Studi di settore: cosa sono e come funzionano? Ecco la guida completa

Francesco Oliva - Nadia Pascale

31/05/2022

31/05/2022 - 17:17

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Gli studi di settore hanno rappresentato uno strumento di accertamento fiscale che consente all’Agenzia delle Entrate di «presumere» il reddito. Sono però superati dagli Isa.

Studi di settore: cosa sono e come funzionano? Ecco la guida completa

Gli studi di settore erano uno strumento di accertamento fiscale che veniva utilizzato dall’ Agenzia delle Entrate per ricostruire, attraverso un insieme di dati, il reddito prodotto dal contribuente.

Gli studi di settore rappresentano quindi uno strumento di accertamento fiscale che il Fisco utilizzava per rilevare i parametri fondamentali al fine di ricostruire il reddito di professionisti e imprese.

Con questo strumento, si provvedeva a raccogliere un’ampia base di dati economico-contabili con l’obiettivo di verificare le capacità reddituali dell’azienda e/o del professionista. Per gli studi di settore è essenziale parlare al passato, infatti stati sostituiti dal 2019 dagli Isa, Indici Sintetici di Affidabilità, che a partire dalle dichiarazioni dei redditi del 2018 sono il nuovo punto di riferimento per valutare se i contribuenti effettuano dichiarazioni veritiere.

Gli Isa funzionano su una scala di affidabilità del contribuente da 1 a 10 e sono aggiornati di anno in anno. Vedremo adesso le principali differenze e i punti di incontro tra questi due metodi di “accertamento”.

Studi di settore: riferimenti normativi, aree e cluster

Gli studi di settore sono stati introdotti nell’ordinamento giuridico italiano attraverso il decreto legge 331/1993 convertito nella legge 427/1993.

Erano suddivisi in quattro aree cui corrispondevano i settori principali del sistema economico italiano (tra parentesi i primi due caratteri della serie che consentivano di raccordare ciascun codice delle attività economiche allo studio di settore relativo):

  • servizi (TG, UG, VG);
  • commercio (TM, UM, VM);
  • manifatture (UD, VD);
  • professionisti (TK, UK, VK).

Dal punto di vista procedimentale, gli studi di settore dividevano le imprese in gruppi omogenei, i cosiddetti «cluster», in base a una pluralità di fattori quali: l’organizzazione, l’area di mercato, il tipo di clientela, ecc.

Sulla base dei dati derivanti da tale elaborazione, gli studi di settore consentivano l’individuazione di una relazione matematica tra le caratteristiche dell’attività e il livello presunto di ricavi o compensi.

Studi di settore: soggetti obbligati

Gli studi di settore si applicavano ai soggetti che svolgevano attività imprenditoriali, artistiche e professionali ovvero imprenditori e lavoratori autonomi.

L’Agenzia delle Entrate precisa in modo meno meticoloso che gli Isa si applicano invece a «esercenti attività di impresa o lavoro autonomo». Gli Isa non si applicano a soggetti che si trovano in particolari condizioni, ad esempio i contribuenti che hanno iniziato l’attività nell’anno di imposta, coloro che non si trovano in condizioni normali di attività. Non si applicano inoltre a coloro che hanno optato per il regime forfettario, agli enti del terzo settore (tra cui associazioni di volontariato) non commerciali che esercitano attività commerciale in forma non prevalente e applicano il regime forfettario, imprese sociali, società cooperative, consorzi e società consortili che svolgono attività prevalente in favore di soci e associati.

I questionari sugli studi di settore dovevano essere compilati contestualmente alla dichiarazione dei redditi, lo stesso principio vale per gli Indici Sintetici di Affidabilità.
In entrambi i casi la compilazione e trasmissione avviene attraverso un software. Per l’anno 2022 è disponibile il software dell’Agenzia delle Entrate “Il tuo Isa 2022” la cui ultima versione è stata rilasciata il 3 maggio 2022.
Gli studi di settore permettevano di indicare:

  • cluster di appartenenza;
  • congruità e coerenza;
  • ricavi o compensi presunti previsti dagli studi di settore.

Studi di settore: gli adempimenti principali per imprese e professionisti

Ecco i tre adempimenti principali che imprese e lavoratori autonomi dovevano effettuare in materia di studi di settore:

  • individuare il proprio cluster di appartenenza;
  • indicare se i ricavi o compensi dichiarati erano «congrui», ovvero rientravano nel cosiddetto «intervallo di confidenza parametrale»;
  • individuare la «coerenza», ovvero l’appartenenza degli indicatori economici rilevanti il range di valori assunti come normali per il cluster cui l’impresa appartiene.

Con gli Isa il cluster di appartenenza viene determinato tramite il codice Ateco della propria attività. Una volta individuato, i contribuenti devono compilare i moduli. Gli Indici Sintetici di Affidabilità sono aggiornati di anno in anno.

Nell’ultima comunicazione dell’Agenzia delle Entrate relativa ai redditi maturati nel 2021 sono stati inseriti 88 nuovi Isa, per un totale di 175.
Con gli studi di settore, qualora l’Agenzia delle Entrate avesse riscontrato dei redditi dichiarati non corrispondenti alle risultanze degli studi di settore, si attivava il contraddittorio obbligatorio con il contribuente.

Da questo punto di vista, è importante sottolineare come il legislatore fiscale avesse esplicitamente escluso che l’Agenzia delle Entrate potesse procedere con accertamenti di tipo automatico, basati esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore.

Al contribuente veniva data la possibilità di «adeguarsi» agli studi di settore, ovvero indicare in dichiarazione i maggiori ricavi risultanti dagli studi (rispetto alla dichiarazione dei redditi) e pagare una maggiorazione del 3%.

Abolizione studi di settore e sostituzione con Isa

Gli studi di settore hanno generato numerose critiche da parte di professionisti e imprese. Il punto fondamentale è sempre stato la non aderenza dei criteri di calcolo adottati rispetto al sistema economico italiano.

L’effettiva abolizione degli stessi c’è stata nel 2019, con la sostituzione con gli Isa, Indici Sintetici di Affidabilità, disciplinati dal decreto legge 50 del 2017 così come convertito dalla legge 21 giugno 2017, a partire dall’anno di imposta 2018 e quindi dalle dichiarazioni rese nel 2019.

Anche in questo caso si rende necessaria la compilazione di un questionario. Lo stesso viene individuato in base alla tipologia di attività economica che viene svolta. Una volta compilato il questionario si ottiene un punteggio da 1 a 10, coloro che hanno un punteggio superiore a 8 sono ritenuti soggetti affidabili e di conseguenza ottengono una serie di benefici, tra cui l’esonero dall’obbligo di apporre il visto di conformità per i crediti di imposta maturati fino a importi di 50.000 €.

Coloro che, invece, dopo aver compilato i questionari Isa, ottengono un punteggio inferiore o pari a 6 sono con elevata probabilità sottoposti a controlli fiscali. Non partono quindi immediatamente le sanzioni, ma si procede a verifiche ulteriori.

Rispetto agli studi di settore, il meccanismo premiale cambia. Per gli studi di settore era previsto l’adeguamento, che consentiva ai contribuenti di alzare la propria soglia di ricavi o compensi risultante dalla contabilità ufficiale per renderla congrua e coerente rispetto a quanto risultante dal risultato degli studi di settore medesimi.

Per i contribuenti che adeguavano la propria dichiarazione dei redditi agli studi di settore, era prevista una maggiorazione dei versamenti pari al 3% della differenza tra i ricavi (o compensi) derivanti dall’applicazione degli studi di settore e quelli ufficiali risultanti dalla contabilità.

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