“Premierato una riforma sbagliata, alle europee poche vere sorprese”. Intervista al prof D’Alimonte

Alessandro Cipolla

17/05/2024

Dalla riforma del premierato alle europee, intervista a Roberto D’Alimonte: “Non ci sono le condizioni per una rivoluzione elettorale, non c’è una offerta politica nuova e attraente che possa innescarla”.

“Premierato una riforma sbagliata, alle europee poche vere sorprese”. Intervista al prof D’Alimonte

Mancano tre settimane alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, con il dibattito politico di questa scadente - nei contenuti - campagna elettorale che è tutto incentrato non tanto sulle questioni relative all’Unione europea, ma sul mancato confronto televisivo tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein e sulla riforma del premierato, contro la quale il Pd a breve scenderà in piazza.

Tra riforma del premierato ed elezioni europee, in questo scenario abbiamo voluto fare il punto della situazione con il professore Roberto D’Alimonte, politologo e docente universitario considerato come uno dei massimi esperti di sistemi elettorali.

Caro professore, nel 2019 la Lega alle elezioni europee è riuscita a prendere il 34% e ora è data dai sondaggi sotto la doppia cifra, il Movimento 5 Stelle alle ultime politiche ha dimezzato i voti rispetto al 2018 mentre Fratelli d’Italia li ha quintuplicati. L’elettorato italiano si è dimostrato molto volatile negli ultimi anni, dobbiamo aspettarci grandi sorprese alle europee di giugno?

Ai casi che ha fatto lei aggiungo quello di Renzi che alle Europee del 2014 portò il Pd al 40% e poi sappiamo come è andata s finire. Effettivamente la elevata volatilità elettorale è una delle caratteristiche più rilevanti dell’attuale fase della politica italiana. Detto questo non mi pare che le prossime elezioni europee possano produrre grandi sorprese. Questo quanto meno è quello che appare dai sondaggi. Non ci sono le condizioni per una rivoluzione elettorale. Soprattutto non c’è una offerta politica nuova e attraente che possa innescarla. E questa è una condizione essenziale. Ci saranno degli spostamenti. Vedremo se Fdi confermerà o meno il voto delle ultime politiche, se la Lega resterà il secondo partito del centrodestra, se il Pd della Schlein e il M5s di Conte faranno meglio o peggio rispetto al 2022. Ma tutto questo appartiene alla categoria delle piccole sorprese, non delle grandi.

Da Meloni a Schlein fino a Tajani, Calenda e Renzi, come giudica questa moda tutta nostrana delle candidature da parte di leader che poi non andranno a Bruxelles e Strasburgo?

La giudico malissimo. Ci squalifica di fronte all’Europa. Fa capire che queste elezioni per noi non hanno nulla di europeo e si giocano solo sul piano nazionale.

Emma Bonino ha definito Stati Uniti d’Europa una “lista di scopo”, con i sondaggi che non appaiono entusiasmanti. C’è il rischio di non superare la soglia di sbarramento del 4% oppure Matteo Renzi riuscirà a sfangarla anche questa volta?

E’ impossibile dirlo. Ci vorrebbe la sfera di cristallo. Sia Renzi che Calenda rischiano ma come andrà a finire lo sapremo solo a urne chiuse.

L’altro Matteo, Salvini, ha preferito non candidarsi in prima persona e puntare tutto su Roberto Vannacci. Quale potrebbe essere l’impatto elettorale del tanto chiacchierato generale? Il sentore è che il militare otterrà il seggio senza però portare grandi benefici numerici per la Lega.

Anche in questo caso ci vorrebbe la sfera di cristallo. Quella di Salvini è una scommessa. Invece di scommettere su se stesso ha deciso di scommettere sul generale che sembra più popolare di lui in questo momento. Lui rappresenta il nuovo rispetto al Salvini vecchio. Torniamo a quanto ho detto poco fa sui possibili effetti della novità dell’offerta.

Il premierato invece è stato definito da Giorgia Meloni come “la madre di tutte le riforme”. Qual è la sua opinione su questa riforma?

E’ una riforma sbagliata, non perché sia pericolosa come dicono molti, ma perché l’obiettivo della elezione diretta del premier per favorire una maggiore stabilità, cosa su cui sono assolutamente d’accordo, può essere raggiunto senza modificare la Costituzione e quindi restando all’interno della forma di governo parlamentare. Basta agire sulla legge elettorale. Con un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza e ballottaggio fissato al 50% il premier sarebbe eletto ‘direttamente’ dal popolo lasciando comunque al Parlamento la possibilità di sfiduciarlo a certe condizioni. In questo modo gli elettori deciderebbero chi governa ma sarebbe preservato un margine di flessibilità tipico del sistema parlamentare.

In un eventuale referendum c’è il rischio che Giorgia Meloni possa fare la fine di Matteo Renzi ottenendo una bocciatura da parte degli italiani?

È possibile anche se l’elezione diretta è cosa che a molti elettori piace. L’esito del referendum in ogni caso dipenderà dal contesto in cui si svolgerà. Se il contesto sarà ancora favorevole alla attuale maggioranza è probabile che la riforma verrà approvata. Ma quale sarà il contesto tra uno o due anni quando la riforma verrà sottoposta al giudizio degli elettori? Renzi ha perso il referendum non perché gli elettori fossero contrari alla sua riforma costituzionale, ma perché hanno colto l’occasione del referendum per dimostrare la loro insoddisfazione e la loro antipatia nei confronti del premier in carica.

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