Investire nei mercati emergenti è davvero così redditizio?

Riccardo Sassola

14/10/2015

14/10/2015 - 17:48

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Analisi a 5 anni sui paesi emergenti che, se sul breve possono dare ottime occasioni di guadagno, sul medio periodo rischiano di diventare delle trappole.

Investire nei mercati emergenti è davvero così redditizio?

Negli ultimi anni, nel pieno della crisi europea, molti investitori hanno allargato, sempre più, i loro orizzonti verso paesi nuovi, aree nuove, in via di sviluppo - i mercati emergenti - che in breve tempo sono balzate agli onori della cronaca.

Questi paesi, definiti ancora emergenti, sono stati portati sotto le luci della ribalta, pompati per le loro virtù, per i loro ritmi di crescita elevata e per le loro ingenti disponibilità economiche derivate soprattutto dagli alti prezzi delle materie prime che esportavano.

Si è creata anche per alcuni la famosa etichetta BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), altri invece sono stati considerati in secondo piano, ma comunque tutti hanno subito per vicende diverse una vera e propria fuga di capitali.

Se per la Russia ha inciso il crollo del Rublo, per il Brasile il crollo dei prezzi delle materie prime mentre per la Cina ha inciso la forte decrescita economica e il passaggio da un’economia basata sull’export ad una di crescita dei consumi interni.

Insomma tutti, ultimamente, chi più chi meno, stanno avendo difficoltà dal punto di vista di crescita economica e di conseguenza finanziario.

Ma se noi prendiamo gli ultimi 5 anni davvero questi paesi si sono rivelati un investimento fruttuoso o no?

Mercati emergenti: investire è redditizio?

Prendiamo ad esempio il Messico, paese in crescita, considerato un emergente, non appartenente all’etichetta BRICS, partiamo dall’idea di aver fatto un investimento 5 anni fa ed averlo mantenuto sino ad oggi e senza effettuare operazioni di copertura sul cambio.

Se analizziamo l’indice messicano il MEXICO IPC notiamo come a partire dall’Ottobre 2011 ad oggi sia salito di circa 26 punti percentuali, registrando tra fine ottobre 2012 ed il 2013 la miglior perfermance con un +31%.

Di fatto poi tra il 2013 ed oggi l’indice si è mantenuto in un fascione laterale tra i 39.000 ed i 46.000 punti.

Nello stesso periodo però la valuta di riferimento ovvero il Pesos Messicano si è svalutata di circa il 10 % verso Euro e ciò significa che dal nostro guadagno del 26% dovremmo decurtare un 10% in meno dovuto alla svalutazione del cambio.

All’interno dei BRICS se prendiamo il caso della Russia possiamo notare come l’indice in questi 5 anni, anche se con alterne vicende, ha un saldo positivo di circa il 15% ma il cambio se consideriamo poi il cambio notiamo come si sia svalutato di oltre il 63% facendoci registrare quindi nei 5 anni una perdita di oltre il 50%.

Se invece andiamo ad analizzare gli indici dei paesi sviluppati come Dow Jones e Eurostox 50 nello stesso periodo possiamo notare come il Dow Jones ha avuto nello stesso periodo un rialzo del 55% al quale dobbiamo poi aggiungere un guadagno sul cambio del 18% mentre l’Eurostox 50 si è trovato con guadagno del 33%.

Analizzando questi dati possiamo quindi concludere che i paesi emergenti ancora non sono pronti a fare il grande salto di qualità per restare in pianta stabile nei portafogli anche dei gestori o investitori più piccoli.

E’ vero che possono essere ottime occasioni d’investimento sul breve periodo, buone da cavalcare, ma ancora nel lungo lasciano molte perplessità.

Questo articolo è pubblicato a titolo puramente informativo e non intende fornire nessun consiglio d’investimento. Leggi il disclaimer completo.

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