Truffa militare: il doppio lavoro è sempre incompatibile?

Vittorio Proietti

02/05/2017

03/05/2017 - 09:50

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Il doppio lavoro è proibito per i dipendenti delle Forze Armate, poiché si configura come reato di truffa allo stato. Ecco un caso esemplare.

Truffa militare: il doppio lavoro è sempre incompatibile?

Per un militare delle Forze Armate il doppio lavoro si configura come truffa allo Stato, a meno che il secondo lavoro non sia compatibile con l’impegno nel proprio corpo. Il Testo Unico sull’Impiego Militare lo vieta, anche perché i pubblici dipendenti sono al servizio della nazione.

Il caso di un dipendente della Guardia di Finanza impegnato nel controllo tributario e assunto da uno studio privato di consulenza tributaria è esemplare di come le competenze della polizia giudiziaria siano tanto appetibili per studi tecnici e commerciali, quanto assolutamente incompatibili.

Il conflitto di interessi è sempre possibile per un lavoratore dello Stato, per questo motivo la PA prevede che un secondo impiego sia permesso solo previa autorizzazione dell’Amministrazione competente e solo se non ne risente la qualità del servizio erogato.

Vediamo cosa è previsto nei casi di doppio lavoro nelle Forze Armate e quali sono le pene per i militari autori di truffa.

Il doppio lavoro come truffa allo stato: cause di incompatibilità

Nelle Forze Armate come nella PA non è ammesso il doppio lavoro, in quanto esso si configura come reato di truffa allo Stato, dato che il militare percepisce uno stipendio in modo continuativo aggiunto alla retribuzione ricevuta dal corpo di appartenenza.

Il dipendente della PA è al servizio esclusivo della nazione, poiché dal suo lavoro dipende il buon andamento e l’imparzialità della macchina amministrativa. Questo è quanto sancito dalla Costituzione all’Art. 97, oltre che da una Sentenza della Cassazione citata anche in un caso simile.

Il doppio lavoro è ammesso solo previa autorizzazione, con deroga nella retribuzione, purché venga attestata l’assoluta assenza di conflitto di interessi. Il caso che citiamo è esattamente l’opposto e riguarda un agente della Guardia di Finanza assunto con regolare contratto da uno studio tecnico tributario.

Il caso del consulente tributario: la truffa dell’Agente della Guardia di Finanza

La truffa militare perpetrata dall’agente della Guardia di Finanza citato non rispetta le deroghe esposte precedentemente al divieto di doppio lavoro, in quanto grazie alla laurea conseguita durante il servizio, il militare ha ottenuto un posto di consulente in uno studio tributario.

La mancata comunicazione del nuovo lavoro all’Amministrazione è un primo errore e l’ovvio conflitto di interessi non lascia spazio a dubbi: la sua funzione di pubblico ufficiale di polizia tributaria potrebbe permettere facilitazioni nel lavoro di consulente e questo non può essere permesso.

Il doppio lavoro dà diritto anche ad un doppio stipendio ed anche questo è del tutto incompatibile. La Legge impone al dipendente delle Forze Armate la restituzione di quanto percepito durante il secondo lavoro, secondo quanto previsto dalla già emessa Sentenza 216/2014 della Corte dei Conti.

Inoltre, nel caso specifico del militare della Guardia di Finanza, è previsto che egli abbandoni uno dei due lavori e che subisca la rimozione di grado come pena accessoria, nonché come conseguenza del giudizio disciplinare per questi casi.

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