Brexit: boom turismo non basta. La situazione a due mesi dal referendum

Antonio Atte

27 Agosto 2016 - 09:00

Ma la Brexit ha fatto bene o male all’economia del Regno Unito? Il punto della situazione, tra turismo in crescita e stime sul Pil tagliate.

Brexit: boom turismo non basta. La situazione a due mesi dal referendum

Ma alla fine questa Brexit ha arrecato più danni o vantaggi all’economia del Regno Unito? A più di due mesi dal referendum che ha sancito il divorzio tra i sudditi di Sua Maestà la Regina e l’Unione Europea arrivano i primi bilanci sugli effetti del voto.

I dati, come spesso accade, si prestano a facili strumentalizzazioni sia da parte degli euroscettici - che vedono nella Gran Bretagna post-Brexit una sorta di Bengodi o quantomeno un modello da applicare anche al proprio Paese - sia da parte degli europeisti più convinti, i quali, invece, tendono a tracciare uno scenario a tinte fosche per UK. Cerchiamo di andare con ordine e di mettere in fila i fatti.

La propaganda anti-Ue negli ultimi giorni sta insistendo sui dati che arrivano dal fronte turismo. Il netto calo della sterlina dopo il voto di giugno ha determinato un aumento del turismo verso il Regno Unito, invogliando i turisti a spendere di più (in modo particolare a Londra).

Brexit: con calo sterlina cresce il turismo

I dati diffusi dalla società di ricerche specializzata Global Blue mostrano un aumento del 18% degli arrivi dall’estero nel mese di luglio, in modo particolare dagli Stati Uniti (+20%), dall’Italia (+23%) e da Hong Kong (+18%). Raddoppiato il flusso di turisti provenienti dall’Arabia Saudita. Gordon Clark, managing director di Global Blue, ha spiegato che

“La performance della Gran Bretagna sta superando il resto dell’Europa. Anche se il Giappone e l’Indonesia rappresentano solo l’1% e il 2% rispettivamente dello shopping duty free in Gran Bretagna è positivo vedere un aumento nei loro acquisti, accanto all’incremento da parte di Paesi come l’India e la Thailandia”.

Brexit: aleggia spettro recessione

Ma non è tutto oro quel che luccica. Sul futuro della Gran Bretagna aleggia infatti lo spettro della recessione, stando agli ultimi dati economici sulla fiducia degli operatori del mondo produttivo.

A luglio l’indice PMI manifatturiero è sceso a 49,1 rispetto al 52,01 del mese precedente. Anche l’indice PMI dei servizi è stato protagonista di una forte flessione: dal 52,3 di giugno, infatti, è passato a 47,4. Numeri che hanno trascinato l’indice composito (manifattura più terziario) a un livello di 47,3: quanto basta per far suonare il campanello d’allarme della recessione.

Brexit: lo storico taglio dei tassi della BoE

L’incertezza del quadro economico ha spinto la Banca d’Inghilterra - per la prima volta dalla grande recessione del 2009 - a optare per uno storico taglio dei tassi dello 0,25% e per un aumento dell’acquisto dei titoli di Stato di ulteriori 60 miliardi di sterline. La BoE ha inoltre rivisto al ribasso le stime sul Pil per il 2017 (ridotte drasticamente da 2,3% a 0,8%) e per il 2018 (da 2,3% a 1,8%).

Insomma: gli ipotetici effetti benefici della Brexit sono tutti da verificare, soprattutto alla luce della lentezza con cui il governo britannico sta procedendo all’uscita dalla Ue. La clausola per rendere ufficialmente operativo il divorzio dal Vecchio Continente potrebbe infatti essere invocata dopo le elezioni in Francia e Germania, ovvero non prima del 2017.

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