Dal 2000 al 2012: il tonfo dell’economia italiana e gli effetti dell’euro

Roberto Nardella

13 Marzo 2015 - 08:30

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Il pesante calo dell’economia italiana negli ultimi 12 anni analizzato e spiegato sui dati del PIL, inflazione, cambio EUR/USD: la cronaca del tonfo dell’Italia.

Dal 2000 al 2012: il tonfo dell’economia italiana e gli effetti dell’euro

Negli ultimi anni, l’Italia ha vissuto un particolare parte della storia economico-sociale: l’arrivo dell’euro, gli effetti sull’economia, la gigantesca bolla immobiliare nell’eurozona alimentata da tassi di interesse bassissimi e ancora una volta l’inflazione italiana è ben superiore ai partner dell’EZ.

Dal 2004 in poi il saldo della bilancia commerciale in Italia sarà sempre negativo e la nuova politica dell’indebitamento offerto anche a chi non ha reddito avrà le sue conseguenze: nei PIIGS tutti i prezzi raddoppiano o quasi.

In quest’ultimo periodo preso in esame è evidentissimo il tonfo italiano: il PIL arretra pesantemente (-12,7%) e, contrariamente agli altri di UE presi in considerazione, continuerà a farlo sia nel 1013 (-1,9%) che nel 2014 (-0,5%).

Periodo G: dal 2000 al 2008

AnnoExportImportTotInflazPILEUR/USD*
1999 1,0046
2000 296 285 11 2,54% 1104 0,9305
2001 302 286 16 2,79% 1124 0,8813

(1/1/2002: l’euro sostituisce la lira)

AnnoExportImportTotInflazPILEUR/USD*
2002 312 301 11 2,46% 1225 1,0487
2003 370 362 8 2,67% 1514 1,2630
2004 437 425 12 2,21% 1736 1,3621
2005 462 463 -1 1,98% 1786 1,1797
2006 517 533 -16 2,09% 1873 1,3170
2007 614 619 -5 1,83% 2127 1,4721
2008 657 676 -19 3,35% 2307 1,3917

*le quotazioni si intendono riferite al 31/12 di ogni anno.

Il PIL italiano passa da 1104 a 2307 miliardi di dollari (+109%).
Questi 10 anni segnano una delle massime crescite del PIL in assoluto, ma, contrariamente agli altri periodi, la crescita è pesantemente drogata dal credito facile e dall’indebitamento perenne come nuovo stile di vita.

Centinaia di miliardi arrivano dalle zone Euro a bassa inflazione - con conseguenti tassi d’interesse notevolmente più bassi - e si riversano in quelle con più alta inflazione - e di conseguenza con tassi d’interesse più alti - garantiti dal cambio fisso: un euro di Berlino infatti è identico a quello di Madrid, di Roma, di Lisbona o di Atene).

Il settore preferito è quello immobiliare tanto caro ai PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna: tassi d’interesse di banche olandesi, tedesche ecc. sempre più bassi invogliano le famiglie ad acquistare immobili, agevolati da leggi che espandono la possibilità di contrarre mutuo con durata anche sino a 40 anni e ben oltre la soglia del 100% del valore dell’immobile stesso.

In 10 anni i prezzi medi per m2 triplicano in tutta la periferia dell’eurozona, andando a creare una gigantesca bolla immobiliare che ancora oggi è ben lungi dall’essere risolta.

La nuova politica dell’indebitamento offerto anche a chi non ha reddito dà i suoi frutti avvelenati. Il libero mercato gongola, mentre nei PIIGS tutti i prezzi raddoppiano o quasi. L’abbaglio dell’euro coinvolge tutti: sembra davvero che sia l’offerta a creare la domanda.

I saldi della bilancia commerciale restano positivi sino al 2004: da allora in poi saranno sempre con segno negativo. Il saldo dell’intero periodo risulterà comunque positivo di +17 miliardi di dollari ma la strada è tracciata: la Germania ha preso il sopravvento assoluto.
Sono così lontani i tempi in cui il manifatturiero italiano era sulla strada buona per arrivare al primo posto continentale.

La bolla dei “subprime”, causata proprio dalla facilità di assumere debito che ha creato negli USA una gigantesca bolla immobiliare, è esplosa dal 2007 e non tarderà a far sentire i suoi nefasti effetti sull’economia globale.

Nello stesso periodo gli altri Paesi del G6 crescono così:
- la Francia del 94,5%;
- la Germania del 70,1%;
- la Gran Bretagna del 77,1%
- il Giappone del 9,4%
- gli USA del 52,4%.

In tutto il periodo l’inflazione media italiana è pari al 21,92%, quella degli USA è del 26,08%, la francese del 17,21%, l’inglese del 16,30%, la deflazione giapponese del -3,58%, mentre quella tedesca è del 15,60%.

Ancora una volta l’inflazione italiana è ben superiore ai partner dell’EZ: del +4% rispetto alla Francia e del +6,3% rispetto alla Germania.

Il Giappone in questi anni ha 6 cadute in deflazione su 9 rilevazioni: questo è l’inizio del famoso “decennio perduto”, fatto di ben 5 cadute anche consistenti di PIL (2001, 2002, 2005, 2006 e 2007) dove sconta l’aggressività cinese che fa della svalutazione monetaria la sua principale arma vincente in un’area che vede il proliferare di Paesi emergenti che crescono vertiginosamente: essi pagheranno più di ogni altro la crisi delle “tigri asiatiche” cominciata nel 1997.

La classifica PIL top G6 nel 2008 è la seguente:
- USA 14720;
- Giappone 4849;
- Cina 4547;
- Germania 3624;
- Francia 2832;
- UK 2688;

L’Italia, sorpassata dalla Cina dal lontano 2001, chiude il 2008 a $2307 miliardi e per quest’anno rientra ancora nel nuovo G7.

Periodo I: dal 2009 al 2012

AnnoExportImportTotInflazPILEUR/USD*
2009 501 513 -12 0,78% 2111 1,4406
2010 546 586 -40 1,52% 2055 1,3362
2011 633 664 -31 2,78% 2197 1,2939
2012 608 586 22 3,04% 2013 1,3194

Il PIL italiano passa da a 2307 a 2013 miliardi di dollari (-12,7%)
I saldi della bilancia commerciale sono ampiamente negativi sino al governo Monti (novembre 2011) che, uccidendo la domanda interna, fa crollare le importazioni e la bilancia commerciale nel 2012 torna positiva.
Il saldo di periodo è pari a -61 mld di USD: il peggiore mai accumulato.

Nello stesso periodo gli altri del G6 crescono così:
- la Francia del -7,8%;
- la Germania del -5,46%;
- la Gran Bretagna del -8,05%;
- il Giappone del +22,9%;
- gli USA del +10,36%.

In tutto il periodo l’inflazione italiana è pari al +8,12%, quella degli USA è del +6,53%, la francese del +5,70%, l’inglese del +12,77%, il Giappone continua ad essere negativa del -2,37%, mentre quella tedesca è del 5,50%.

La classifica PIL top G7 nel 2012 ha un altro sconvolgimento: il Brasile sale al settimo posto, e lo fa ai danni dell’Italia.
- USA 14720;
- Cina 8365;
- Giappone 5960;
- Germania 3426;
- Francia 2611;
- UK 2472;
- Brasile 2254;
di seguito in 8° posizione sale la Russia con $2030, l’Italia 9° posto a $2013, l’India 10° con $1875, il Canada 11° a $1821 e l’Australia 12° con $1564 mld.

Tutti questi Paesi ci hanno superato nel corso dell’ultimo biennio appena finito.

In quest’ultimo periodo preso in esame è evidentissimo il tonfo italiano: il PIL arretra pesantemente (-12,7%) e, contrariamente agli altri di UE presi in considerazione, continuerà a farlo sia nel 1013 (-1,9%) che nel 2014 (-0,5%).

Forse il 2015 sarà archiviato con una modestissima crescita (tra +0,5/1%) ma è tutto da verificare: i segnali continuano ad essere ampiamente negativi e non mi meraviglierei assolutamente di altri inaspettati tonfi.

La Francia (e anche la Spagna) ha arrestato l’emorragia solo grazie ad un circa +6% di deficit nel biennio 2013-14, concesso con magnanimità ai transalpini (ma non a noi) dall’UE a guida tedesca per tener calmi gli animi e soprattutto per tener in vita l’euro e la Ue.

L’inflazione accumulata anche in questo periodo su Francia e Germania è pari rispettivamente del +2,42% e del +2,62%. Lascio fare i conti a voi di quanta ne abbiamo accumulata dal 1995 in poi che in nessun modo è stato possibile trasferire sul cambio e che si dovrà per forza di cose scaricare sul mercato del lavoro. E così sarà.

Chiaramente per trattare un argomento così vasto ci sarebbero state molte altre cose, troppe altre cose da aggiungere, ma poi sarebbe venuto fuori un libro.
Ma non è detto che non lo farò.

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