Allarme Pnrr: Italia in ritardo sugli obiettivi e bandi deserti, a rischio i miliardi dell’Europa?

Giacomo Andreoli

12/12/2022

L’Italia non sta seguendo esattamente la tabella di marcia del Pnrr: siamo in ritardo su alcuni obiettivi, mentre le Regioni lamentano procedure lente e costi alle stelle, con bandi che vanno deserti.

Allarme Pnrr: Italia in ritardo sugli obiettivi e bandi deserti, a rischio i miliardi dell’Europa?

La narrazione comune di un’Italia che sta seguendo alla lettera il Pnrr è una leggenda. Il nostro Paese ha difficoltà a raggiungere i target e spendere le risorse, mentre i prezzi alle stelle dovuti all’inflazione fanno andare alcuni bandi letteralmente deserti, con il grido di allarme che oramai si alza da tutte le Regioni.

Giorgia Meloni ne è consapevole e per questo sta preparando un decreto con un reset totale di quelle unità di missione create da Mario Draghi nei ministeri che finora hanno funzionato meno. Una prima mossa per cercare di accelerare i tempi e non rischiare di perdere i miliardi di euro dell’Unione europea in arrivo da qui ai prossimi anni in Italia.

Nel mezzo, però, c’è la questione della rinegoziazione chiesta a Bruxelles proprio dall’esecutivo di centrodestra per modificare il Pnrr e allinearlo all’attuale crisi energetica e inflazionistica. Il rischio di vedere qualche obiettivo saltare, insomma, è più concreto che mai.

Pnrr, su quali obiettivi siamo in ritardo

Sui 55 obiettivi del Pnrr previsti per fine anno ne mancano da raggiungere circa 25 e le criticità più allarmanti riguardano tre o quattro di questi. Ci sono da chiudere progetti su sanità, digitale, ambiente, concorrenza e istruzione. In ballo c’è una rata da 19 miliardi di euro, che si sommano ai 69 già ottenuti dal nostro Paese.

Il rallentamento di spesa nell’ultimo anno è evidente. All’inizio si pensava di utilizzare già 33 miliardi di euro, mentre si è fermi a 13-15, di cui una parte importante per interventi approvati prima del governo Draghi e spostati nel Pnrr.

Rispetto alle previsioni iniziali, poi, complice la crisi economica attuale, la crescita portata dal piano di investimenti europei sarà di gran lunga inferiore. Nel 2026 il Pil crescerà del 2,5% contro il 3,6% previsto nel 2021 e il 3,2% calcolato all’inizio del 2022. Quest’anno, poi, l’impatto del Pnrr sul prodotto interno lordo sarà appena dello 0,4%.

Pnrr, bandi di gara deserti per colpa dell’inflazione?

In particolare è l’inflazione ad avere un impatto negativo sugli scenari di crescita. Le Regioni stanno vedendo diversi bandi andare deserti e chiedono un aggiornamento sui prezzi dei progetti. Altrimenti denunciano: a nessuna azienda converrà presentarsi alle gare d’appalto.

I presidenti, sia di centrosinistra che di centrodestra, accusano questo governo, come il precedente, di non essere ascoltati, continuando a far arrivare al ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto le loro grida d’allarme.

L’esecutivo però, come detto lavora proprio per rinegoziare il Pnrr e renderlo più in linea alle condizioni attuali. Rispetto alla campagna elettorale Fratelli d’Italia, dopo che Meloni è arrivata al governo e ha toccato con mano i problemi di bilancio del Paese, si sta orientando su modifiche lievi.

Su questo ci sarebbe un’apertura da parte di Bruxelles, con il commissario Paolo Gentiloni che ha spiegato come si possono rivedere gli investimenti oggettivamente non più realizzabili. Non si potranno però toccare le riforme concordate.

Secondo il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, non serve cambiare il Pnrr per modificare i prezzari, impedendo il blocco dei cantieri. Secondo lui l’operazione può essere fatta subito assieme agli enti locali, per evitare il rischio che “le prossime gare per gli investimenti miliardari sul Pnrr non vengano nemmeno validate per mancanza di imprese che partecipano”.

Il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, aggiunge che è necessario fare altre assunzioni, stavolta tutte a tempo indeterminato, altrimenti “un ingegnere non viene a lavorare per un Comune”.

Come il governo Meloni vuole modificare il Pnrr

Meloni interverrà sulla governance del Pnrr con l’apposito decreto entro la metà di gennaio. Verranno rafforzati i poteri sostitutivi del governo nei confronti delle amministrazioni in ritardo. Quindi si darà ai ministri in carica e alla struttura centrale di Palazzo Chigi la possibilità di azzerare le varie unità di missione.

Non accadrà con tutte, onde rischiare di dover partire da zero, ma ne coinvolgerà sicuramente diverse. In ogni caso, poi, potrà servire da strumento di pressione per spingere tutti a fare il massimo nei tempi più brevi possibili. Potrebbe poi essere rivoluzionata anche la struttura di comando del Pnrr, fatta da tre organismi sotto Palazzo Chigi e uno sotto il ministero dell’Economia. La ridefinizione è in corso di valutazione.

Si vuole così ridurre i ping pong burocratici e rendere le strutture più operative. Insomma, accelerare sui milestone, quegli obiettivi concreti che il governo Draghi non era stato chiamato a raggiungere e che ora spetteranno in massa a Meloni. In questo modo si darebbe poi un messaggio chiaro a Bruxelles: le mancanze non dipendono dall’attuale governo, ma da chi ha impostato la macchina burocratica. I governi Conte e Draghi insomma.

Questo venerdì ci sarà una cabina di regia: se tutte le mancanze dovessero essere confermate il decreto potrebbe arrivare anche subito.

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