Huawei, la crescita rallenta con la pandemia e le sanzioni USA

Pierandrea Ferrari

31/03/2021

Le misure restrittive anti-Covid e le sanzioni imposte dall’amministrazione Trump pesano sui conti 2020 di Huawei, colosso tech cinese.

Huawei, la crescita rallenta con la pandemia e le sanzioni USA

Rallenta la crescita di Huawei nel 2020. Questo è quanto emerge dai risultati finanziari presentati oggi, nel corso della conferenza stampa in streaming, dal colosso tech del Dragone.

Forte, sui conti, l’impronta della pandemia e delle sanzioni implementate negli ultimi due anni dall’amministrazione Trump, che hanno fatto perdere diversi giri al motore del player cinese. A resistere, di fatto, è il solo mercato interno, dove la crescita dei ricavi ha continuano a rafforzarsi.

Huawei, nel 2020 la crescita rallenta

Nel dettaglio, tra i provvedimenti restrittivi anti-Covid e le blacklist USA i ricavi di Huawei hanno arrestato la loro corsa a quota 136,7 miliardi di dollari, per un rialzo anno su anno del 3,8% contro il +19% del 2019 sul 2018. Dati, questi, che vedono il contributo decisivo del mercato cinese, dove le vendite hanno raggiunto un volume di 89,7 miliardi con un +15,4% sull’anno precedente.

Deludono invece i numeri relativi all’attività in Europa, -12,2%, in Medio Oriente e in Africa, -8,7%, e in Asia, -24,5%, dove la frenata è da imputare in egual misura alla crisi sanitaria ed economica dell’ultimo anno e all’Entity List del Governo USA, che impedisce alle aziende statunitensi – come Google - di esportare tecnologie a Huawei.

Rallenta anche la crescita dell’utile netto, +3,2% contro il +5,6% del 2019 sul 2018, a quota 9,9 miliardi, mentre il flusso di cassa derivante dalle attività operative ha registrato un calo del 61,5%, ora a 5,3 miliardi.

Crolla il segmento smartphone

Dietro all’esercizio 2020 di Huawei c’è soprattutto la flessione delle vendite di smartphone, con il colosso tech cinese che è stato sbalzato fuori dalla top 5 dei produttori per quote di mercato. Un passo indietro, dopo essere arrivata a toccare il podio, che il rotating CEO Ken Hu ascrive esclusivamente “alle sanzioni ingiuste imposte dagli Stati Uniti”.

Misure che non sembrano avere un impatto rilevante in Cina, dove i servizi Google come il motore di ricerca o gmail sono di fatto bloccati, ma che condizionano i consumi in un mercato dipendente dalle app USA come quello europeo.

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