Referendum costituzionale: cosa cambia? I 6 punti chiave della riforma

Chiara Ridolfi

22/11/2016

22/11/2016 - 09:42

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Il referendum del 4 dicembre potrebbe cambiare il volto della Costituzione italiana. Vediamo insieme i punti importanti del progetto di riforma e le principali caratteristiche da non trascurare.

Referendum costituzionale: cosa cambia? I 6 punti chiave della riforma

La questione referendum costituzionale è piuttosto infuocata e a poche settimane dal voto schieramenti del Sì e del No continuano a darsi battaglia. In pochi però hanno realmente capito i punti fondamentali della riforma costituzionale.

In molti infatti si stanno chiedendo: cosa cambia con la vittoria del Sì? Per rispondere a questa domanda abbiamo deciso di spiegare i punti fondamentali della riforma costituzionale, in modo da capire bene cosa cambia con il voto del 4 dicembre.

Il referendum costituzione è un passaggio fondamentale per il Governo, che, con la vittoria del No, potrebbe portare non poche ripercussioni in ambito economico e politico.

Le discussioni ormai riguardano più gli schieramenti politici che il testo della riforma e i molti cittadini ancora indecisi non hanno chiarimenti da parte di chi ha proposto la riforma costituzionale. Per cosa si voterà il 4 dicembre? Quali sono i punti chiave della riforma costituzionale proposta dalla Boschi? Quali sono i punti fondamentali del referendum costituzionale?

Per rispondere alle molte domande degli elettori ancora indecisi vediamo i 6 punti chiave del referendum costituzionale e come potrebbe essere modificata la Costituzione italiana.

Vedi anche la nostra infografica che spiega il Referendum in 10 punti. Una proposta che ti farà capire in pochi minuti i cambiamenti che sono stati proposti.

Punti della riforma costituzionale: fine del bicameralismo perfetto

La riforma presentata da Elena Maria Boschi vuole ottenere, se accettata con il referendum di dicembre, di riformare la Costituzione e i punti che creano i maggiori rallentamenti all’approvazione delle leggi. Il primo punto chiave per cui si voterà con il referendum è infatti la fine del bicameralismo perfetto.

Il bicameralismo perfetto ha caratterizzato lo Stato italiano dalla nascita della sua Costituzione ed è stato il modo che i padri costituenti avevano ideato per evitare che qualcuno prendesse il controllo, come era successo con Mussolini nell’epoca fascista.

Il momento però, secondo il Governo, è cambiato e si devono apportare delle modifiche alla costituzione che sono necessarie per snellire i lavori.

Attualmente infatti tutte le leggi, sia costituzionali che ordinarie, devono essere approvate da entrambe le Camere e prevedono quindi un iter per l’approvazione della Legge piuttosto lungo prima di arrivare al traguardo finale.
Anche il voto di fiducia deve passare per la stessa trafila.

Il punto chiave del referendum costituzionale è proprio questo: l’abolizione del Senato. Si avrebbe, al posto del Senato come lo conosciamo ora, il Senato delle autonomie, che sarebbe composto dai membri delle province e delle amministrazioni regionali.

Se passasse il referendum costituzionale con il 2017 non si avrebbero quindi più Camera e Senato, ma si manterrebbe solo la prima, mentre la seconda verrebbe smantellata a favore di un organo rappresentativo delle regioni.

In questo modo le leggi verrebbero approvate solo dalla Camera, mentre il Senato diventerebbe un organo di rappresentanza delle autonomie regionali.

Farebbero parte di questo Senato delle Regioni: 100 senatori (non eletti dai cittadini), che resteranno in carica per tutto il mandato degli amministratori locali. Con l’approvazione della Riforma costituzionale 95 di questi senatori verranno scelti nel seguente modo:

  • 21 membri tra i sindaci (uno per regione, tranne il Trentino Alto Adige che ne potrà nominare 2);
  • 74 membri tra i consiglieri regionali (scelti in proporzione alla popolazione delle regione e ai voti ottenuti dai partiti in quella regione).

I restanti 5 membri del Senato delle Regioni saranno nominati dal Presidente della Repubblica e rimarranno in carica per 7 anni. Rimarranno anche in carica i senatori a vita che al momento siedono alla Camera, ma non verranno poi sostituiti.

In questo modo si riusciranno ad avere meno senatori, che passeranno dai 315 attuali a soli 100 membri, comportando anche dei costi inferiori per il mantenimento del Senato.

Il Senato non voterà più le leggi, ma potrà esprimere il proprio parere su progetti di legge già approvati e apporre delle modifiche entro 30 giorni dall’approvazione della Camera.

Le approvazioni potranno però essere respinte dalla Camera e il testo di legge non venire modificato. La funzione principale del Senato diventerà quella di connettere i vari organi dello Stato con le regioni e i comuni.

Già da questo punto iniziano le perplessità di chi vuole votare No, sembra infatti azzardato il riassetto che la Boschi ha proposto.

Leggi anche Referendum costituzionale 2016: votare Sì o No? I pro e contro della riforma

Punti riforma costituzionale: elezione del Presidente della Repubblica

L’elezione del Presidente della Repubblica verrà effettuata da Camera e Senato. A queste votazioni però non parteciperanno i delegati regionali, ma vi prenderà parte solo la Camera riunita in seduta comune.

Il nuovo Presidente della Repubblica sarà eletto solo quando i due terzi della Camera esprimeranno la loro preferenza per un candidato. Alla quarta votazione, se non sarà ancora stato preso un accordo, basteranno i tre quinti per stabilire il nome del nuovo presidente.

La differenza con la regolamentazione attuale è abissale in questo caso, dal momento che la legislazione prevede che il nuovo Presidente della Repubblica venga scelto con i due terzi dei votanti fino alla terza votazione e dalla terza in poi è sufficiente la maggioranza assoluta.

In questo caso quindi le pratiche per l’elezione del Presidente si complicano ed è più difficile che i deputati cerchino di ritardare le operazioni, per arrivare alla maggioranza assoluta (che avviene solo quando sono fallite le prime 7 votazioni).

Punti chiave riforma costituzionale: il Titolo V della Costituzione

Il Titolo V è la parte della Costituzione italiana in cui si delineano le autonomie locali di comuni, province e regioni. Il Titolo V ha subito una serie di variazioni negli anni, fino ad arrivare alla riforma del 2011, che prevedeva una fisionomia più “federalista”.

Con il referendum costituzionale si ritorna a parlare del Titolo V, che subirebbe ulteriori cambiamenti. Infatti se passasse la riforma costituzionale alcuni (quasi 20) poteri tornerebbero un’esclusiva dello Stato, che li ricomincerebbe a gestire.

I seguenti poteri tornerebbero ad essere amministrati dallo Stato:

  • sicurezza sul lavoro;
  • ambiente;
  • gestione di porti e aeroporti;
  • l’energia (sia per il trasporto che per la distribuzione);
  • politiche per l’occupazione;
  • ordinamenti professionali.

In questo caso quindi si potrebbero avere dei rallentamenti, dal momento che le province e le regioni non avrebbero più modo di intervenire autonomamente in caso fosse necessario.

Punti chiave riforma costituzionale: referendum e leggi d’iniziativa popolare

Le novità, se dovesse venire approvata la Riforma costituzionale, riguarderebbero anche il referendum stesso. Si avrebbe infatti un leggero cambiamento per il quorum, che rimarrebbe al 50% più uno degli aventi diritto al voto solo per determinate situazioni.

Se i cittadini che proporranno il referendum saranno 800 mila, invece dei 500 mila che servono perché la proposta venga presa in esame, il quorum verrà abbassato e basterà che si raggiunga il 50% più uno e non che si rechino alle urne il 50% più uno degli aventi diritto.

In questo modo si riusciranno a snellire le pratiche per l’approvazione o abrogazione della legge presa in esame.
Invece diventerà più difficile proporre una legge d’iniziativa popolare. In questo momento per proporre una legge d’iniziativa popolare sono sufficienti 50 mila firme, mentre con il passaggio del referendum saranno necessarie 150 mila firme, quindi il triplo di quelle previste al momento.

Verrà però introdotta una nuova tipologia di referendum: il referendum propositivo.

Referendum costituzionale 2016: abolizione del Cnel

La Riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi e dal suo staff, nel caso in cui passasse con il referendum, prevede l’abolizione del Consiglio Nazionale per l’economia e il lavoro.

Al momento quest’organo è composto da 65 consiglieri che si esprimono sulle leggi che riguardano economia e lavoro.

L’organo ha una funziona consultiva e la Costituzione gli conferisce l’iniziativa legislativa, ossia la possibilità di proporre alla Camera delle leggi sulle materie di sua competenza.

La Riforma costituzionale prevede invece l’abrogazione di questo organo, dal momento che verrà smantellato l’articolo 99, che ne regola le responsabilità e le prerogative.

Tutti i dipendenti del Cnel, dopo 30 giorni dall’approvazione del referendum verranno ricollocati presso la Corte dei Conti. Verrà infatti nominato un commissario straordinario che si occuperà della questione.

Questo è il punto che invece il Ministro Boschi cerca di spingere maggiormente, mettendo in luce i risparmi economici si riusciranno ad avere grazie al taglio di questi istituti.
Questo risulta anche uno dei motivi su cui cercano di far leva i sostenitori del Sì.

Referendum 2016: ricorso preventivo e equilibrio della rappresentanza

Nel momento in cui la maggior parte degli elettori dovesse decidere per il Sì entrerà in vigore nella Costituzione un nuovo comma nell’articolo 55 che prevede l’equilibrio di rappresentanza.
Ossia sarà necessario che alla Camera ci sia un equilibrio tra la componente femminile e quella maschile.

Il comma recita infatti:

Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza

Infine tutte le leggi che disciplinano l’elezione dei parlamentari potranno esser sottoposte al giudizio preventivo da parte della Corte. Il ricorso dovrà però essere proposto da un quarto dei deputati presenti alla Camera ed entro 30 giorni verrà espresso il verdetto.
Nel momento in cui il ricorso preventivo venga accettato dalla Consulta la legge non verrà promulgata.

Consigliamo di leggere anche Referendum costituzionale 2016: votare Sì o No? I pro e contro della riforma

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