere al proprio mantenimento.

Questo non si traduce soltanto nell’effettiva impossibilità di lavorare, ma in una concreta mancanza economica per provvedere alle esigenze principali di vita senza il mantenimento. La Cassazione, ha recentemente ricordato questo principio, considerando perfino mancante lo stato di bisogno anche per i figli minori.

Nel caso specifico, si trattava di un inadempimento parziale dell’obbligo di assegno di mantenimento, in cui comunque rimaneva garantita la sussistenza dei figli. Allo stesso modo, il mancato pagamento dovuto all’impossibilità economica non può configurare reato.

Cosa si rischia

Nell’ipotesi in cui il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento è un reato si applica quanto stabilito dagli articoli 570 e 570 bis del Codice penale, ovvero la reclusione fino a 1 anno oppure la multa da 103 a 1.032 euro. C’è poi il reato di violazione della sentenza del giudice, se effettuata volontariamente, punito dall’articolo 388 del Codice penale con la reclusione fino a 3 anni o la multa da 103 a 1.032 euro.

A prescindere dalle fattispecie penali, il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento consente al beneficiario (o al suo tutore) di agire in sede civile per ottenere l’esecuzione forzata del provvedimento (con eventuale pignoramento, ad esempio dello stipendio o della pensione). Per qualsiasi modifica dell’assegno è necessario ottenere l’assenso del giudice, chiedendo eventualmente anche il rimborso degli assegni già pagati.

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