Coronavirus, perché le donne sono meno colpite? Le spiegazioni della scienza

Chiara Ridolfi - Marta Tedesco

29/12/2020

Le donne rispetto agli uomini risultano essere meno colpite dal Covid-19, ma per quale ragione ciò avviene? Ecco le spiegazioni di studiosi e scienziati al fenomeno.

Coronavirus, perché le donne sono meno colpite? Le spiegazioni della scienza

Il coronavirus sembra colpire di più gli uomini rispetto alle donne, un’incidenza che ovviamente non è una coincidenza e a cui la scienza cerca di dare una spiegazione. Sin dall’inizio dell’epidemia questa distinzione è risultata ben chiara, soprattutto andando a vedere i dati della mortalità.

Per capire meglio la situazione è bene dare uno sguardo non solo alle spiegazioni scientifiche e mediche che sono state date di questo fenomeno, ma anche vedere i dati della mortalità in Italia dividendo i decessi per genere. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (16 dicembre 2020) le donne decedute per Covid-19 da inizio epidemia sono 27.132 e risultano avere un’età media di 85 anni. Gli uomini che sono deceduti per Covid-19 sono invece 36.430 da inizio pandemia e hanno un’età media inferiore rispetto alle donne, che ci attesta sugli 80 anni. Dati che mettono in evidenza come il sesso maschile tenda a sviluppare complicanze.

Ma per quale motivo gli uomini sono più colpiti dal Covid-19? Scopriamo cosa dice la scienza e quali sono le spiegazioni avanzate ad oggi.

Covid, perché gli uomini si ammalano più delle donne?

Una spiegazione del fenomeno è stata data da uno studio pubblicato dall’European Heart Journal in cui i ricercatori mettono in luce come la spiegazione potrebbe essere la maggiore quantità nel sangue degli uomini di un enzima che favorisce il processo di infezione. L’enzima ACE 2 è maggiormente presente nel sangue degli uomini, un dato che, secondo gli esperti potrebbe derivare dalla concentrazione di questo enzima nei testicoli degli uomini.

Gli autori del lavoro stavano svolgendo l’analisi di gruppi differenti di soggetti, affetti da problemi vascolari, prima dello scoppio della pandemia globale. L’arrivo del virus e i dati che mostravano una maggiore aggressività del virus sulla popolazione maschile hanno spinto gli studiosi ad approfondire la questione, mettendo in luce che proprio questa proteina potrebbe essere il fattore che porta ad avere maggiori complicazioni negli uomini.

Coronavirus: perché le donne sono meno a rischio degli uomini

A fare chiarezza sull’argomento è arrivata anche un’inchiesta pubblicata dal New York Times che ha raccolto i dati di diversi studi scientifici sull’argomento. Dalle ricerche emerge che il tasso di mortalità femminile risulta considerevolmente più basso rispetto a quello maschile. La ragione che si cela dietro questo dato è legata probabilmente a una migliore risposta del sistema immunitario femminile ai virus in generale e al Covid-19 in particolare.

Ma qual è il fattore che incide prevalentemente? Il punto di forza delle donne sarebbe la produzione degli ormoni estrogeni. La ricerca cita infatti alcuni studi sperimentali nei quali emergeva che quando alle donne veniva bloccata la produzione di estrogeni, con la rimozione delle ovaie, le pazienti subivano un calo delle difese immunitarie.

Il sistema immunitario femminile sembra quindi essere maggiormente in grado di far fronte al pericolo Covid-19, così come è emerso con altri virus che si sono scatenati in passato. Questo spiega i dati raccolti fino a ora e la minore tendenza ad ammalarsi delle donne, così come il più basso tasso di mortalità dei soggetti femminili rispetto agli uomini.
L’inchiesta del New York Times infatti ha evidenziato anche un altro aspetto cruciale: il sistema immunitario degli uomini tende ad essere più debole e vulnerabile se si è fumatori o in presenza di un medio tasso di diabete.

Ad una risposta simile è giunto anche lo studio del team di ricercatori dell’università di Yale, guidato da Akiko Iwasaki, che è stato pubblicato ad agosto sulla prestigiosa rivista Nature. In questo caso gli studiosi hanno analizzato un gruppo di pazienti ricoverati Yale New Haven Hospital con sintomi lievi e moderati per il Covid-19.
Nei pazienti osservati si è visto che le donne sviluppavano un sistema immunitario più forte grazie alla cellula T che offriva una maggiore risposta immunitaria contro il virus.

Coronavirus: perché muoiono più uomini che donne?

Dai dati raccolti fino a oggi emerge che i soggetti maggiormente colpiti da coronavirus sono gli uomini rispetto alle donne. Inoltre tra gli uomini che contraggono il coronavirus si registra un più alto tasso di mortalità rispetto alle femmine. I soggetti di sesso maschile infatti hanno il 65% in più di probabilità di morire di infezione rispetto alle donne.

Oltre ai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità che abbiamo menzionato prima è stato redatto anche un report dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dagli studi di alcuni ricercatori cinesi. Lo studio stato svolto in un momento iniziale della pandemia, ma mostra sin da subito una maggiore incidenza del virus sul sesso maschile. Secondo questo report statisticamente, tra tutti i casi sospetti, muore “solo” l’1,7% delle donne colpite dal virus rispetto al 2,8% degli uomini.
Tra i casi confermati infatti, pare che l’infezione sia stata fatale per il 4,7% degli uomini e solo per il 2,8% delle donne, per via del loro sistema immunitario più forte.

Secondo gli esperti, pare sia tutto legato allo squilibrio sessuale legato a una maggiore prevalenza di consumo di fumo o di alcolici tra gli uomini. Altri invece sostengono che il punto debole degli uomini sia la loro maggiore probabilità di presentare condizioni di salute di base come malattie cardiache e diabete, che li rendono più vulnerabili a un’infezione.

La ricerca scientifica dell’OMS, Report of the Who-China Joint Mission on Coronavirus Disease 2019 (Covid-19), è stata pubblicata a fine febbraio e ha raccolto i dati di 55.924 casi confermati in laboratorio di soggetti contagiati dal coronavirus. Lo studio però invita alla cautela, giacché i dati analizzati sono stati raccolti in una fase ancora iniziale del contagio.

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